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Sacra impunità

Sacra impunità

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 6 del 16/02/2019

Il primo febbraio l'Ansa e tutte le più importanti testate giornalistiche italiane hanno dato la notizia della pubblicazione, da parte della Chiesa cattolica del Texas, di una lista di 286 nomi tra sacerdoti e altre persone legate alle diocesi locali, accusati di avere abusato sessualmente di bambini. Tutte e 15 le diocesi del Texas risultano coinvolte. Con questo nuovo scandalo di cui dover render conto, la Santa Sede si avvia verso il summit mondiale del 20-24 febbraio sulla pedofilia nel clero convocato da papa Francesco a Roma. Ovviamente, nell'ottica della prevenzione e della tutela dell'incolumità dei minori che frequentano chiese, parrocchie, confessionali, oratori ecc., è bene che se ne parli e che tutto avvenga nella massima trasparenza - non solo mediatica - possibile. A tal proposito ci si domanda però come mai fino a ora non una riga sia stata scritta dalla stampa italiana sull'interrogatorio cui è stato sottoposto il nostro governo il 22-23 gennaio scorso in merito al (mancato) rispetto della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza che l'Italia ha ratificato nel 1989. Un trattato e relativa legge che impongono di adottare tutte le misure necessarie per prevenire, tra gli altri, tutti i reati di natura “sessuale” nei confronti di minori. Compresi quelli compiuti dai sacerdoti. Materia tutt'altro che ostica per un esecutivo che ha fatto della sicurezza la propria bandiera, almeno sulla carta. Ma forse la sicurezza dei bambini non rientra negli interessi del trio di governo.

In particolare hanno destato l’interesse del Comitato Onu garante della Convenzione due passaggi chiave del Concordato tra Stato e Chiesa: «Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero”; e “La Repubblica italiana assicura che l’autorità giudiziaria darà comunicazione all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici”. Righe dietro le quali si cela, nel nostro Paese, l’orrendo mondo della pedofilia di matrice clericale di cui sono responsabili in solido Stato e Chiesa che poco o nulla fanno per prevenire questo fenomeno criminale. Ne sono convinte le associazioni non governative che tutelano i diritti delle vittime e che hanno segnalato il caso a Ginevra contestando da un lato una prassi consolidata di insabbiamenti delle denunce per abusi attuata dalla Santa Sede e dalla Conferenza episcopale italiana, e dall’altro accusando il governo italiano di omesso controllo nei confronti delle autorità ecclesiastiche, ed evidenziando una serie di vantaggi determinati dal Concordato per i sacerdoti presunti responsabili di violenze su minori, a danno delle loro vittime, e in caso di depistaggi, per coloro che li proteggono. Vantaggi che mal si combinano con la Convenzione di Lanzarote sulla protezione dei minori dagli abusi sessuali, ratificata dall’Italia il 1 ottobre 2012, e con la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, ratificata dalla Santa Sede nel 2013 e dall’Italia nel 1991.

Uno di questi vantaggi riguarda l’introduzione del cosiddetto Certificato anti pedofilia. Pochi sanno che in Italia non viene richiesto a quella che, da sempre, è la fascia di professioni più a rischio, ovvero quelle che rientrano nel volontariato: allenatori di calcio, istruttori di vario genere, scout, ecc. e ovviamente anche i sacerdoti. Ebbene, di fronte alle sollecitazioni degli investigatori di Ginevra il governo ha fatto praticamente scena muta. Tant'è che ai nostri “ambasciatori” è stata data la possibilità di raccogliere le idee e rispondere entro 48 ore. A chi scrive non risulta che sia stato fatto. Riteniamo che, per quanto detto fin qui, la stampa italiana avrebbe avuto materiale per imbastire diversi articoli, ma ha pensato bene di adottare lo stesso metodo delle nostre istituzioni: scena muta.  

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