
PRIMO PIANO. Le potenze del denaro contro Francesco
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 19 del 16/05/2020
In generale, nel mondo cattolico non si vuole dare importanza all’azione ramificata dei movimenti religiosi e politici antibergogliani perché ritenuti marginali, legati ad anziani uomini di curia (Burke, Müller, Sarah, Viganò) o a gruppi limitati di destra (e di estrema destra) che usano la religione come arma politica. Magari fosse solo così. Vorrei ampliare lo sguardo.
Anche buone trasmissioni come Report (20/4), che si dilungano ad analizzare ambienti dichiaratamente fascisti o restaurazionisti e a riportare frasi deliranti sul papa, danno poca importanza alle potenze del denaro, a un’area ampia e organizzata di matrice statunitense (e russa), a uomini “moderni”, a centri di potere turbocapitalisti o suprematisti a un tempo iperliberisti e populisti che vedono nel papa il grande nemico, “il capo che vedono nel papa il grande nemico, “il capo della sinistra internazionale”.
In sostanza ciò che disturba del papa non è tanto il tentativo di riforma della Chiesa o la presunta adesione a “eresie” anticattoliche, nemmeno l’inizio tormentato (per ora bloccato) di una riflessione sui ministeri maschili e femminili, ma è la lotta al «paradigma tecnocratico della modernità» e alla distruzione del creato (Laudato si’); è l’impegno costante contro l’ingiustizia, la povertà, il riarmo e le guerre (su questi punti nel periodo pasquale Francesco è stato assillante, una voce nel deserto politico ed ecclesiale), per non parlare dell’ospitalità, del rapporto coi movimenti popolari, del rifiuto della pena di morte, dell’apertura alla Cina e altro. Ciò che scandalizza è la fedeltà al Vangelo, è la pratica di una fede credibile e trasformatrice.
La posta in gioco
Penso sia grave sottovalutare una galassia molto varia contenente posizioni iniziali spesso opposte ma convergenti verso un solo obiettivo: bloccare il papa, sbarazzarsi di lui, screditarlo e, in prospettiva, operare perché non venga eletto un Francesco II. È bene rendersi conto che i gruppi o movimenti anti-Francesco non sono schegge di un tradizionalismo nostalgico, né espressioni di folklore ideologico, né realtà transitorie. Sono pezzi del grande gioco politico mondiale che usa molti strumenti, comprese le religioni, contro la giustizia, la pace, la libertà e l’universalismo cristiano dei diritti.
Ne ho scritto dettagliatamente nel recente libro Papa Francesco: l’uomo più pericoloso al mondo (introdotto da Luigi Bettazzi), ma ne hanno parlato studiosi come Alberto Melloni, Antonio Spadaro o Marcelo Figueroa. Dal canto suo, Jean Claude Hollerich, presidente delle Confe renze episcopali europee (Comece), ritiene che i nuovi populismi, alleati a un “cristianesimo autoreferenziale” (di cui Steve Bannon e Alexander Dugin sono “i sacerdoti”), rischiano di «creare dinamiche che alla fine divoreranno il cristianesimo stesso», cioè il principio dell’amore di Dio e del prossimo (La Civiltà Cattolica q. 4052, 20/4/19). La posta in gioco è globale. Riguarda le questioni della povertà e della pace, determinanti per il futuro dell’umanità e della fede cristiana (Evangelii gaudium 185). Il papa lo sa bene. Non solo perché insiste nella richiesta di pregare per lui, ma anche perché ne parla spesso intervenendo sulle divisioni nella Chiesa e sulle patologie clericali. Con la sua pratica ecclesiale e la sua narrativa nonviolenta Francesco ha lanciato la sfida ad ogni potenza escludente e a ogni logica distruttiva. Ha proposto «la nonviolenza attiva e creativa» (Giornata mondiale della pace, 1 gennaio 2017). Per questo Bauman ha detto che «papa Francesco è il più grande dono offerto dalla chiesa cristiana al mondo contemporaneo» (Jesus, settembre 2016). Per questo, sul fronte opposto, Fox news il 24 giugno 2915 ha affermato che Bergoglio è «l’uomo più pericoloso al mondo».
Il giornalista Nello Scavo, nel suo testo I nemici di papa Francesco, ricordava l'American Enterprise Institute, l'American Petroleum Institute, lo Heartland Institute di Chicago, la Chevron, la Exxon Mobil, la Philip Morris, la Lockheed Martin, la Halliburton, la rivista Forbes, il Partito repubblicano statunitense, il Tea Party, i Cavalieri di Colombo, il Pontifical North American College sul Gianicolo e giornali famosi imitati da giornali italiani come Il Foglio, Libero, Il Giornale, La Verità. Milioni di dollari sono stati investiti in campagne mediatiche anti-Francesco. Solo 12 gruppi della destra cristiana americana hanno speso 50 milioni di dollari negli ultimi dieci anni per finanziare gruppi sovranisti europei e attaccare il papa. Oggi i rublodollari stanno diventando «la nuova moneta ibrida dell’ecumenismo dell’odio» (Avvenire 21.7.2019).
La nuova stagione ecclesiale è in pericolo
L’anno scorso Nicolas Senèze, vaticanista di La Croix, ha intitolato il suo ultimo libro Come l’America vuole cambiare papa. È negli Stati Uniti che opera il centro dell’opposizione politica, teologica e finanziaria al pontificato di Bergoglio, in contatto con forze attive in Europa, in Italia e in Russia. In tale ambito vari episcopati balbettano. Alcuni sono nell’occhio del ciclone. L’afflusso di denaro nelle campagne anti Francesco ha indotto lo storico Massimo Faggioli ad affermare che la Chiesa cattolica sta diventando prigioniera del denaro dell’estrema destra statunitense, che negli Stati Uniti è in gioco proprio l’indipendenza della Chiesa cattolica di fronte alle potenze del denaro (in Spadaro, Il nuovo mondo di Francesco, 2018). Lo stesso card. Maradiaga si è lasciato scappare che molti cattolici negli Stati uniti non sanno cosa sia la Laudato si’: «Fanno finta che non esista. Perché una parte della Chiesa sembra essere più interessata ai grandi donatori, alle politiche delle compagnie del petrolio e del carbone. In questo senso il testo del papa che chiede sviluppo sostenibile e giustizia sociale dà fastidio a chi è interessato solo ai soldi» (la Repubblica, 22 ottobre 2019).
La nuova stagione ecclesiale è in pericolo. Il papa sembra ferito. Occorre aiutarlo. Occorre consolidare e sviluppare il cammino iniziato. Anche chi tra i suoi amici dissente su alcuni punti del suo pontificato non può esimersi dall’esprimere in vari modi il suo robusto affetto. Nella preghiera, nell'informazione e nell'azione penso sia l’ora di una forte corresponsabilità, di una serena iniziativa, di un lieto coraggio.
Sergio Paronetto, presidente del Centro Studi di Pax Christi Italia
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