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100 giorni di Bolsonaro. Intervista a Leonardo Boff

100 giorni di Bolsonaro. Intervista a Leonardo Boff

Sulla sua pagina-blog http://confini.blog.rainews.it all'interno del sito di Rainews24, il vaticanista Pierluigi Mele - a 100 giorni dall'insediamento del presidente Bolsonaro in Brasile - ha fatto il punto della situazione con il teologo ed intellettuale brasiliano Leonardo Boff, considerato uno dei padri della Teologia della Liberazione in America Latina.

Di seguito l'intervista, che può essere letta in originale a questo link

 

Leonardo Boff, sono passati i primi 100 giorni del governo Bolsonaro. Il grande giornalista brasiliano Ricardo Kotscho si

domandava se il Brasile si muove verso una nuova dittatura. È d’accordo con Riccardo Kotscho?

Sono d’accordo con Kotscho, uno dei migliori osservatori della politica brasiliana. Viviamo in un tempo di post-democrazia e in uno

Stato senza legge. Lo Stato è militarizzato: ci sono 8 ministri militari e più di 100 funzionari provenienti dalle Forze Armate nelle seconde fila

del Governo. In tutte le scuole è stato collocato un militare in pensione come guardia. Il progetto d’imporre un ultra neo-liberismo fa

con che il Governo passi in cima della Costituzione e non rispetti alcuna legge. Esiste nelle scuole la censura e io stesso sono stato

censurato per una conferenza all’Istituto Tumori di Rio de Janeiro, per medici e infermieri sull’etica della cura e dell’importanza della

spiritualità nell’accompagnamento di malati terminali. Ma c’è stata pressione sociale e, di conseguenza, l’istanza superiore dell’Istituto a

Brasilia ha cancellato l’evento. Solo questo fatto dimostra il livello d’insicurezza che regna nella società e la presenza della censura in

tutti gli ambiti.

Quale direzione sta prendendo il Brasile?


La strategia del governo Bolsonaro, chiaramente di estrema-destra, è associarsi ai regimi autoritari già visitati, come USA, Cile e Israele. E’

esplicito l’allineamento del governo Bolsonaro alle politiche di Trump, facendogli molte concessioni senza aver ricevuto assolutamente

niente in cambio. La peggiore di queste è permettere che i capitali nord-americani sfruttino l’Amazzonia e le terre indigene dove ci sono

ricchezze strategiche per gli interessi degli Stati Uniti. In questo modo il Brasile entra come socio minore e aggregato al progetto di Trump

anti-globalista, nazionalista e bellicoso.

“Il mito”, così si fa chiamare Bolsonaro, ha vinto con un programma di estrema destra con l’obiettivo di distruggere le

conquiste di Lula. A che punto è questo folle programma?


Bolsonaro utilizza un linguaggio che fu usato anche da Hitler: distruggere tutto per costruire dopo qualcosa di nuovo. In effetti, sta

smontando tutti i progetti sociali dei governi Lula-Dilma che hanno tirato fuori dalla fame 36 milioni di persone e permesso di costruire

abitazioni dignitose con i progetti “Mia Casa- mia Vita” e “Luce per Tutti”. Oltre a ciò, la creazione di 17 nuove università federali e

decine di scuole tecniche con vari progetti che hanno permesso a poveri e neri di inserirsi in percorsi scolastici superiori. Specialmente

il riscatto della dignità dei poveri, intenzione primaria di Lula, sta essendo distrutto perché milioni dalla povertà sono ritornati alla

miseria. Il Brasile che era uscito dalla mappa della fame, è tornato nuovamente, secondo la FAO, alla mappa della fame.

Sul piano economico si è affidato all’ultra liberista Gaudes. Gaudes è un “Chicago Boy” (sono quelli che hanno sostenuto la

politica economica di Pinochet). Come si sta muovendo Gaudes?

Guedes è un portavoce, non del liberismo tradizionale e convenzionale. Lui, seguendo la scuola di Chicago, propone un ultra-

neo-liberismo, una specie di capitalismo selvaggio nello stile di quello di Manchester, criticato da Karl Marx. Il capitalismo brasiliano mai fu

civilizzato, sempre è stato altamente accumulatore di ricchezza, non ha permesso tantomeno la lotta delle classi, poiché subito la faceva a

pezzi. Guedes viene da settori che pensano cosi. Lui concentra tutte le sue politiche nel mercato e nelle privatizzazioni dei beni pubblici

(petrolio, gas, terre, imprese nazionali), minacciando di privatizzare tutta la Petrobrás, le Poste, il Banco do Brasil, la Banca ufficiale del

Governo). Propone una riforma della Previdenza (delle pensioni) che pregiudica i più poveri, gli operai, i contadini, gli insegnanti e gli

anziani, trasferendo grandi fortune alle classi più agiate. Dietro a Guedes sta un’oligarchia brasiliana che è considerata una delle più

egoiste, non solidale e che più si arricchisce al mondo.

Che rapporto ha Bolsonaro con la lobby delle armi?

