
Ecologia ed equità, i nomi della giustizia e della pace. Il viaggio di Francesco nell’Africa orientale
Tratto da: Adista Notizie n° 32 del 21/09/2019
39949 PORT LOUIS-ADISTA. (dal corrispondente). L’Isola Mauritius, con la sua diversità etnica, religiosa e culturale, ha chiuso la visita (4-6 settembre) di papa Francesco in Mozambico, Madagascar e Oceano Indiano. Durante questo trentunesimo viaggio del suo pontificato, Francesco non ha mai smesso di fustigare la corruzione di élite e di uomini politici, di denunciare la cultura dei privilegi, il favoritismo derivante da legami di parentela, l’estrema povertà e la precarietà disumana di interi popoli, e di fare appello alla conservazione della Casa Comune (in sintonia con la sua enciclica Laudato si’), il nostro pianeta Terra che sussulta sotto i colpi della deforestazione (specialmente in Mozambico e Madagascar) e di molte crisi ambientali. Da qui la necessità di ricercare uno sviluppo sostenibile e integrale che riguardi le popolazioni nel loro insieme.
Mozambico, la pace ma non solo
È in Mozambico, che ha visto la firma di un accordo storico tra il governo e la Renamo (REsistência NAcional MOçambicana), i guerriglieri armati, promuovendo la fine di un conflitto che ha causato circa 1 milione di morti, che papa Francesco ha iniziato questo viaggio di dieci giorni. La prima occasione, per papa Francesco, di sollecitare le autorità politiche, la riconciliazione nazionale e «il coraggio della pace: non quello della forza bruta della violenza, ma quello che si materializza nella ricerca instancabile del bene comune».
Ha aggiunto - per questo Paese in cui il Programma alimentare mondiale rileva che l'80% della popolazione (30 milioni di anime) non ha accesso a un’alimentazione adeguata - che «la pace non è solo l'assenza di guerra, ma l'impegno instancabile - soprattutto da parte di quanti ricoprono l'incarico di maggiore responsabilità - di riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli». Non possiamo perdere di vista il fatto che «senza pari opportunità, le diverse forme di aggressione e guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi causerà l'esplosione. La pace – ha rimarcato – ha reso possibile lo sviluppo del Mozambico in molte aree. I progressi nell'istruzione e nella salute sono promettenti. Vi incoraggio a continuare il lavoro di consolidamento delle strutture e delle istituzioni necessarie affinché nessuno si senta abbandonato».
Affrontando la questione dell'ambiente, a lui cara e che tratta lungamente nella sua enciclica Laudato si’, papa Francesco ha sottolineato che «la pace ci invita anche a prenderci cura della nostra Casa Comune. La protezione della Terra è anche la protezione della vita, che richiede un'attenzione particolare nel momento in cui si nota la tendenza al saccheggio e alla spoliazione, causata dall'ossessione per l'accumulo che poi, in generale, non è nemmeno alimentata da persone che vivono in questo Paese, né motivata dal bene comune del vostro popolo. Una cultura di pace implica uno sviluppo produttivo, sostanziale e inclusivo, in cui ogni mozambicano possa sentire che questo Paese è il suo e nel quale possa stabilire relazioni di fratellanza ed equità con il suo vicino e con tutto ciò che lo circonda». Parole, queste, che potrebbero senza dubbio applicarsi ad altri leader politici del nostro pianeta.
Madagascar, lo scempio ambientale
Nel Madagascar, seconda tappa del suo viaggio, quinto Paese più povero nella classifica mondiale, dove il 90% dei 26 milioni di abitanti vive in una grande povertà con meno di due dollari al giorno e dove è diffusa la malnutrizione fra i bambini, il papa ha tenuto davanti alle autorità politiche e civili un discorso fermo e diretto sull'urgenza di combattere la povertà estrema. Ha fustigato coloro che cercano solo il loro interesse personale e ha qualificato come «scandalo» la mancanza di condivisione delle ricchezze di questo Paese che sono molte. Ha esortato le autorità malgasce «a lottare con forza e determinazione contro tutte le forme endemiche di corruzione e speculazione che aumentano le disparità sociali e ad affrontare le situazioni di grande precarietà ed esclusione che producono sempre condizioni di disumana povertà»; ha quindi sollecitato le autorità politiche a «instaurare tutte quelle mediazioni strutturali che possano garantire una migliore distribuzione del reddito e una promozione integrale di tutti gli abitanti, in particolare dei più poveri. Una simile promozione non può limitarsi alla sola assistenza, ma richiede il riconoscimento di soggetti di diritto chiamati a partecipare pienamente alla costruzione del loro futuro».
