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Allevamenti intensivi e deforestazione: una petizione al governo per fermare «l'industria dei virus»

Allevamenti intensivi e deforestazione: una petizione al governo per fermare «l'industria dei virus»

Sars, suina, aviaria e, oggi, coronavirus: una nuova petizione di Greenpeace accende i riflettori sulle giuste domande da porsi nel corso di una pandemia e sulle risposte della classe politica, che su queste urgenti questioni ancora latita. Nella petizione “Fermiamo l’industria dei virus”, Greenpeace sottolinea che «allevamenti intensivi, deforestazione e inquinamento sono gli ingranaggi del sistema di produzione industriale del nostro cibo, che devasta gli equilibri della natura» e, indirettamente, anche la nostra salute.

Gli allevamenti intensivi «sono l’ambiente ideale per il proliferare dei virus, compresi i coronavirus». La zoonosi, infezioni e malattie che dagli animali passano agli esseri umani, sono alla base di numerose malattie infettive emergenti. Ma questo il governo italiano e l’Ue non lo vogliono vedere, impegnati come sono ad affrontare le conseguenze della pandemia: «Continuano a investire milioni di fondi pubblici in allevamenti intensivi in Italia, e ad importare dal Sudamerica carne e soia destinata alla mangimistica».

C’è poi il dramma delle foreste che scompaiono (circa un’area vasta come un campo di calcio ogni due secondi) per lasciare il posto agli allevamenti e alle coltivazioni di mangimi per l’allevamento.

«E così – denuncia Greenpeace – un albero abbattuto e un incendio dopo l’altro, specie uniche e equilibri naturali rimasti inalterati per migliaia di anni rischiano di sparire per sempre», aumentando «il rischio di epidemie virali e il salto di specie (spillover)».

Intanto le piccole aziende agricole, che coltivano e allevano in modo sostenibile, non riescono a piazzarsi sul mercato e chiudono; «i fondi pubblici e la grande distribuzione premiano le aziende agricole di stampo intensivo e industriale, che così producono sempre più carne a basso costo, ma che ci servono sul piatto un futuro ad alto rischio».

«Non siamo superiori alle regole della natura», avverte la petizione: «Dal benessere animale e dalla protezione degli habitat naturali dipende la salute di tutti noi». Per questo l’organismo ambientalista chiede al governo italiano di «non destinare più fondi pubblici ad allevamenti intensivi»; «utilizzare i fondi pubblici per sostenere gli allevatori in una radicale transizione del sistema zootecnico intensivo, che porti a dimezzare il numero di animali allevati e a ridurre gli impatti ambientali dei metodi di allevamento»; indicare in etichetta il metodo di allevamento e garantire tracciabilità e trasparenza sull’intera filiera; «adottare politiche che promuovano diete principalmente a base vegetale, al fine di ridurre drasticamente (in Ue del 70% al 2030) la domanda di prodotti di origine animale»; «non destinare più fondi pubblici a campagne promozionali che incoraggino il consumo di prodotti di origine animale provenienti da allevamenti intensivi»; «evitare le importazioni di materie prime come la soia destinata alla mangimistica, la cui produzione intensiva è legata alla deforestazione e alla violazione dei diritti umani».

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