
Democrazia a rischio, in Italia e in Europa. Lo scandalo del referendum per l'acqua pubblica
Tratto da: Adista Documenti n° 25 del 06/07/2019
DOC-3002. ROMA-ADISTA. Otto anni sono passati dal referendum in cui, il 12 e 13 giugno del 2011, oltre 27 milioni di cittadini/e italiani/e si pronunciarono a favore di una gestione pubblica dell'acqua, come diritto umano inalienabile estraneo a ogni logica di mercato. 8 anni – ma in realtà sembra un secolo – durante i quali la volontà del popolo sovrano è stata sistematicamente calpestata dalla classe politica di (quasi) ogni schieramento. E se si torna ancora più indietro, al 2007, quando venne depositata una proposta di legge di iniziativa popolare, supportata da oltre 400 mila firme, per la completa ri-pubblicizzazione del sistema idrico nazionale, sono 12 anni – sotto i governi di centrodestra, dei cosiddetti tecnici, del centrosinistra (prima bersaniano e poi renziano) e infine dell'attuale governo del "cambia niente" – che nessun passo avanti formale è stato compiuto per applicare integralmente l'esito del referendum istituzionale del 2011. La conclusione è scontata: «Viviamo in un paese solo apparentemente democratico, nel quale la volontà popolare vale nettamente meno degli interessi di parte», come scrive Vittorio Lovera nell'introduzione al numero del Granello di Sabbia (Marzo-Aprile), dal titolo "Si scrive acqua, si legge democrazia", interamente dedicato a tale argomento. E non è un problema neppure solo del nostro Paese: «Referendum per l'Acqua Pubblica in Italia, referendum sul memorandum della troika in Grecia, per la Brexit in Gran Bretagna e, in misura differente, referendum per l'indipendenza della Catalogna, sono quattro distinte situazioni che – sottolinea Lovera – dimostrano, indipendentemente dai contenuti, come il concetto di democrazia sia a rischio in Europa e come questa voluta confusione alimenti il terreno di coltura di populismi e nazionalismi».
Se l'ascesa al governo dei Cinquestelle aveva perlomeno riacceso la speranza di un'applicazione finalmente integrale dell'esito referendario, in virtù della loro promessa di una ri-publicizzazione del settore idrico, «l'ambientalismo grillino è letteralmente franato sotto i colpi dello scellerato contratto di governo con la destra autoritaria dei salviniani: tradito il programma rispetto alla Tav in Val di Susa, tradita la promessa della chiusura dell'Ilva di Taranto, fabbrica della morte, via libera alle trivellazioni costiere e al gasdotto in Puglia». E, nuovamente, riguardo al tema dell'acqua pubblica, le stesse ricette privatizzatrici. Così, riguardo alla Proposta di Legge n. 52 “Per la ripubblicizzazione del servizio idrico” – presentata dal Movimento 5 Stelle (prima firmataria Federica Daga) sulla base della proposta di legge di iniziativa popolare del 2007 - «l'iniziale volontà politica di approvare il testo in breve tempo si è scontrata con visioni contrarie all'interno della stessa maggioranza, che hanno prodotto una moltitudine di emendamenti (oltre 230) volti a cambiare parti del testo o ad attenuarne gli effetti, togliendo ogni obbligo di ri-pubblicizzazione, sostituendo vincoli espliciti con “auspici” che non impegnano concretamente nessuno a fare alcunché». E nessuna data è stata ancora fissata per la discussione alla Camera dei Deputati.
Ma, conclude Lovera, «il popolo dell'Acqua non demorderà e, goccia dopo goccia, lavorerà affinché la volontà popolare di 27 milioni di cittadini e cittadine sia integralmente rispettata e applicata».
Qui, tratti dal numero 39 del Granello di Sabbia, la rivista on line di Attac Italia, gli interventi di Marco Bersani (un estratto del suo libro Europa alla deriva, DeriveApprodi, Roma) e di Paolo Carsetti del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.
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