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Sciopero generale in India contro le leggi che strozzano agricoltura e agricoltori

Sciopero generale in India contro le leggi che strozzano agricoltura e agricoltori

Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 09/10/2021

40821 NUOVA DELHI-ADISTA. Tutta l’India è stata coinvolta, il 27 settembre, dalle ore 6 alle 16, in uno sciopero generale che ha bloccato circa 50 treni, come anche autostrade e strade statali. L’iniziativa, cui ha chiamato Samyukta Kisan Morcha (SKM, Fronte unitario di 40 organizzazioni sindacali di agricoltori), è stata realizzata in sostegno della pacifica lotta dei contadini indiani contro le tre leggi per la coltivazione e per il commercio agricolo (Farm laws) approvate dal governo Modi e imposte ai governi dei vari Stati della Confederazione, pur se in questo settore gli Stati godono di autonomia. La protesta, malgrado il 12 gennaio di quest’anno la Corte Suprema abbia sospeso l'attuazione di tre leggi agricole, andrà avanti, promettono i leader degli agricoltori, fino a quando esse non verranno abrogate. In dieci mesi, pare che la lotta dei contadini sia costata la vita già a 700 persone (non si hanno dati certi). Nelle ore dello sciopero, il Congresso ha esortato il primo ministro Narendra Modi a parlare con gli agricoltori in agitazione e ad ascoltare le loro legittime rimostranze piuttosto che dipingerli come nemici del Paese.

 Molti sono i giovani che si sono uniti alla lotta contro il governo, perché la protesta coinvolge contesti ben più ampi del solo settore agricolo. Spiegava l’agenzia di stampa internazionale Pressenza il 20 settembre: «La gente è stanca del continuo aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, in particolare del gas da cucina e della benzina/diesel, che fornisce enormi profitti alle grandi aziende e alle multinazionali e grandi introiti al governo, introiti sperperati nei condoni alle grandi aziende (…). L’aumento del controllo da parte del grande business (corporations) sul modello colturale e sui prezzi nei mercati, ma anche sulla fornitura di cibo sta minacciando i contadini, i quali subiscono il controllo delle sementi e dei costosi input (elettricità, acqua e fertilizzante)». Il controllo corporativo, oltre che sull’agricoltura, è anche «sull’industria, l’edilizia, il settore immobiliare, la salute, l’istruzione, i mercati al dettaglio» e «sta privando vasti settori dei loro mezzi di sostentamento».

«Le donne – informava in un servizio dell’8 febbraio scorso, a lotta già avviata, Vogue – stanno dimostrando una forte presenza nelle proteste. Il motivo è che spesso sono direttamente coinvolte nell’agricoltura, per la raccolta e lo stoccaggio dei prodotti (…). Di fatto, l’85 per cento delle donne che vivono in zone rurali sono impegnate nell’agricoltura, ma solo per il 13% sono proprietarie della terra».

L’agricoltura è un settore economico molto rilevante in India: coinvolge ben 700 milioni di persone (più del 60 per cento della popolazione), occupa la maggiore superficie di qualsiasi Paese al mondo, con circa 141 milioni di ettari, più della Cina, del Giappone e degli Stati Uniti, e produce circa il 17 per cento del PIL, dato peraltro in probabile diminuzione a causa della crisi climatica (l’aumento delle temperature, della siccità e degli uragani danneggia i raccolti e penalizza i contadini). Crisi che le nuove leggi non farebbero che aggravare, sostengono le organizzazioni contadine, penalizzando tutto il pianeta. A loro, già nello scorso febbraio, è andata la solidarietà di Greta Thunberg.

A vantaggio delle grandi imprese

Le tre leggi oggetto della protesta sono: quella sullo scambio e sul commercio dei prodotti agricoli, l’Accordo agricolo sui prezzi e sui servizi agricoli e la legge sui prodotti essenziali. Le conseguenze: «la perdita del diritto di decidere cosa coltivare, la perdita di ogni garanzia da parte del governo circa i prezzi minimi di sostegno (Msp) e la perdita totale del potere contrattuale», dice a Pressenza Ashish Mittal, segretario generale di All India Kisan Mazdoor Sabha (AIKMS), comitato di coordinamento di 32 organizzazioni agricole di vari Stati della Confederazione indiana. «Sono in ballo la questione della sicurezza alimentare per il popolo e i mezzi di sussistenza di chi coltiva. Quindi, abbiamo un doppio problema. Se cediamo tutti i nostri prodotti e processi agricoli alle grandi società, cosa succede a queste persone? Cosa succede all’agricoltura? Cosa succede al cibo?». Da questa congiuntura e da queste domande è nato il movimento di protesta che, a novembre 2020, ha indotto centinaia di migliaia di manifestanti a raggiungere la periferia di Delhi sfidando idranti, manganelli, gas lacrimogeni e blocchi, mentre il 26 gennaio scorso, in occasione della Festa della Repubblica, sono stati 400.000 trattori e un milione e mezzo di agricoltori a fare irruzione nella capitale.

«Le tre leggi – spiega Mittal – cambieranno il modello agricolo del Paese a scapito dei contadini indiani e peggioreranno le condizioni di vita nei villaggi. Sanciranno il controllo da parte del mondo del business e delle multinazionali su tutti i processi agricoli, determineranno, anzi, detteranno il tipo di derrate da coltivare, controlleranno le forniture di input, diesel, benzina, elettricità, semi, fertilizzanti, macchinari, venderanno tutti i servizi agricoli e l’agricoltore sarà costretto ad acquistarli. Alla fine gli stessi attori forti compreranno il raccolto sulla base delle proprie esigenze, abbassando il prezzo effettivo pagato ai contadini». «I grandi commercianti sono stati finora banditi da questi mercati», aggiunge, «ma con queste nuove leggi, tutto il business dell’acquisto dei raccolti sarà aperto attraverso i mandis (mercati) privati, con le loro piattaforme di e-trading».

«Il dibattito ruota – sintetizza Mittal – intorno a questo: l’agricoltura e gli agricoltori contro le multinazionali e le grandi aziende, interessate a controllare tutti i processi. I produttori agricoli sono già soggetti alle manovre dell’agribusiness, ma il controllo non è ancora interamente nelle mani di quest’ultimo. Ecco la vera sfida espressa nelle tre leggi, che il governo centrale impone agli Stati membri della Federazione indiana. L’agricoltura in India ricade nella competenza dei governi dei singoli Stati. Ma la madre delle tre leggi, il Contract Act, sancisce un’applicazione rigorosa delle sue disposizioni: i governi statali dovranno eseguire le direttive via via predisposte dal governo centrale».

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