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Nicaragua, un Paese in bilico tra tensioni interne e diplomazia internazionale

Nicaragua, un Paese in bilico tra tensioni interne e diplomazia internazionale

Resta ancora critica e instabile la situazione in Nicaragua, con i negoziati per la pace sospesi da oltre 40 giorni ed un continuo fluire di eventi che vedono il Paese protagonista di una vicenda che, per il momento, è ancora in bilico tra una risoluzione negoziale tra gli attori interni e l’intervento di organizzazioni internazionali che invocano il rispetto dei diritti umani ed elezioni anticipate.

Dopo gli episodi di violenza del 15 e 16 giugno (si veda Adista Notizie 24/19), nuovi attacchi dei filo governativi si sono verificati a scapito di edifici religiosi e rappresentanti della Chiesa cattolica. Mercoledì 3 luglio è stato il turno di padre Edwin Romàn, parroco della chiesa di San Miguel Arcángel di Masaya, il quale ha raccontato al giornale La Prensa di essere stato aggredito verbalmente e minacciato di morte (ma non era la prima volta) da alcuni esponenti della Polizia Orteghista. Tre giorni prima, scrive Vatican News, di fronte alle porte della cattedrale di Managua, «la Polizia ha represso la protesta di alcuni giovani, catturando un adolescente di 14 anni, lanciando proiettili di gomma, pietre e gas lacrimogeni. Due giovani sono rimasti feriti e la Polizia ha fatto ingresso anche nella cattedrale, dove si erano rifugiate alcune persone per cercare protezione».

La reazione del card. Augusto Brenes, arcivescovo di Managua e presidente della Conferenza episcopale nicaraguense, è stata immediata, e lo stesso 30 giugno, parlando ai giornalisti, ha invocato l’ingresso nel Paese della Commissione dell’Organizzazione degli Stati latinoamericani (Osa) «così come previsto dall’Assemblea dell’Osa», tenutasi a Medellin (Colombia) il 26, 27 e 28 giugno, al fine di «marcare una linea guida per cercare la pace». L’Osa ha infatti approvato una risoluzione dal titolo “Situazione in Nicaragua”, e ha dato 75 giorni al governo Ortega-Murillo per risolvere la crisi socio-politica del Paese, liberando tutti i prigionieri politici e facilitando il ritorno delle organizzazioni internazionali per i diritti umani, ripristinare la libertà di stampa e mobilitazione, e la promozione di una riforma elettorale che porti a elezioni anticipate. Pena l’applicazione dell’art. 21 della Carta Democratica, che prevede sanzioni e, in estrema ratio, persino l’espulsione del Paese dal consesso. Secondo i commentatori filo governativi, la risoluzione è stata una doccia gelata per la destra oppositiva dell’Alleanza Civica. In cerca urbi et orbi di ottenere sanzioni per il proprio paese, l’opposizione, definita dal sito lantidplomatico.it «il partito delle famiglie oligarchiche nicaraguensi» a trazione dei Chamorro (già alla guida del paese dal 1990 al 1997, proprietari di diversi organi di stampa che, sempre secondo i filo governativi, veicolerebbero notizie false e tendenziose), vorrebbero in tal modo «continuare a spolpare il Nicaragua» e «riappropriarsi di una nazione ormai trasformata sotto il profilo delle infrastrutture», considerando l’apertura della strada che collega direttamente la costa atlantica e quella sul Pacifico, foriera di nuove opportunità commerciali e finanziarie. Il Nicaragua, si legge sul portale altrenotizie.org, «con una tenuta finanziaria ed un avanzo primario di tutto rispetto» rappresenta infatti una buona «attrattiva per gli investimenti», tanto che sono stati già ottenuti i prestiti per la costruzione del nuovo ospedale di Leòn, «che sarà il più grande del Paese», si legge ancora.

Intanto la diplomazia internazionale è a lavoro. Martedì 2 luglio, il sito eleconomista.com ha annunciato una “curiosa” visita del vice cancelliere tedesco Niels Annen nel Paese, che ha incontrato governo, opposizione e Nunzio apostolico, per promuovere la prosecuzione del dialogo nazionale. «La Germania è pronta ad aiutare», ha detto il funzionario tedesco, senza fornire ulteriori dettagli.

Parallelamente, anche la Santa Sede cerca di modulare la presenza di alti prelati nello scacchiere nicaraguense. A soli 15 giorni di distanza dall’episodio delle violenze nella cattedrale di Lèon, (si veda ancora Adista Notizie 24/19), in cui il vescovo Bosco Vivas è stato accusato da alcuni presenti di averli “abbandonati” nelle mani dei paramilitari, oltre ad essere stato tacciato, dalle forze orteguiste, di essere un “fomentatore della ribellione”, papa Francesco ha annunciato la sostituzione dello stesso Vivas con il vescovo Socrate Rene Jiron Sándigo alla guida della diocesi di Lèon. Il 24 agosto prossimo mons. Sándigo assumerà ufficialmente il suo ministero, davanti al clero di León e alla Conferenza episcopale del Nicaragua, forse per “bilanciare” la posizione di sostenitori dell’opposizione molto spesso affibbiata ad alcuni alti prelati nicaraguensi (come i vescovi Abelardo Mata, Rolando Alvarez e Silvio Baez, quest’ultimo già richiamato a Roma dallo stesso Francesco).

La partita è ancora aperta, ma le tensioni, al momento, non sembrano affievolirsi.

*Foto di Thomas Splettstoesser tratta da Wikimedia Commons. Immagine originale e licenza

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