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Don Franco Barbero:

Don Franco Barbero: "E se sul celibato dei preti si esprimessero le singole comunità?"


Pubblichiamo la lettera che don Franco Barbero, prete a Pinerolo (To), teologo e da decenni animatore del movimento delle Comunità di Base italiane, ha scritto al quindicinale Rocca, sulla questione del celibato obbligatorio per i presbiteri cattolici di rito latino.

La lettera è stata pubblicata sul n. 5 del periodico edito dalla Cittadella di Assisi. Si può leggere sul blog di don Franco a questo link. La riproduciamo qui di seguito.

 

Cara redazione, esprimo una mia opinione rispetto alla questione del celibato obbligatorio oppure opzionale dei presbiteri. Intanto sono sicuro che Papa Francesco è a conoscenza della situazione reale in cui i presbiteri vivono rispetto al celibato. Sondaggi, studi documentazioni, "narrate" parlano non solo di molte situazioni disagiate, che coinvolgono presbiteri e donne, ma di molte coppie che hanno scelto una relazione più o meno clandestina.

Alla mia bella età di ottant'anni, che compio proprio in questi giorni, conosco in Italia e all'estero molte donne e numerosi presbiteri che hanno scelto questa strada in disaccordo con la disciplina canonica. Hanno deciso, dopo un'attenta riflessione, di mettere al primo posto la coscienza e l'accoglienza dell'amore e etero o omo come dono di Dio. E' comprensibile che tale scelta comporti, in parecchi contesti, un disagio e spesso una sofferenza. 

Sono convinto che solo il celibato opzionale permette di valorizzare sia il dono del celibato stesso, sia il dono dell'amore, sia la  responsabilità e la felicità delle persone. 

Con un po' di fatica riesco a capire che il Papa, anche per il vespaio vaticano che lo stringe da ogni parte, non trovi il coraggio e la convinzione di promuovere il celibato opzionale. 

Però, in una comunità ecclesiale che valorizzi le singole chiese locali e le ritenga autentici laboratori di collegialità si potrebbe aprire un sentiero diverso. Siccome le chiese locali e i loro pastori esprimono da tempo sensibilità e opzioni diverse, perché non promuovere la loro libertà e la loro responsabilità affinché in appositi sinodi, discutano e decidano in loco le scelte da compiere o da non compiere? 

La valorizzazione delle differenze che le varie chiese locali potrebbero esprimere, metterebbero anche in atto una concezione ecclesiologica antropologicamente dinamica e promuoverebbe il volto e la struttura di una comunità che, nell'unità di fede, apprezza e promuove la pluralità dei linguaggi e delle possibilità ministeriali. 

E' mia opinione che nelle comunità locali lo Spirito ci aiuterebbe ad accogliere le divergenze e a far nascere delle gioiose sorprese. E' dal basso, dal territorio delle differenze che sono sempre spuntati i fiori più belli nella storia delle chiese cristiane. 

Prego Dio che mi aiuti e ci aiuti a  inoltrarci oltre le nostre paure, sperando che le chiese locali non si considerino soltanto esecutrici di ordini superiori, ma comunità creative, capaci di mettere in atto cammini nuovi. 

Buon lavoro a voi, cari amici e amiche della Redazione di Rocca e un saluto ai lettori e alle lettrici. 

Franco Barbero 

Pinerolo 

 

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