Sono molti analisti e psicanalisti che vedono Jair Bolsonaro preso da una paranoia: vede comunisti da tutte le parti, considera il nazismo

un movimento di sinistra e come simbolo durante la campagna elettorale e anche come Presidente usa le dita della mano a forma di

arma. Il primo decreto come capo di Stato ha stabilito il diritto di ciascun cittadino di possedere fino a quattro armi, come forma per

diminuire la violenza in Brasile. Questo è un assurdo, poiché favorisce la violenza ed effettivamente, si è legittimato a partire

dall’alto, una cultura della violenza da parte della polizia che uccide molti giovani neri delle favelas, sospetti di traffico di droga, giovani tra

i 17 e 24 anni. Solo nel gennaio del 2019 sono stati uccisi 119 di questi ragazzi. La paranoia si caratterizza per un’idea fissa che non

esce dalla testa anche quando si vede una realtà che la contraddice.

Bolsonaro ha visitato il museo dell’Olocausto a Gerusalemme che mostra come 6 milioni di ebrei sono morti a causa del nazismo.

Uscendo ha riaffermato, scandalizzando le autorità ebraiche, che il nazismo è di sinistra. In seguito, ha pregato che dobbiamo perdonare

lo sterminio nelle camere a gas, anche se non dobbiamo dimenticarlo. Questa dichiarazione ha scandalizzato non solo gli

ebrei ma tutto il mondo.

I diritti civili della comunità LGBT sono in pericolo ora in Brasile?

L’istigazione all’odio, le diffamazioni e l’utilizzazione di migliaia di fake news e di bugie contro il Partito dei Lavoratori, e la dichiarazione

di perseguire i portatori di altre condizioni sessuali, i LGBT, ha fatto si che la violenza, già esistente nel paese (solo nel 2018 ci sono stati

60 mila assassinati in Brasile), aumentasse e guadagnasse legittimazione a partire dall’alto. Per questo molti omosessuali sono

morti in strada o perseguitati, generando una grande paura tra questa comunità. Molti indigeni e quilombolas (abitanti di antichi rifugi di

schiavi) hanno visto le loro terre invase e molti sono morti, senza che ci sia stata alcuna indagine, in una situazione di maggiore impunità.

Sappiamo che Bolsonaro sta mettendo a rischio le popolazioni indigene dell’Amazzonia. Infatti il FUNAI (Fundação Nacional do

Índio) è stato depotenziato. C’è un grande rischio per l’Amazzonia?

Bolsonaro non possiede nessuna comprensione di cosa sia l’indigeno e la cultura indigena. Crede che debbano essere brasiliani come

qualsiasi altro, senza rispettare la loro identità, le loro tradizioni e i loro territori. Non sa che il territorio appartiene all’identità indigena e

che, pertanto, deve essere rispettato. Lui crede che loro abbiano un sovrappiù di terre. Non riconosce le demarcazioni ufficiali e sta

permettendo la penetrazione d’imprese straniere per lo sfruttamento di risorse minerarie, di legname pregiato e altri minerali rari,

importanti per le nuove tecnologie. Bolsonaro è completamente ignorante rispetto alle questioni ecologiche. Per questo è quasi certo

che soffrirà grande pressione mondiale dei principali governi che sanno che alla preservazione dell’Amazzonia e della sua biodiversità

è legato il futuro della vita e dell’equilibrio climatico del pianeta Terra. Dovrà fare marcia indietro, nonostante la pressione delle grandi

corporate globali che vogliono sfruttare l’Amazzonia all’interno del paradigma della deforestazione e estrazione delle ricchezze naturali

in funzioni dell’arricchimento privato.

E l’opposizione a Bolsonaro come si sta comportando?

Tutti i politici sono perplessi. Le dichiarazioni di Bolsonaro d’elogio a torturatori e la sua esaltazione del porto d’armi indiscriminato erano

considerate un vanto e l’eccesso di un paranoico, che non dovevano essere prese sul serio. È successo che si è candidato. È stato

appoggiato per l’oligarchia nazionale, pensando che avrebbe potuto facilmente manipolarlo. Ha approfittato della corruzione generalizzata

nel paese per colpevolizzare di ciò il PT, facendolo diventare il capro espiatorio, appellandosi all’inaugurazione di una nuova politica, ha

fatto in modo da suscitare il senso di colpa nell’anima brasiliana e conquistare i voti che gli garantirono la vittoria. È stato uno shock per

tutto il pensiero politico brasiliano, giacche mai abbiamo avuto un governo di estrema-destra e totalmente sottomesso alla logica degli

interessi nord-americani. Jair Bolsonaro, di fronte alla crisi nazionale, ha riconosciuto che non è fatto per essere presidente, ma per essere

un militare. É importante dire che nemmeno come militare vale, visto che fu espulso dall’esercito per indisciplina e, solo dopo una dubbia

negoziazione con il Supremo Tribunale Militare, fu pensionato invece di essere espulso. La previsione dei migliori analisti è che non resterà

a lungo al potere, perché i militari e gli stessi alleati e soprattutto l'opinione pubblica, lo vedono come un impedimento allo sviluppo del

paese e, per le sue dichiarazioni di estrema destra, si è trasformato in una vergogna internazionale. O ci saranno nuove elezioni o i militari

assumeranno il potere, senza trovare il cammino per tirarci fuori dalla peggiore crisi politico-economica della nostra storia.

(Traduzione dal Portoghese di Gianni Alioti)

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