
Guerra e guerre: destinati a non avere un futuro? "Famiglia Cristiana" intervista il card. Parolin
Famiglia Cristiana pubblica, sul numero da domani in edicola, una esclusiva intervista al card. Pietro Parolin (Segretario di Stato vaticano) sulla guerra in Ucraina e sugli altri conflitti “dimenticati” nel mondo.
Il 2 ottobre scorso papa Francesco a lanciato un appello alla pace a Putin e a Zelensky, e ha chiesto ai leader delle nazioni di fare il possibile per far cessare i combattimenti. Il cardinale si augura che le parole del pontefice non cadano nel vuoto: l’escalation militare e la minaccia nucleare prospettano «scenari che fanno tremare le vene dei polsi: per favore, ascoltiamo l’appello del papa, che si fa voce di milioni di persone desiderose di pace. È questo ciò che il mondo aspetta!».
«Il papa guarda al futuro», dice Parolin, al mondo che vogliamo costruire per i nostri figli, e che non può essere un mondo in guerra. In tal senso, lo l’appello di Francesco a scongiurare catastrofi irreversibili è estremamente realista. «Solo “schemi di pace” possono garantire un futuro all’umanità», chiarisce infatti. «Se prevalgono gli interessi di parte, la violenza, la prevaricazione, le colonizzazioni economiche e ideologiche, la legge del più forte (cioè gli “schemi di guerra”) siamo destinati a non avere un futuro».
Per costruire la pace occorre forza di volontà e capacità di perdono, che innesca cambiamenti e passi concreti, afferma ancora Parolin. «Senza passi concreti da parte di tutti rischiamo di precipitare in una spirale senza ritorno, dalle conseguenze catastrofiche». In tal senso, i primo passo urgente, per arrivare alla pace, è il conseguimento di una tregua, accompagnata da fiducia, dialogo e negoziati.
Il Segretario di Stato invita poi a non dimenticare gli altri scenari di guerra (Siria, Yemen, Tigrai, Taiwan, Corea del Nord, ecc.), tessere di un mosaico – la «Terza guerra mondiale a pezzi» – che si sta drammaticamente ricomponendo: «Anche se alcuni conflitti sono meno pubblicizzati, non c’è conflitto meno doloroso di altri, come non c’è vita che valga meno».
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