Nessun articolo nel carrello

Le donne nella Chiesa avventista: riconoscimento incompleto

Le donne nella Chiesa avventista: riconoscimento incompleto

Tratto da: Adista Documenti n° 25 del 27/06/2020

Per l’introduzione a questo articolo, clicca qui          

La questione di genere nella Chiesa Cristiana Avventista del Settimo giorno è piuttosto antica, quasi quanto la sua storia, cominciata nel 1863 negli Stati Uniti.

Tra i pionieri della Chiesa avventista troviamo infatti una donna, Ellen G. White, cui si riconoscerà abbastanza presto un particolare carisma profetico nella guida del movimento nascente. Il suo carisma e la sua sollecitudine furono tuttavia ad un tempo accettate e in parte contrastate in ragione della sua connotazione di genere. Infatti, anche per non creare imbarazzi, ella non chiese mai di esercitare un ministero pastorale regolare e non fu mai ufficialmente munita di tali credenziali benché il suo nome risultasse negli elenchi dei pastori ordinati.

Tuttavia nei primi decenni della sua storia la Chiesa avventista godette senz’altro del valoroso apporto di molte donne evangelizzatrici, che avevano ottenuto una licenza specifica ed esercitavano un ruolo non dissimile da quello dei colleghi pastori maschi, scontando sovente un certo pregiudizio(1). Sin dal lontano 1881, la sessione della Conferenza Generale – che rappresenta a un tempo il sinodo mondiale degli avventisti e, attraverso un comitato esecutivo, l’organismo politico amministrativo più elevato – espresse la risoluzione seguente: «Le donne che possiedono qualifiche necessarie per occupare questa posizione (il pastorato, ndr), possono, in modo perfettamente appropriato, essere messe da parte tramite ordinazione per l’opera del ministero cristiano»(2). Questa risoluzione molto lucida e promettente non venne però mai votata e implementata.

Il punto cruciale dal quale prendere le mosse per una breve disamina riguarda dunque la possibilità che alle donne sia riconosciuto e garantito pieno e paritario accesso ai cosiddetti ministeri ordinati. Possono cioè le donne aspirare a ricoprire un ministero ordinato nella chiesa avventista? La risposta a questa domanda è, in prima battuta, indubbiamente positiva.

La Chiesa avventista annovera infatti molte donne nei ruoli di responsabilità che si configurano come ministero ordinato in seno alle comunità locali e, pur con minore frequenza, anche in seno agli organismi sinodali gerarchicamente superiori. Tra gli attuali cinque vicepresidenti della Conferenza Generale, figura ad esempio una donna nella persona della signora Ella S. Simmons. Nelle Chiese locali, specie europee e nord americane, assai frequentemente troviamo delle donne diaconesse, segreterie di chiesa e in moltissimi casi anche investite del non semplice ruolo di anziane della comunità, che di fatto equivale al ruolo di vice-pastore. Sono tutti ministeri ordinati, ai quali le donne accedono senza difficoltà.

Non trascurabile è al tempo stesso la presenza di donne in ruoli di vertice nelle istituzioni scolastiche e universitarie avventiste. Ma non possiamo a questo punto sottrarci al quesito successivo, ovvero: possono le donne aspirare a esercitare il ministero pastorale, cioè il più “importante”(3), diciamo così, dei ministeri ordinati?

Su questa seconda questione cominciano i distinguo e la risposta è fondamentalmente negativa, pur con delle sorprese che si registrano, come diremo più avanti, nella prassi delle Chiese.

Un po’ di teologia, un po’ di storia

La Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno è una Chiesa protestante. Un protestantesimo certo particolare, radicato nei risvegli del XIX secolo originati negli Stati Uniti, e profondamente nutrito della linfa spirituale del puritanesimo e del tardo movimento di restaurazione.

I principi ispiratori della Riforma protestante del secolo XVI sono comunque ben assimilati. Tra questi, il sacerdozio universale di tutti i credenti ha certamente favorito un approccio tendenzialmente equilibrato alla ministerialità e alla teologia dei carismi nella Chiesa. L’ordinazione inoltre non è un sacramento ma un semplice rito di investitura liturgica con il quale la comunità dei credenti riconosce un carisma e abilita la persona a esercitarlo al servizio della comunità.

Non vi sono dunque vere e proprie difficoltà di ordine teologico nell’accettazione della piena e paritaria considerazione del ruolo e del carisma delle donne nella Chiesa.

Vi è però una grande difficoltà di natura culturale che non di rado si ammanta di motivazioni teologiche e adotta ermeneutiche maschiliste della Bibbia.

Le numerose commissioni teologiche di studio avvicendatesi sin dal 1950 e giunte fino al 2014 hanno sempre espresso una sostanziale non obiezione miniteologica alla ordinazione della donna al ministero pastorale.

Purtuttavia è accaduto fin qui che ad ogni sessione della Conferenza Generale (che si riunisce in seduta plenaria ogni cinque anni) in cui sia stata posta all’ordine del giorno la questione della ordinazione al pastorato delle donne, la maggioranza dei delegati provenienti da ogni parte del mondo si sia espressa negativamente.

Trovare una sintesi tra le diverse comprensioni del ruolo della donna nella Chiesa (e nella società) si è fin qui rivelato arduo, benché nel tempo forse le distanze si siano un po’ ridotte se, come è accaduto nell’ultimo sinodo del 2015, la votazione su questo punto sia passata con uno scarto tra contrari e favorevoli, meno ampio di altre occasioni.