Il Madagascar è noto per la sua ricca biodiversità: l'80% della sua fauna è unica al mondo. A causa della deforestazione, la quinta isola più grande del mondo ha perso il 40% della sua foresta. Come non richiamarsi ancora una volta, in queste condizioni, alla nostra Casa Comune?! Per papa Francesco la crisi sociale non è disgiunta dalla crisi ambientale. «Non si tratta solo di trovare modi per preservare le risorse naturali, ma di cercare soluzioni globali che tengano conto delle interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali», perché «non ci sono due crisi separate, una ambientale e l'altra sociale, ma una e complessa crisi socio-ambientale». «La vostra meravigliosa isola del Madagascar è ricca di biodiversità vegetale e animale e questa ricchezza è particolarmente minacciata da un'eccessiva deforestazione a beneficio di pochi; il suo degrado compromette il futuro del Paese e la nostra Casa Comune. Come sapete, le foreste rimanenti sono minacciate da incendi boschivi, bracconaggio, taglio sfrenato di legni preziosi. La biodiversità delle piante e degli animali è a rischio a causa del contrabbando e delle esportazioni illegali ». Se è «vero che, per le popolazioni interessate, molte di queste attività che danneggiano l'ambiente sono quelle che provvedono temporaneamente alla loro sopravvivenza», è di conseguenza «importante creare posti di lavoro e attività generatrici di reddito che rispettino l'ambiente e aiutino le persone a uscire dalla povertà. In altre parole, non può esistere un vero approccio ecologico o un lavoro concreto per salvaguardare l'ambiente senza l'integrazione di una giustizia sociale che garantisca il diritto alla destinazione comune dei beni della Terra alle generazioni attuale e anche future».
Ha aggiunto che però «su questa strada, dobbiamo impegnarci tutti, inclusa la comunità internazionale. Molti dei suoi rappresentanti sono presenti oggi. Bisogna riconoscere che l'aiuto fornito dalle organizzazioni internazionali allo sviluppo del Paese è grande e che rende visibile l'apertura del Madagascar al mondo circostante. Il rischio è che questa apertura diventi una presunta "cultura universale" che disprezza, seppellisce e rimuove il patrimonio culturale di ogni popolo. La globalizzazione economica, i cui limiti sono sempre più evidenti, non dovrebbe portare all'omogeneizzazione culturale. Se prendiamo parte a un processo in cui rispettiamo le priorità e gli stili di vita autoctoni e in cui sono onorate le attese dei cittadini, noi faremo sì che l'aiuto fornito dalla comunità internazionale non sia l'unica garanzia dello sviluppo del Paese; saranno le persone stesse che se ne prenderanno gradualmente cura, diventando gli artigiani del proprio destino».
Isola Mauritius, convivenza delle diversità
A Mauritius, che sta vivendo una crescita economica sostenuta (dal 3 al 4% annuo), ma anche problemi sociali come il flagello della droga, la disoccupazione giovanile, la povertà delle case e la crisi abitativa, Francesco ha chiesto al governo di ascoltare i giovani: «Non facciamoci rubare il volto giovane della Chiesa e della società; non lasciamo che i mercanti della morte rubino i primi frutti di questa terra!».
Se il papa ha radunato da 800.000 a un milione di fedeli fuori della capitale Antananarivo, sono stati 100mila i fedeli che si sono radunati presso il Monumento della Regina della Pace a Port Louis, la capitale, compresi quanti sono giunti dalle isole vicine, Réunion, Seychelles, Comore, Rodrigues, Agaléga e l'arcipelago di Chagos, che la Gran Bretagna ha sottratto al territorio mauriziano alla vigilia della sua indipendenza nel 1968. Mauritius lotta per riconquistare la piena sovranità su questo arcipelago, la cui isola principale, Diego Garcia, è stata convertita in una base militare dagli americani dopo un trattato con gli inglesi.
Mauritius è anche una meta turistica, che attira quasi un milione di persone ogni anno. Gode di una democrazia parlamentare stabile e di un'economia sviluppata, che contrasta con l'estrema povertà del Mozambico e del Madagascar. Oltre che ai giovani, la messa celebrata da papa Bergoglio è stata dedicata a p. Jacques Désiré Laval, noto come «l'apostolo dei neri» e «l'apostolo dell'unità di Mauritius», sacerdote francese beatificato nel 1979 da Giovanni Paolo II.
Di fronte alle autorità politiche e alla società civile mauriziana, Francesco ha elogiato l’esemplare «vivere-insieme» mauriziano, la convivenza e l’integrazione. Mauritius ha 1,3 milioni di abitanti, per lo più indù (52%), ma i cristiani – in maggiornza cattolici – sono il 30% della popolazione, mentre il 18% è di religione musulmana. Ha sottolineato che il popolo di Mauritius è nato «con l'arrivo di migranti da vari orizzonti e continenti, portatori delle loro tradizioni, della loro cultura e della loro religione, e che hanno imparato a poco a poco ad arricchirsi della differenza degli altri e trovare i mezzi per vivere insieme, cercando di costruire una fraternità finalizzata al bene comune». Ha elogiato «il modo in cui a Mauritius, le diverse religioni, con le loro identità, lavorano mano nella mano per contribuire alla pace sociale», chiedendo ai mauriziani di continuare d aprirsi ai migranti, al rispetto della loro dignità.
Passando all'aspetto economico, il papa ha esortato le autorità mauriziane a «promuovere una politica economica orientata verso le persone» per «una migliore distribuzione del reddito, la creazione di posti di lavoro e la promozione integrale dei più poveri » e di resistere «alla tentazione di un modello economico idolatrico che sente il bisogno di sacrificare la vita umana sull'altare della speculazione e della semplice redditività, che tiene conto solo del beneficio immediato a scapito dei più poveri, dell'ambiente e delle sue risorse».
Jean Clement Cangy, già giornalista di Le Mauricien.
* La macroregione ONU dell'Africa orientale - elaborazione di Sannita del 2012, foto [ritagliata] tratta da it.wikipedia.org, licenza Creative Commons
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