Cristiani ed eutanasia
I radicali hanno avuto ed hanno il merito di porre un problema che rimaneva sopportato e nascosto come fatto esistenziale da una parte e sanitario dall’altra nel circuito delle famiglie coinvolte e negli ospedali o case di cura. Ma esso col tempo, anche se troppo lentamente, si è imposto. Non c’è quasi famiglia nel nostro paese che non si sia trovata di fronte a situazioni limite, a sofferenze estreme, dal malato di tumore, all’avanzare implacabile della SLA, agli esiti di incidenti stradali e via di questo passo. Queste situazioni si presentano diverse sia per le fattispeci sanitarie sia per le reazioni della coscienza del malato (e anche dei famigliari). Spesso ci troviamo di fronte a zone grigie difficili da affrontare con categorie rigide. Allora ci accorgiamo che le categorie del catechismo e dei docenti delle facoltà teologiche, le affermazioni sine glossa di documenti recenti della Chiesa, come quello congiunto delle religioni abramitiche (cattolici, islam ed ebrei) dell’ottobre del 2019, non bastano. L’ideologia della Vita da promuovere, sempre e comunque, presenta aspetti , in circostanze date, di vero e proprio materialismo concreto, per parlare chiaro. Soprattutto nei momenti supremi dovrebbero venire in soccorso parole di misericordia e di fraternità nei confronti di chi soffre e di chi cerca di ridurre le sue sofferenze. E la coscienza non può essere ignorata. Parole di ispirazione evangelica!
Marco Cappato, sul Manifesto di giovedì 11, chiede una discussione nella Chiesa cattolica, perché la probabile opinione dei cattolici praticanti sull’eutanasia sia conosciuta e non nascosta dai dictat della gerarchia. Questo dibattito nella Chiesa è ancora abbastanza zittito ma dovrà esplodere se si farà il referendum. Intanto ci sono le premesse perché la linea rigida non sia accettata al buio. Il teologo Hans Kung ha scritto parole chiarissime. Don Ettore Cannavera , citato da Cappato, non è che uno dei preti che hanno una posizione diversa da quella ufficiale . Molti di questi sono timidi nel pronunciarsi perché temono la pesantezza della gerarchia (come in casi precedenti, vedi Englaro ecc.. …). Le Chiese protestanti in Italia hanno scritto un documento, intitolato “È la fine, per me l’inizio della vita”, parole scritte dal teologo luterano Dietrich Bonhoeffer (poco prima di essere ucciso dai nazisti) che ha elaborato una innovativa teologia della responsabilità. Questa è particolarmente valida anche in relazione alla dimensione religiosa della morte. In condizioni senza rimedio, se la scelta della morte volontaria avviene nella fede in Dio, il credente e il medico non devono avere paura quando sia vissuta con fede, amore e senso di responsabilità, fondata nell’etica e regolata dalla legge.
Il movimento “Noi Siamo Chiesa” ha in stampa un libro che parla di eutanasia-buona morte, che riflette controcorrente e che chiede dialogo sulla complessità di tutte le situazioni del fine vita E’ un dialogo che finora non c’è stato e sarebbe incredibile che non si avviasse ora in cui la Chiesa italiana inizia ad essere coinvolta al proprio interno in un percorso sinodale che del dialogo ha fatto (a parole, speriamo nei fatti) la propria parole d’ordine. “Noi Siamo chiesa”, in sintesi, ha al centro della propria riflessione la volontà di soccorrere le sorelle ed i fratelli in condizioni esauste ma lucide davanti alla propria coscienza ed anche, per tanti, sotto lo guardo misericordioso e compassionevole del Dio che ci ha dato la vita e che ora ci indica come essa sia ormai finita. Sulla base di questa sensibilità il consenso al referendum è molto differente da quello dei suoi promotori la cui cultura individualista esasperata non è la nostra. L’eutanasia-buonamorte di ispirazione cristiana, di cui parliamo, vuole superare emozioni e resistenze psicologiche per una consapevole decisione di compiere così il proprio percorso terreno all’interno della propria fede e nell’attesa di un futuro prossimo di serenità e di gioia.
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