
India, si dimette il vescovo accusato di avere moglie, figlio e tanto denaro
NEW DELHI-ADISTA. Il 10 dicembre scorso papa Francesco ha accettato le dimissioni del vescovo di Cuddapah (Andhra Pradesh, India meridionale), mons. Prasad Gallela, nominando come amministratore apostolico temporaneo della diocesi non più sua il vescovo emerito Gali Bali di Guntur. «Ringraziamo il vescovo Prasad Gallela per i suoi servizi dedicati alla Chiesa in Cuddapah e alla Chiesa in India, e lo affidiamo all'intercessione di nostra Signora, Regina degli Apostoli»: così mons. Theodore Mascarenhas, segretario generale della Conferenza episcopale indiana, ha salutato il vescovo in una dichiarazione comparsa sulle pagine di Matters India, periodico digitale del subcontinente.
Le dimissioni del vescovo Gallela arrivano dopo essere stato coinvolto in una serie di scandali, finiti in tribunale, che hanno posto in seria discussione la sua fedeltà ai voti, nonché alla comunità cristiana della sua diocesi.
Le accuse
Contro Gallela è stata presentata una denuncia penale che lo accusa di riciclaggio, appropriazione indebita di fondi diocesani e corruzione, ma pende anche il forte dubbio sulla violazione dell’obbligo del celibato ecclesiastico sancito dall’art. 5 del Diritto canonico.
I fondi diocesani, secondo l’accusa, sarebbero stati da lui utilizzati per condurre una vita lussuosa con la sua presunta famiglia, composta da moglie e figlio (ormai ventenne). Dopo diversi, vani, tentativi di segnalare la questione al Vaticano per ottenere la rimozione del vescovo operati tra l’autunno del 2016 ed il maggio 2018, i fedeli cattolici della diocesi di Cuppadah (attualmente col nuovo nome Kuppada), preoccupati dal sempre più alto tasso di diserzione delle funzioni, nel giugno scorso hanno esposto formale denuncia presso il Tribunale di Proddatur, nello Stato di Andhra Pradesh, affinché indagasse sulla condotta del prelato 56enne (che si è sempre pronunciato innocente) ed avere giustizia.
«Ci siamo rivolti alla Corte dopo che i nostri sforzi per risolvere la questione all'interno della Chiesa sono falliti», ha detto al Matters India il 3 agosto scorso Mesa Ravi Kumar, professore universitario di 40 anni, presidente distrettuale del Christian Dalit Forum di Kadapa, nonché primo depositario della denuncia penale contro Galella insieme a Byreddy Chinnappa Reddy, contadino di 65 anni.
Da quanto emerge dalle testimonianze di Kumar e Reddy, avvalorate da altri fedeli e sacerdoti, il vescovo soleva trattenersi nella diocesi solo una settimana al mese. «Si crede che il resto del tempo lo passi con la sua famiglia», ha affermato Kumar. Famiglia a cui il vescovo avrebbe intestato, precipuamente a quella che è stata indicata come sua moglie, proprietà in grandi città come Bangalore e Visakhapatnam per diversi milioni di rupie, derivanti da donazioni provenienti dall'estero e da altri fondi di assistenza sociale diocesana. Il presidente del Christian Dalit Forum ha inoltre assicurato di detenere «documenti governativi affidabili», depositati in tribunale, che identificherebbero il vescovo come marito della donna e padre del ragazzo.Secondo il Matters India, il 6 luglio 2018 mons. Gallela avrebbe scritto una lettera (firmata di suo pugno) indirizzata ai sacerdoti della sua diocesi, in cui avrebbe riconosciuto l'esistenza della famiglia.
La difesa
«È tutto falso. È un crimine informatico, la mia firma è stata contraffatta», ha scritto Gallela via mail al giornale il 28 luglio, dichiarando di aver presentato una denuncia alla polizia di Kadapa il cui contenuto, tuttavia, ha rifiutato di condividere con la stampa. La donna da molti ritenuta sua sposa, secondo Gallela, sarebbe la seconda moglie di suo fratello, morto nel 2001, ed il ragazzo suo nipote, rimasto orfano di padre quando aveva solo un anno. Il vescovo, in definitiva, avrebbe accettato di prendersi cura della famiglia del fratello, colpita da tale disgrazia, accogliendo cognata e nipote come familiari propri.
A sostegno del presule la posizione di alcuni gesuiti, tra cui p. AXJ Bosco, attivista per il sostegno dei soggetti più deboli in Andhra Pradesh: «Ci sono tanti documenti a sostegno della tesi accusatoria, ma tutto ha bisogno di verifica da parte delle autorità competenti», ha detto a Uca News, aggiungendo che queste stesse accuse sarebbero vecchie di alcuni anni e connesse a una lotta di caste in corso all'interno della Chiesa e della società.
Il sequestro lampo
Il vescovo Gallela è stato anche vittima di un “sequestro lampo” che gli inquirenti hanno qualificato «a scopo estorsivo». Il 25 aprile 2016, mentre era di ritorno da Kadapa, a circa 425 km a sud di Hyderabad (la capitale del Telangana), la macchina in cui viaggiava col suo autista è stata fermata da un commando che lo ha sequestrato, derubato, malmenato e poi abbandonato sull’autostrada di Tadipatri il giorno seguente, in cambio del pagamento di un riscatto di 5 milioni di rupie. Tra le 14 persone arrestate, solo pochi giorni dopo il sequestro, c’era anche un sacerdote cattolico, p. Raja Reddy, direttore della Scuola internazionale di Puja e fondatore della “Daddy Home”, appartenente alla stessa diocesi di Gallela.
«È tutto collegato, ma sfortunatamente non abbiamo prove per decidere qualcosa, al momento, tutto ciò che abbiamo sono accuse» verbali, ha detto ancora padre Bosco a Una News. Secondo Gallela «i Reddies», le persone che lo hanno rapito, sono «di alta casta e hanno potere, mezzi e denaro» e per via del loro dominio sociale, economico e politico «tutti hanno paura di parlare contro di loro».
La faccenda, dunque, va definendosi: sulle accuse di malversazione e corruzione si pronuncerà il Tribunale dell’Andhra Pradesh, ma per quanto attiene alla carriera ecclesiastica, si tratti o meno di giochi di potere, il dado è tratto.
*Foto di Vinayaraj tratta da Wikimedia Commons immagine originale e licenza
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