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“Adista”-“Avvenire”: cronaca di un incontro non annunciato

“Adista”-“Avvenire”: cronaca di un incontro non annunciato

Tratto da: Adista Notizie n° 21 del 09/06/2018

39391 MILANO-ADISTA. Premetto subito, a scanso di possibili equivoci, che più che una cronaca il pezzo che segue è una analisi-valutazione di un incontro nel quale chi scrive è stato coinvolto direttamente. Si tratta quindi di un punto di vista assolutamente parziale.

L’idea di un incontro dibattito in cui siano contemporaneamente presenti Adista e Avvenire potrebbe di primo acchito apparire piuttosto strampalata, se non provocatoria. Meno male che non l’ha pensata allo stesso modo Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di Noi Siamo Chiesa. Bellavite voleva da tempo organizzare un incontro di riflessione sul significato dei 50 anni di informazione politico religiosa rappresentato da Adista. Alcune settimane fa gli era venuto in mente di invitare, tra gli altri, anche il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, memore di una esperienza positiva già fatta dai microfoni di Radio Popolare, dai quali Tarquinio aveva commentato e plaudito all’iniziativa della Manifestolibri di pubblicare i discorsi del papa ai movimenti popolari, approfonditi e commentati da diversi saggi. Contattato da Bellavite, Tarquinio aveva rilanciato l’idea di raccontare i 50 anni di entrambe le testate, poiché se Adista è nata nel 1967, l’anno dopo – nel dicembre del 1968 – anche Avvenire vedeva la luce, alla fine – in parte traumatica – dell’esperienza del quotidiano diretto da Raniero La Valle l’Avvenire d’Italia, che era stato per molti anni la “voce del Concilio”.

Così, la mattina del 26 maggio, organizzata dal Coordinamento 9 marzo (una sigla che comprende Comunità Ecclesiale di S. Angelo, Noi Siamo Chiesa, La Rosa Bianca, il Graal, Centro Hélder Câmara), nei locali del convento di Sant’Angelo dei frati minori, Adista ed Avvenire si sono incontrati, alla presenza di due autorevoli osservatori dei fatti della Chiesa e del fenomeno religioso: Giorgio Acquaviva, 40 anni al Giorno (di cui è stato a capo della redazione milanese), e Franco Monaco, una lunga esperienza nella Chiesa ambrosiana ed una intensa esperienza parlamentare nelle file del Pd. Mentre Acquaviva ha sottolineato il problema della presenza della religione (quasi sempre solo la cattolica, quasi sempre declinata solo nei suoi risvolti politici) nell’informazione, Monaco ha parlato della necessità e dell’urgenza di ricostruire una opinione pubblica cattolica, da anni quasi assente nel dibattito pubblico.

Se l’incontro possa essere foriero di una nuova stagione di rapporti tra le due testate è difficile dirlo. Nessun “compromesso storico” o “strategia dell’attenzione” sembra all’orizzonte. Rapporti di maggiore attenzione e cordialità questo senz’altro sì. Nel suo intervento, il direttore di Avvenire Tarquinio ha sottolineato il fatto che il cattolicesimo e più in generale il pensiero e la cultura cattolica sono oggi nella Chiesa minoranza; che non per questo si debba (tutt’altro) arrendersi alla cultura dominante o smettere di rivendicare i valori per cui si crede; che l’opportunità, anzi la necessità per un giornale di fare chiarezza sui propri riferimenti politici, religiosi o culturali non significa però “chiudersi” al dialogo ed al confronto con le posizioni diverse dalla propria; che sotto la sua direzione non ci sono mai stati episodi di conflitto o polemica con Adista; e che quest’ultima circostanza Tarquinio la considera un tratto significativo della sua direzione; che, infine, la sua idea del confine è quella di una soglia che si affaccia su un altro territorio, non un limite che lo chiude escludendo.

Da parte sua Adista, che era rappresentata da me, ha condiviso l’idea che oggi il cattolicesimo sia minoranza, sia nell’ottica dell’appartenenza religiosa sia delle culture politiche (basti pensare al cattolicesimo democratico, ma non solo) e che all’interno di questa minoranza la “sinistra cristiana” sia ancora più testimoniale. Non per questo però i valori di cui Adista è portatrice sono stati sconfitti, o relegati ad una nicchia di scarso significato. A partire dalle grandi battaglie civili (divorzio, aborto, fecondazione assistita, fine vita), passando per le grandi questioni ecclesiali (ecumenismo e dialogo interreligioso, morale sessuale, ruolo dei laici e delle donne nella Chiesa, collegialità) fino alla rottura, definitiva ed irreversibile, dell’unità dei cattolici in politica (e poi i temi della pace e della giustizia sociale, ecc.), Adista ha vinto, perché hanno vinto quelle idee che sono state particolarmente feconde nell’opinione pubblica, laica come cattolica, del nostro Paese. E, certo, Avvenire non ha polemizzato con Adista durante la direzione di Tarquinio come non lo aveva fatto nemmeno sotto quella (assai più controversa per il diverso contesto ecclesiale e politico) di Dino Boffo; ma questo significa soprattutto che Avvenire ha ignorato Adista: sia chiaro, non la testata, ovviamente, ma i temi di cui Adista era ed è ancora portatrice. Per cui se sul- le pagine della nostra agenzia Avvenire è stato ed è spesso presente è perché Adista ritiene la voce dei vescovi, o della presidenza dei vescovi, o comunque della Chiesa istituzionale, o di quei cattolici che si riconoscono pienamente nel magistero e nella visione dell’establishment ecclesiastico, una fonte autorevole con cui confrontarsi. Non è avvenuto in questi decenni il contrario, e Avvenire, così come L’Osservatore Romano, Radio Vaticana, il Sir e gli altri media ufficiali o ufficiosi del mondo cattolico, hanno preferito silenziare le istanze, le proposte, le critiche e le analisi che provenivamo da una parte stessa del proprio mondo.

E oggi? L’impressione è che sia difficile ignorare – specie sotto un pontificato che ha almeno aperto alla pluralità dei punti di vista ed al confronto – tutto ciò che anima il mondo cattolico, ormai sempre più difficilmente riconducibile ad una realtà monolitica, come in passato si è voluto rappresentarlo; ma anche che vi siano diverse ed al momento difficilmente superabili differenze che rendono poco probabile un avvicinamento delle linee, delle idee, del pubblico delle due testate. Ma rispetto, cordialità, considerazione reciproca non sono poco. Tutt’altro. 

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