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Ddl Pillon: per l'Avvocatura italiana un passo indietro nella tutela dei minori e delle donne

Ddl Pillon: per l'Avvocatura italiana un passo indietro nella tutela dei minori e delle donne

L'Organismo Congressuale Forense (OCF), organismo di vertice di rappresentanza politica dell’Avvocatura italiana, «esprime la propria netta contrarietà all’impianto normativo della riforma del diritto di famiglia elaborata dal governo in carica». Secondo l'OCF, il contestatissimo disegno di legge voluto dal senatore leghista Simone Pillon (qui il testo integrale depositato in Senato http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01071882.pdf), che mira a modificare la normativa su divorzio, separazione e affido condiviso dei figli e delle figlie minori, qualora venisse votato dal Parlamento «segnerebbe un passo indietro nel percorso di tutela dei minori e dei loro diritti, con gravi ripercussioni proprio nei confronti delle donne e della loro condizione economica e sociale».

Disparità di genere e «pregiudizi consolidati» sono problemi ancora oggi irrisolti nel nostro Paese e, Secondo l'organismo dell'Avvocatura, «all’interno dei nuclei familiari del nostro Paese, la donna è quasi sempre il soggetto più debole». Inoltre, come dimostrano i dati Inps, «la divisione dei ruoli fra madre e padre» «è ancora netta nella maggior parte delle famiglie».

In questo contesto, spiega l'OCF, il ddl Pillon «persegue ossessivamente una bigenitorialità, anche a scapito dell’interesse del minore, che esiste solo sulla carta. Il provvedimento non tiene conto del fatto che l’affidamento condiviso ad entrambi i genitori non comporta necessariamente una suddivisione paritaria dei tempi di permanenza di ogni bambino presso ciascuno dei genitori. Non tiene conto, soprattutto, delle peculiarità delle varie situazioni, delle diverse età dei bambini, della volontà dei minori e dei casi, purtroppo sempre più frequenti in Italia, di violenza domestica. La mediazione obbligatoria, inoltra, contrasta con la stessa natura di tale istituto, che dovrebbe rappresentare una scelta delle parti. Al contrario, costituendo un obbligo, la sua obbligatorietà delegittima la giustizia e mina la tutela dei soggetti più deboli, cioè molto spesso delle Donne: privando le parti del patrocinio a spese dello Stato, infatti, si crea un’evidente disparità di trattamento fra chi dispone di risorse economiche, e chi invece no».

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