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Vita, terra, libertà. I diritti dei palestinesi ci riguardano

Vita, terra, libertà. I diritti dei palestinesi ci riguardano

La volontà israeliana di occupare sempre nuove porzioni territorio palestinese, come nel caso del quartiere Sheikh Jarrah, dal quale è partita la protesta, ma anche «i lutti, le umiliazioni, il furto di terra e la cacciata dalle proprie case, lo stravolgimento delle basi essenziali per una vita dignitosa e sicura, aperta al futuro»: tutto questo – afferma il “Gruppo disarmo pace giustizia” nella Società della Cura, il cartello di oltre 1400 tra organizzazioni della società civile, movimenti sociali, reti e singoli individui impegnati nella lotta contro la crisi climatica e l'ingiustizia sociale – «ci riguarda profondamente come persone che da tempo cercano di contribuire alla costruzione di un mondo che riconosca a tutti/e diritti universali, tra cui quello alla convivenza anche tra diverse/i, ma nella giustizia, che ne è una componente irrinunciabile».

E ci riguarda in quanto italiani, coinvolti in virtù di accordi commerciali e militari stretti dal nostro Paese «in contraddizione con la Legge 185/90». E ci coinvolge perché non possiamo «tacere il pericolo che Israele rappresenta in quanto potenza nucleare che ha accumulato un arsenale nucleare sottratto ad ogni controllo».

Il Gruppo sottolinea che la sofferenza per le perdite umane e la condanna della violenza sono rivolti indistintamente a israeliani e palestinesi. «Ma questo non può oscurare la profonda differenza tra le parti, e non solo nella macabra contabilità delle morti e delle devastazioni, decisamente più pesanti quelle a scapito della Palestina. La disparità più pervasiva, è che, occorre sempre ricordarlo, la Palestina è un paese sotto occupazione israeliana militare ed economica da decenni e che da troppo tempo, per troppi governi, per una troppo larga parte della popolazione di Israele, le/i palestinesi non sono persone cui riconoscere uguale dignità umana e uguali diritti di cittadinanza».

La nota prende come esempio la “Legge dello Stato-nazione”, approvata dalla Knesset il 18 luglio 2018, «che sancisce uno status di inferiorità dei cittadini/e palestinesi, mentre continua contraddittoriamente a pretendere che Israele sia uno stato “ebraico e democratico”. Se lo stato si proclama ebraico non può essere democratico, perché non si fonda sull’uguaglianza tra tutte/i le/i cittadine/i. Se si dichiara democratico non può essere ebraico, poiché una democrazia non istituisce privilegi sulla base dell’origine etnica». Una normativa che definisce Israele, nonostante la pretesa di unica democrazia del Medio Oriente, come «stato di apartheid».

Per tutte queste ragioni, il “Gruppo disarmo pace giustizia” nella Società della Cura promuove una serie di iniziative per la pace e la convivenza nella giustizia in Medio Oriente: manifestazioni e sit-in per il cessate il fuoco; campagne di boicottaggio, disinvestimenti, sanzioni (Bds), insieme alle centinaia di realtà in tutto il mondo che chiudono «ogni rapporto commerciale con aziende israeliane complici dell’Occupazione di territori palestinesi»; campagne di pressione «sulle istituzioni italiane ed europee perché agiscano per mettere fine, anche con sanzioni, alla politica coloniale di Israele e lo obblighino a rispettare il diritto internazionale».

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