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Le donne e la (difficile) politica

Le donne e la (difficile) politica

Tratto da: Adista Documenti n° 30 del 30/08/2019

L’Europa valorizza le donne, si dice spesso. E facciamo esempi come quelli di Christine Lagarde e Ursula von der Leyen. In realtà, l’Europa non valorizza nemmeno Europa, ossia la principessa marocchina che, rapita da Zeus divenne la dea che diede il nome al nostro continente!

Se si trattasse solo delle donne appena citate, non ci sarebbero problemi. Sono certamente persone di personalità e carattere: Christine è quella che scandalizzò accusando il Fondo Monetario di contenere troppo testosterone; Ursula ha messo in riga l'esercito tedesco.

Di fatto, però, esse non possono da sole cambiare le leggi del mercato o della difesa. Come raccontò un'incredibile (per chi se la ricorda in vesti da "falco") Madeleine Albright in un’intervista dell'anno scorso: quando si era trovata per la prima volta al tavolo del Consiglio di Sicurezza dell'Onu ed era l'unica donna tra quattordici maschi, prese atto che davanti al lei c'era il cartello che la definiva «rappresentante del governo degli Stati Uniti d'America» e fece la sua parte, «come un uomo». Anzi, Saddam Hussein le dirà «come un serpente». Possibile fare diversamente, essendo sole? Nell'intervista spiega che, se nelle conferenze internazionali ci fossero più delegate, forse finalmente si ridurrebbero i finanziamenti per le armi. Aggiunge però che debbono collaborare le donne, dedicarsi alla politica e sentire la responsabilità del loro genere. Stiano attente: c'è un posto all'inferno per le donne che non aiutano le altre donne!

È il nodo reale della questione di genere, che è anche "la" trappola per le donne. Perché obbliga a fare i conti con il potere, mentre è proprio il "potere irriformabile" che le donne sperimentano come negativo e che sta danneggiando la società intera, maschi compresi. Infatti, l'uomo ha inventato per sé il "ruolo forte", che è peggiore di quello scaricato sulle spalle delle donne "deboli", perché è gerarchico e violento. Eroderlo dal basso? Si potrà mai riformare il carcere chiudendocisi dentro?

Mi sembra istruttivo ricordare le parole pronunciate da Angela Guidi Cingolani, la prima italiana che prese la parola a Montecitorio il 1° ottobre 1945: «Credo proprio di interpretare il pensiero di tutte noi Consultrici invitandovi a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto con armi talvolta diverse ma talvolta simili alle vostre e che ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale... Non si tema, per questo nostro intervento quasi un ritorno a un rinnovato matriarcato, seppure mai esistito! Abbiamo troppo fiuto politico per aspirare a ciò; comunque peggio di quel che nel passato hanno saputo fare gli uomini noi certo non riusciremo mai a fare!».

Sarebbe interessante controllare quante volte negli oltre settant'anni di vita parlamenta- re è stato superato questo livello di affermazione di sé come "genere". Si capirebbe quanto l'istituzione abbia il potere di assimilare e omologare l'"altra": perfino quando in Parlamento era in discussione l'aborto, non mancarono interventi – almeno intenzionalmente femministi – ma mai da parte delle donne del principale partito di governo. Se è vero che il "tanto peggio di voi non faremo" è stato superato, è perché l'altro genere dice che siamo diventate brave "come un uomo". Ma se io fossi ministro della Giustizia non potrei dire che la maternità è un diritto della donna perché abbiamo diritto (solo) alla "tutela"!

Considerando le donne leader, quanto pesa in quello che esse dicono (e fanno) l'essere donne? Il paese che ha la percentuale più alta di donne in Parlamento è, ormai da anni, il Rwanda: l'opinione pubblica può perfino ignorare dove sta il Rwanda, ma, se davvero le donne intendono cambiare il mondo, dovrebbero avere avuto notizia di qualche trasformazione sociale ad opera delle leggi proposte dal 63,1 % del Parlamento rwandese.

Allo stato dei lavori, bisogna riconoscere che il femminismo dei decenni gloriosi dell'emancipazione e della liberazione, anche se sul piano teorico ha il merito di essere stato la grande novità della filosofia del Novecento, ha perso la partita di misurarsi con l'Aristotele che ha dato fondamento ideologico alla concezione del "soggetto unico" per tutto il mondo occidentale. Discutibili gli dei, ma sicuramente l'uomo si è fatto dio. Infatti, come il servo "nasce" tale, così "per natura" (nel IV secolo a. C. il Filosofo ritiene "scientifico" tale dato); la donna è umana in quanto contenitore riproduttivo dello sperma che è il solo datore di vita. La sottomissione delle donne si era già persa nella notte dei tempi, ma la convalida razionale riuscì a deformare perfino la traduzione biblica del Dio ebraico che «crea l'essere umano maschio e femmina a sua immagine e somiglianza », che poi diventa solo l'uomo nella vulgata.