Un conflitto amministrativo

Nell’ultimo decennio il conflitto in seno alla Chiesa avventista mondiale in relazione alla possibilità della ordinazione delle donne si è progressivamente trasformato in un conflitto istituzionale, ovvero in infinite disquisizioni su “chi ha il potere di fare cosa”. Si discute, in estrema sintesi, se la decisione ultima circa la ordinazione ministeriale delle donne possa essere assunta dalle istituzioni ecclesiastiche nazionali o continentali avventiste [Unioni di chiese o Unioni di federazioni o Divisioni(4)] in ascolto dei propri sinodi locali e regionali, evocando dunque la possibilità che vi siano situazioni geograficamente diversificate nel mondo avventista; o, piuttosto, se la decisione debba essere assunta per tutti gli avventisti del mondo (circa 22 milioni) in seno alla Conferenza Generale.

Fin qui, per un’esigenza di uniformità mondiale dell’avventismo, è prevalsa questa seconda linea che naturalmente ha suscitato il profondo disappunto di quelle Divisioni (Inter europea, nordamericana, Trans europea e Nord est del Pacifico) che maggiormente avvertivano il bisogno di procedere speditamente superando ogni forma di discriminazione di genere.

Questo conflitto istituzionale perdura, con situazioni tensive di una certa importanza legate anche ad alcune forzature che talune Unioni di chiese(5) e Divisioni hanno operato procedendo ugualmente a ordinare delle donne al ministero pastorale.

L’evoluzione di questo conflitto tra un’istanza centralista, per così dire – ancorché sinodale – e una istanza periferica (affidata ai sinodi regionali) rimane di difficile previsione.

E allora, nessuna ordinazione?

In realtà accade che soprattutto in Europa, Nord America e anche in alcune aree dell’America Latina molte donne, dopo aver conseguito un titolo di laurea in Teologia esercitino il ministero pastorale con responsabilità e prerogative non dissimili dai colleghi maschi: hanno cioè una leadership riconosciuta nelle chiese e possono amministrare i sacramenti. Ma lo fanno attraverso una ordinazione diversa, che reca cioè una diversa dicitura(6) e con delle credenziali parzialmente diverse (questa è anche la situazione delle donne pastore avventiste in Italia).

Nel tempo anche la differenza salariale cui questa diversità di credenziali dava luogo è stata quasi ovunque equiparata, come peraltro prevedono i regolamenti interni della chiesa.

Come è facile intuire si tratta di un accomodamento che non risolve il problema ma lo aggira e rende inefficace il divieto ufficialmente in vigore di procedere alla ordinazione delle donne al ministero pastorale.

A volte, le Chiese, quando non sanno risolvere un problema lo aggirano, e volgono la loro attenzione ad altro. È un dinamismo strano ma non escluderei che entri puntualmente in gioco un tipo di sapienza superiore che costringe le chiese a mettere in pratica le istanze profonde dell’evangelo della libertà in aperto contrasto con quanto viene dichiarato nei documenti ufficiali. Una obbedienza superiore che passa per una serie di trasgressioni non estranee, forse, all’incessante opera scompaginatrice e creativa dello Spirito Santo. 

NOTE

1) Si veda Georg R. Knight, Piccola storia del popolo dell’avvento, Edizioni A.D.V., Falciani, Impruneta, 1994, p.81.

2) Georg R. Knight, ibidem.

3) Per un verso l’ecclesiologia avventista non è di impronta episcopale ma presbiteriana sinodale, dunque non la figura del vescovo o del pastore è decisiva ma quella del collegio degli anziani e del comitato (consiglio) di Chiesa. Non è corretto dunque dire che tra i ministeri ordinati quello pastorale sia il più importante. Cionondimeno coesiste anche nei documenti della Chiesa un peculiare riconoscimento del ruolo di leadership del pastore, rispetto agli altri ministeri. Una sorta, se si vuole, di versione avventista del primus inter pares.

4) Nell’organizzazione della Chiesa Cristiana Avventista del settimo Giorno, che, come detto, si ispira al modello presbiteriano sinodale, con una gerarchia di assemblee che dalla Chiesa locale si ampliano fino alla General Conference mondiale, la Divisione è una circoscrizione amministrativa molto ampia che include diverse nazioni e aree linguistiche. L’opera mondiale avventista consta di 13 Divisioni.

5) In seguito ai risultati deludenti della sessione della Conferenza Generale del 2015, un certo numero di Unioni nazionali avventiste, come quella Norvegese, Danese, Tedesca, o l’intera Divisione Nord Americana hanno sfidato la decisione del sinodo generale procedendo ugualmente a ordinare le donne al ministero pastorale, oppure sospendendo in segno di protesta egualitaria ogni ordinazione ministeriale anche maschile. Queste iniziative hanno molto turbato il comitato esecutivo della Conferenza Generale.

6) Ad esempio anziché la dicitura di “pastore ordinato” si adotta quella di “missionario ordinato” o di “pastore autorizzato”. Si tratta dunque di una credenziale che abilita all’esercizio di un ministero pastorale, sia pure non dichiarandolo con i termini corretti validi per il pastorato maschile.   

Direttore del Dipartimento Affari Pubblici e Libertà Religiosa dell'Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, Davide Romano è inoltre direttore dell’Istituto avventista di cultura biblica (IACB) “Villa Aurora” di Firenze e della rivista Coscienza e Libertà.   

* Ellen G. White in una foto [ritagliata] del 1864 di autore ignoto tratta da it.wikipedia.org, fonte: Ellen G. White Estate. Immagine originale e licenza

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.