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PRIMO PIANO. Una società alternativa è possibile

PRIMO PIANO. Una società alternativa è possibile

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 44 del 12/12/2020

L'epidemia da Covid-19, che ha investito il mondo, può essere letta da due opposte angolazioni. La prima è quella dei poteri forti economici e finanziari e delle élite politiche al loro servizio, tendenti a narrarla come un evento esogeno, un nemico invisibile venuto a mettere a soqquadro una realtà di per sé lineare, nella quale il mondo è governato dal mercato e il profitto individuale è il motore di ogni attività. Da questa angolazione, l'obiettivo è sconfiggere il virus per riportare il prima possibile l'economia al suo ordinario funzionamento.

La seconda è quella che vede nella pandemia un evento endogeno al modello economico-sociale esistente, che ne fa emergere prepotentemente tutte le contraddizioni sistemiche. Da questa angolazione, l'obiettivo è quello di mettere in campo... un vero e proprio cambio di paradigma, dichiarando l'insostenibilità del modello liberista e la necessità di costruire teoricamente e nella pratica un'alternativa di società.

È su questo secondo versante che si sono mossi due importanti e differenti percorsi, che, casualmente ma forse anche simbolicamente, sono pubblicamente emersi nella stessa giornata, sabato 21 novembre scorso: il percorso di convergenza di reti associative e di movimento che si è riconosciuto nel Manifesto “Uscire dall'economia del profitto, costruire la società della cura”, aggregando ad oggi oltre 350 realtà collettive e oltre 1.000 persone attive individualmente, che il 21 novembre scorso ha dato vita a manifestazioni in presenza e online in 45 piazze del Paese; l'evento “L'economia di Francesco” che, nato da una chiamata di papa Francesco del maggio 2019, ha radunato dal 19 al 21 novembre, oltre 2.000 giovani economisti e imprenditori a livello internazionale per avviare una riflessione collettiva sulla profonda ingiustizia dell'attuale modello e sulle risposte da mettere in campo.

Qual è l'elemento che accomuna questi due percorsi? Il paradigma della cura come elemento fondativo di un nuovo modello sociale ed ecologico, capace di affrontare le due grandi emergenze del pianeta: la crisi climatica e ambientale e la diseguaglianza sociale.

Di fronte all'orizzonte della solitudine competitiva proposto dalla società del mercato, la cura presuppone l'interdipendenza tra le persone e tra queste e la natura, e, contro l'individualismo proprietario, propone un “noi” da mettere in campo, avendo chiaro come nessuno si possa salvare da solo e nessuno possa essere lasciato indietro.

Cinque sono, infatti, gli insegnamenti che la pandemia ha messo in campo:

a) una società fondata sul mercato e il profitto ha dimostrato di non essere in grado di garantire protezione ad alcuno; occorre una società che metta al centro il mutualismo, la cooperazione, la solidarietà e l'autogoverno sociale;

b) la pandemia non è un evento esterno, bensì il risultato di scelte politiche ed economiche che perseguono l'estrattivismo, la devastazione ambientale, la mercificazione della natura; occorre una conversione ecologica dell'intero modello socio-economico;

c) contrariamente alla consolidata svalorizzazione della riproduzione sociale, la pandemia ha dimostrato come, senza lavoro di cura, nessuna altra attività possa essere realizzata e come tutta l'organizzazione della società vada ripensata sull'obiettivo complessivo della cura stessa;

d) i vincoli finanziari, sinora presentati come tabù indiscutibili, sono stati sospesi nell'arco di una notte per permettere la cura delle persone; questo significa che quei vincoli sono contro la cura e la vita delle persone, e vanno aboliti per ricostruire su altre basi il patto sociale europeo;

e) la globalizzazione economica è stata il canale che ha permesso al virus di espandersi in brevissimo tempo sull'intero pianeta; occorre ripensare il modello sociale a partire dalla centralità dei territori e delle comunità territoriali.

È sulla base di queste considerazioni che, tanto il percorso della società della cura, quanto l'economia di Francesco, si sono mossi, su binari che, pur paralleli, hanno moltissimi punti di intersezione, che potranno produrre pratiche comuni dentro le realtà territoriali.

Se devo scorgere una differenza nei due percorsi, mi sembra si riduca al ruolo attribuito all'economia nella società. Un ruolo che appare ancora molto centrale nel percorso dell'economia di Francesco, quasi a voler suggerire che l'attuale sistema possa essere umanizzato e riformato; un ruolo che viene molto ridimensionato, fino a considerarla nulla più che strumento di servizio, nel percorso della “società della cura”, segnalando l'idea dell'irriformabilità del modello socio-economico dominante. Ma ciò che li accomuna è ben più rilevante: la tensione verso un'attivazione sociale di donne e uomini, e delle giovani generazioni, per dire tutte e tutti assieme che il futuro è da riscrivere collettivamente, a partire dal rifiuto della divisione delle persone in vite degne e vite da scarto.

Marco Bersani è coordinatore nazionale di Attac Italia

 

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