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Sessanta anni fa Giovanni XXIII annunciò il Concilio. Il ricordo di Noi Siamo Chiesa

Sessanta anni fa Giovanni XXIII annunciò il Concilio. Il ricordo di Noi Siamo Chiesa

ROMA-ADISTA. Sessanta anni fa il primo annuncio del Concilio, un grande evento nella storia della Chiesa e di tutti i credenti nell’Evangelo. Il movimento Noi Siamo Chiesa lo ricorda così:

«A sessanta anni di distanza ci accorgiamo pienamente di quanto quel 25 gennaio del 1959 abbia costituito un evento di straordinaria importanza nella storia della Chiesa. Giovanni XXIII decise in quel giorno “tremando un poco di commozione ma insieme con umile risolutezza di proposito” di indire quello che sarebbe stato il Concilio Ecumenico Vaticano II (per ben differenziarlo dal Vaticano I, il Concilio che sancì la chiusura della Chiesa su se stessa e il potere assoluto del papa). L’importanza dell’annuncio fu percepita solo in alcune aree del mondo cattolico, soprattutto all’estero, fu accolto con diffidenza dalla Curia romana ed anche platealmente ignorato in molti ambienti ecclesiastici. Si diceva che, dopo la definizione, nel 1870, del dogma dell’infallibilità pontificia, i Concili non fossero più necessari; si pensava che, nel migliore dei casi, si trattava di fare un incontro di ratifica di quanto già si diceva e si faceva a Roma.

Non fu così. Grazie a Dio il Concilio fu un grande evento perché mise in moto un movimento che contraddiceva le “sicurezze dell’arroccamento ed apriva al fascino della ricerca” (Alberigo). Le rigidità del pontificato di Pio XII, bloccato nel suo autoritario circuito europeo ed occidentale, non avevano potuto impedire che i teologi ricercassero e proponessero strade nuove e che movimenti importanti - quello biblico, quello ecumenico, quello liturgico - acquisissero consensi in modo diffuso, mentre le istanze del modernismo percorrevano in modo sotterraneo il grande corpo ecclesiale. Papa Giovanni seppe farsi portavoce, illuminato dallo Spirito, dell’urgenza del cambiamento andando controcorrente rispetto allo statu quo ecclesiastico per scrutare i segni dei tempi. Il cambiamento interessava anche il rapporto con il “mondo”. Questo percorso, solo intuito, ma già ben presente dall’inizio, si concretizzò poi con le Costituzioni conciliari Lumen Gentium e Gaudium et Spes e con le encicliche Pacem in Terris di papa Roncalli e Populorum Progressio di papa Montini.

Per perseguire questo suo proposito papa Giovanni  si affidò, con fiducia nella Provvidenza, al metodo dell’apertura alla discussione all’interno della Chiesa, non ignorando però che la strada sarebbe stata faticosa e difficile. In questo modo da una parte si crearono le condizioni per quella che sarebbe stata la vera e propria discontinuità del Vaticano II con la storia della Chiesa, dall’altra si riacquisì un metodo, quello sinodale e conciliare, che si era ormai perso dopo il Concilio di Trento.

L’altra grande novità fu costituita dall’apertura e dal coinvolgimento delle altre confessioni cristiane. La situazione, infatti, fino ad allora era del tutto bloccata. Si passò così dalla ostilità al dialogo e dalle scomuniche al riconoscimento che la fede di tutti i discepoli e di tutte le discepole di Gesù è unica nella sua radice evangelica anche se può essere diversa per certi aspetti.

Dopo troppi anni, con i successivi pontificati, di sostanziale dimenticanza del Concilio e dello “spirito” che esso proponeva per la riforma della Chiesa  (aldilà dei testi approvati pure fondamentali) ci siamo trovati di fronte alla necessità, con papa Francesco, di una ripartenza. Essa non è facile, è ostacolata tutti i giorni. Ma il nuovo corso non si fermerà, la dottrina non scavalcherà la pastorale, l’eurocentrismo non sarà più protagonista e si farà strada, anche se lentamente, la convinzione che la Chiesa deve essere di tutte e di tutti, ma particolarmente dei poveri, dei profughi, di tutti i sofferenti e dei milioni di samaritani sparsi nel mondo».

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