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Michele Di Schiena, il Vangelo e la Costituzione. La lettera di un amico

Michele Di Schiena, il Vangelo e la Costituzione. La lettera di un amico

È stata pubblicata sul sito manifesto4ottobre una “Lettera aperta a coloro che hanno conosciuto Michele”. La firma è di Antonio Greco, amico di Michele Di Schiena, scomparso il 28 giugno scorso, tracciando, «dalla prospettiva di quasi mezzo secolo di impegno comune», «un profilo utile – si legge sul sito – anche per chi non lo ha conosciuto e permette di focalizzare alcune scelte di fondo della vita di un uomo che ha rappresentato una novità ed una rottura “eversive” rispetto ai “clichè” dominanti – soprattutto al sud d’Italia – in quelli che sono stati i ruoli pubblici e privati da lui ricoperti: quello di magistrato, cristiano impegnato nei movimenti ecclesiali, attivista per i diritti sociali, animatore di iniziative politiche».

Del lungo testo, riprendiamo qui di seguito la parte relativa alla fedeltà evangelica e all’impegno eccleisale di Di Schiena. Un aspetto - accanto a quello di magistrato e commentatore politico - noto e comprovato del Michele credente. Malgrado ciò, lamenta Greco, la Chiesa pugliese non ha speso una parola per un lutto che riguarda l’intera comunità.

Sicuramente noi di Adista siamo a lutto per la morte di un caro amico e insostituibile collaboratore di lungo corso. Nel ricordo di Greco, ci ha profondamente commosso l’informazione che ci dà l'autore della lettera: Michele «ha voluto portare con sé due metri sotto terra» una copia della Costituzione.

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Michele Di Schiena è stato «sempre alla ricerca, non sempre facile, del Dio appassionato dell’uomo manifestatoci da Gesù del Vangelo. Vangelo stretto in una mano e nell’altra la Costituzione, che ha voluto portare con sé sotto due metri di terra. Vangelo che ha letto, riscritto e attualizzato in tutta la sua vita.

Al riguardo mi sia consentito un briciolo di polemica, in questo mio scritto, a mo’ di annotazione finale.

Ho seguito con la dovuta attenzione la stampa e i siti di informazione locale, come annotavo all’inizio, ma mi sembra che i responsabili della Chiesa locale abbiano ignorato la morte di Michele (ad eccezione di una breve noticina dell’Azione Cattolica Brindisi-Ostuni su Facebook – «ricordo grato per il “servizio instancabile”» ma – oso dedurre io dal testo – la vita di Michele appartiene ormai al passato e solo a “coloro che hanno condiviso con lui la vita e l’impegno sociale”). 

E questo a conferma che, in questa chiesa locale “paludosa”, anche sulla morte di un suo servitore si proietta l’ombra del clericalismo. Michele ha servito la chiesa locale dal 1972, ha avuto la fiducia di Vescovi qualificati (solo due nomi: Mincuzzi e Todisco), ha mostrato grande attenzione a tanti preti delle parrocchie locali soprattutto negli anni 70-80. Per le sue doti umane ed organizzative, da laico e in nome del suo battesimo, esercitava il servizio del discernimento pastorale e della comunione ecclesiale e, noi, scherzando, lo chiamavamo il “nostro vescovo laico”. Nessuno di noi si sogna di pensare a Michele “santo”. La fabbrica dei santi ufficiali che la chiesa ha costruito nel tempo è servita più a puntellare la “chiesa meretrix” che a testimoniare e far vivere la “chiesa casta”. Se ci spogliamo dello sguardo clericale, Michele è stato “un santo” e non avrà bisogno di fare miracoli per essere riconosciuto tale perché in vita ne ha già fatti tanti: quante liti ha composte, quante famiglie sfasciate ha riunito, quanti medici ha conosciuto non per sé ma per gli altri, quante coscienze intrappolate ha liberato. I suoi scritti non sono solo frutto di intelligenza ma anche di vita interiore. Ha praticato il potere dei segni e ha sempre rifiutato i segni del potere, per usare una espressione di don Tonino Bello. A cui non faccio nessuna fatica ad accostarlo. Solo che la vita e la morte di don Tonino sono state riconosciute “sante” come uomo e come Vescovo (e in una chiesa clericale non è poco) mentre la vita e la morte di Michele, “laico, per giunta, scomodo”, sono state ignorate dai “funzionari diocesani del sacro”. Michele aveva anche limiti umani, come tutti. Le scarpe di chi cammina è inevitabile che si riempiano di polvere. Forse aveva anche lui conosciuto il peccato, come tutti. E umilmente ha sempre riconosciuto i suoi limiti e, sono sicuro, riscattati. Anche lui aveva i suoi “picci”, le sue “fisse”.

Ma non è questo un motivo per ignorare e dimenticare un uomo che, come testimoniano i tanti attestati pubblici tributatigli in questi giorni, è riconosciuto da tutti, credenti e non, come “uomo Giusto”. E, si noti bene, non solo per le sue doti umane e professionali. “Gli ideali della Costituzione e i valori del cristianesimo furono i soli binari che orientarono la sua vita e la sua giurisprudenza”, ha scritto Antonio Maruccia, Procuratore Generale di Lecce. Ecco il paradosso su cui non riesco a tacere: Michele è riconosciuto “Giusto” da un mondo laico ma è ignorato dalla sua chiesa che ha servito e amato.

Sento, però, Michele che a riguardo mi sgrida: “Non sono questi i problemi. Non ti curar di loro ma guarda e passa”».

*Foto tratta da brindisitime.it, immagine originale e licenza

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