Le nuove generazioni stanno strette in un mondo che non si stacca dal passato per fare futuro. Si ribellano, creano legami, perfino internazionali, inventano manifestazioni, marce, scioperi. Ma non si rendono conto che sono nelle condizioni migliori per aiutare il mondo a rinnovarsi. Le crisi sono occasioni di cambiamenti: basta sapere come governare le barche, osservando come gli uomini di spicco ai nostri giorni impugnano il timone come facevano con la clava, senza badare alle vele...

“Nonunadimeno” e “#Me-Too” sono frutto di un'inventiva geniale, ma le tante filiazioni che hanno prodotto documenti e iniziative che sembrano consonanti tra loro rivelano invece ancora troppa frammentazione e, spesso, contrapposizioni anche violente all’interno della galassia femminile e femminista.

Dovrà anche tra i giovani tornare la voglia di politica, ma per ora si vedono solo risentimento, rabbia, e "bisogno di essere contro". Le scelte – maschili e femminili – sono antisistema, antiglobalizzazione, con voglia di azione diretta: se da sinistra o da destra, questo è chiaro solo nelle dichiarazioni. Perché le cose sono irrimediabilmente vecchie e bisogna inventarne di nuove. La ragazze sanno benissimo che il femminismo è vetero; ma, se parlano di politica, economia o lavoro, tornano alle forme del Settantasette, che è altrettanto vetero. Per giunta, assunto nella logica di genere, sempre omologante al modello unico e alla logica amico/ nemico. La dipendenza dalla "politica di un solo genere" coinvolge senza preavviso quando ci si impegna sul sistema capitalistico, lo sfruttamento, le classi. Partendo da questi postulati le bisnonne contestavano leggi e partiti al Governo Vecchio (strada di Roma sede del femminismo separatista e antistituzionale), le nonne prestavano servizio rivoluzionario come angeli del ciclostile, le figlie speravano di andare in pensione anticipata per curare i nipoti, mentre le pronipoti sono movimentiste, si servono delle nuove tecnologie, ma nemmeno loro creano politica propria e nemmeno gli viene in mente, non avendo (come sempre) soldi, di studiare qualche proposta di legge per unire le forze. Intanto quattro generazioni si svenano per pagare al Comune di Roma l'affitto della Casa Internazionale dove dovrebbero avere diritto di stare a spese pubbliche. Questa l'élite; la stragrande maggioranza delle donne è sola e vota Lega. Intanto: Zingaretti sapeva che il 52% dell'elettorato è femminile e poteva dire che il suo partito è sempre stato attento ai diritti e alla cultura delle donne e a fianco delle loro lotte, ma non l'ha detto; le iscritte Pd mandano a dire, non si sa con quanta illusione, che per battere le diseguaglianze tra uomini e donne "serve una vera e propria spallata"; la Mogherini, già Alta rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nota in tutti i Paesi per le grandi capacità, è iscritta al Pd ma nessuno la conosce. Intanto: le donne del governo si chiamano Bongiorno o Castelli; e si rimpiange la Carfagna; perfino le suore denunciano le violenze di genere; dal parrucchiere le riviste parlano del #MeToo solo nella sua versione hollywoodiana; in Emilia/Romagna sempre più mamme giovani si licenziano se, oltre a non poter pagare l'asilo, al nonno capita l'alzheimer; le lavoratrici della "Perla" fallita sono senza stipendio né futuro. E continuano i femminicidi.

Non era femminista, ma da intellettuale e da leader scrisse L'accumulazione del capitale per correggere Marx e guardare oltre le macerie della prima guerra mondiale: Rosa Luxemburg, uccisa un secolo fa perché troppo pericolosa, non si accontentava di polemizzare con i compagni sull'ideologia; li sgridava perché dimenticavano l'essenziale: «Rimanere un essere umano è la cosa principale... Essere umani significa gettare con gioia la propria vita sulla grande bilancia del destino, quando è necessario farlo, ma nel contempo gioire di ogni giorno di sole o di ogni nuvola bella... Con tutto il suo orrore il mondo è così bello; e sarebbe ancor più bello se non ci fossero più deboli e vigliacchi».

Auguri a Christine e Ursula e a tutte quelle che fanno politica a partire dalla voglia di cambiare il mondo. 

Giornalista e saggista; Giancarla Codrignani è stata parlamentare della Sinistra Indipendente tra il 1976 e il 1987; è socia fondatrice e membro del Consiglio direttivo di Viandanti.  

La revolución será feminista o no será - Movimiento 15 M - 19 y 20 de mayo 2019 en la acampada en la plaza del Sol de Madrid - foto [ritagliata] di gaelx del 2010 tratta da flickr, immagine originale e licenza

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