
Forze armate italiane pronte alla guerra in Mali
Abbiamo proprio deciso di farci del male. E tanto. Non poteva essere scelto un momento peggiore per rendere operativa al 100% la nuova missione militare italiana in Mali. Il paese del Sahel, duramente provato dal punto di vista politico, economico e sociale dai due golpe orchestrati nell’agosto 2020 e nel maggio 2021, è stato messo al bando da ECOWAS (la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale), perché l’uomo forte di Bamako, il colonnello Assimi Goïta, non mostra l’intenzione di favorire una reale transizione democratica. Il rinvio delle elezioni, inizialmente fissate per il mese febbraio, ha convinto l’organizzazione africana a chiudere le frontiere con il Mali e a minacciare ulteriori sanzioni, come la sospensione delle transazioni finanziarie e il congelamento dei beni statali nelle banche degli Stati membri.
Contro il governo del colonnello Goïta hanno fatto sentire la loro voce 14 paesi europei e il Canada, irritati per l’autorizzazione e il finanziamento di truppe mercenarie in territorio maliano. All’indice, in particolare, la nota società di contractor russa Wagner, vicina all’establishment di Putin, ma anche le forniture militari che Mosca ha appena inviato allo stato africano (pure quattro elicotteri da trasporto e combattimento Mi-171). Vanno ancora peggio le relazioni con la Francia: il presidente Emmanuel Macron ha accelerato il ritiro di una parte del contingente schierato nel Sahel (dei 5.000 militari a inizio 2021 ne resteranno 3.000 a fine 2023) e a fine 2021 sono state riconsegnate alle forze armate maliane le basi di Kidal, Tessalit e Timbuctu, utilizzate a partire dell’agosto 2014 nel’ambito della missione “anti-terrorismo” Barkhane.
Vanno via, in parte, i francesi per essere sostituiti dai più fedeli partner europei, Italia in testa, del tutto ignari del complicatissimo e pericolosissimo scenario geo-strategico in Sahel. Parigi chiedeva da anni alla UE la condivisione degli oneri militari e finanziari nell’Africa sub-sahariana. Così, nel gennaio del 2020 Macron ha lanciato la Task Force Takuba (Spada in lingua tuareg), missione multinazionale a guida francese, a cui hanno già aderito Italia, Belgio, Danimarca, Estonia, Germania, Grecia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Spagna e Svezia.
Evitando accuratamente ogni clamore, a fine 2021 ha conseguito la piena capacità operativa il distaccamento dell’Esercito italiano assegnato alla Task Force Takuba. Nella grande base di Manaka (regione di Gao, nel nord-est) sono stati schierati 200 militari delle forze speciali, due elicotteri da trasporto Boeing CH-47 “Chinook” e due elicotteri d’attacco AW-129 “Mangusta” di Agusta-Leonardo. “L’articolazione operativa sarà chiamata a fornire attività di consulenza, assistenza e mentorship alle forze armate maliane nella lotta al terrorismo fino a quando queste non saranno in grado di operare autonomamente”, riporta l’ufficio stampa del Ministero della difesa. “L’area di operazione è individuata ad est del fiume Niger, nella zona dei tre confini (Mali, Niger, Burkina Faso), chiamata Liptako-Gourma. La partecipazione nazionale in Mali - ed eventualmente in Niger e Burkina Faso - consentirà, tra l’altro, di valorizzare le capacità militari italiane di trasporto medico sanitario militare (MEDEVAC) a vantaggio sia delle locali forze di sicurezza sia dei principali stakeholder europei”.
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*Una moschea a Mali. Foto tratta da pxhere.com, immagine originale e licenza
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