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«Eticamente inaccettabile, politicamente sbagliato»: appello contro il riarmo italiano

«Eticamente inaccettabile, politicamente sbagliato»: appello contro il riarmo italiano

Tratto da: Adista Notizie n° 14 del 16/04/2022

41037 ROMA-ADISTA. «L’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, chiesto dalla NATO, votato pressoché all’unanimità dal Parlamento, confermato dal governo Draghi anche se confusamente spalmato in anni, è non soltanto eticamente inaccettabile, ma politicamente sbagliato». Parte dalla Toscana, dove – nel segno di Giorgio La Pira – si era tenuto a febbraio l'incontro dei vescovi e sindaci del Mediterraneo per la pace; e in concomitanza con il centenario (9 aprile) della nascita di un altro importante esponente del cattolicesimo sociale fiorentino, p. Ernesto Balducci, un appello contro il riarmo e l’aumento delle spese militari. Che ha anche molto il sapore della fronda all'interno del Pd.

A promuoverlo, infatti, tre ex presidenti Pd della Regione Toscana: Vannino Chiti, che è stato anche ministro e vicepresidente del Senato, Claudio Martini ed Enrico Rossi. Tra i dieci promotori dell’appello – che si può sottoscrivere su Change.org a questa pagina  – figura anche l’ex segretaria del Pd di Pistoia Daniela Belliti, che ha deciso di dimettersi dal partito in segno di protesta per le posizioni sulla guerra, a cominciare dal voto a favore dell’aumento delle spese militari. E del Pd, di cui fu presidente dal 2009 al 2013, è anche un altro nome di spicco nella lista dei firmatari presente dell’appello: Rosi Bindi, ex ministro della Sanità e della Famiglia, ex presidente della Commissione Antimafia.

Inoltre, a promuovere il testo anche l’imam di Firenze Izzedin Elzir, l’ex sindaco di Pisa Marco Filippeschi (sempre Pd), il gesuita messinese p. Felice Scalia, il presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) don Armando Zappolini, il direttore di Testimonianze Severino Saccardi, Walter Tocci, ex senatore Pd e vicesindaco di Roma, l’ex sindaco di Brescia Paolo Corsini, Silvana Amati, marchigiana, ex senatrice del Pd fino al 2018, Valerio Pelini, ex direttore generale della Regione Toscana, il sindacalista della Cgil Mirko Lami e l’esperto di flussi elettorali Antonio Floridia.

A sottoscrivere il testo sono stati molti esponenti del mondo religioso e dell’università di ogni parte d’Italia. Perché l’appello, partito dalla Toscana, è arrivato, nel momento in cui si scrive, a quasi 3.500 adesioni. «L’aumento delle spese militari – sostengono i firmatari dell’appello – non ha niente a che vedere con il diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione della Russia né con il nostro dovere di sostenerla: il collegamento strumentale che viene fatto per meglio far accettare la scelta di una crescita dei fondi per gli armamenti rischia anzi di determinare un indebolimento del sostegno popolare alla causa dell’Ucraina. Decisioni relative alle spese militari non possono essere prese sotto la pressione di emozioni del momento (come sta facendo l’Amministrazione Biden con un aumento del 4% della spesa militare nel budget per l’anno fiscale 2023, giustificato “per rispondere con forza all’aggressione di Putin contro l’Ucraina”) e soprattutto senza il coinvolgimento dei cittadini in un reale confronto pubblico. Gli Stati democratici hanno il dovere di garantire anche la nostra sicurezza collettiva, ma nel nostro tempo essa non si realizza attraverso una corsa nazionale al riarmo e occorre che non sia in contrasto rispetto alla necessità di assicurare beni pubblici primari, quali il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’ambiente, al superamento di povertà e disuguaglianze». L’obiettivo semmai «è realizzare forze militari europee, non incrementare spese nazionali, come in Italia o in Germania (in questo caso per la prima volta dal 1945). L’Unione Europea deve assumere la responsabilità sulla difesa, la sicurezza e la politica estera». Intanto – conclude l’appello – «si cambino le scelte sull’aumento delle spese militari, niente è ancora irreversibile, e si approvi il Trattato di proibizione delle armi nucleari».

*Immagine presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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