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Oggi in Senato: “Ridurre le spese militari per affrontare i veri problemi globali

Oggi in Senato: “Ridurre le spese militari per affrontare i veri problemi globali"

Solo per farci un’idea delle misure, in chiusura dell’ultima Conferenza Onu sul Clima i Paesi si sono impegnati a stanziare 100 miliardi ogni anno per far fronte all’impatto del cambiamento climatico. Nel 2022, intanto, la spesa militare mondiale è arrivata alla cifra record di 2.240 miliardi di dollari (+127 miliardi rispetto al 2021). Se questi sono i rapporti in termini di investimenti degli Stai, quali sono le reali esigenze del pianeta?

«Questo aumento di fondi per armi ed eserciti non porta certo alla Pace», si legge in un comunicato stampa diramato da Greenpeace, Sbilanciamoci! E rete Italiana Pace e Disarmo in seguito all’incontro promosso oggi in Senato sul tema: “Ridurre le spese militari per affrontare i veri problemi globali: guerre, disuguaglianze, crisi climatica. Dati e proposte della società civile”.

Più armi non significano dunque più pace e sicurezza, affermano le tre organizzazioni, anzi: «Nonostante un quasi raddoppio della spesa militare globale in questo secolo secondo il Global Peace Index negli ultimi 15 anni il mondo è diventato meno pacifico, con un aumento dei conflitti del 14% e un crollo del tasso di sicurezza del 5,4%. I dati dell'Uppsala Conflict Data Program hanno registrato almeno 237.000 persone morte a causa della violenza organizzata nel 2022, un dato che rappresenta un aumento del 97% rispetto all'anno precedente e segna il più alto numero di morti dal genocidio del Ruanda nel 1994. E con un numero totale di conflitti mai così alto: più armi, evidentemente, non ci rendono più sicuri».

Con lo sguardo puntato sul vertice NATO di Vilnius, le tre organizzazioni promotrici dell’evento in Senato chiedono lo «spostamento delle risorse attualmente destinate all’ambito militare verso impieghi di natura civile più urgenti, utili ed efficaci», come la lotta al cambiamento climatico. «Nonostante i Governi continuino a ripetere che sono spese utili per la difesa, alla fine le spese militari ci renderanno indifesi di fronte alla minaccia esistenziale rappresentata dalla crisi climatica». Secondo Francesco Vignarca della Rete Italiana Pace e Disarmo, gli stessi fondi «spesi per militarizzare un mondo già troppo militarizzato» potrebbero invece essere investiti «per promuovere la trasformazione pacifica dei conflitti, il disarmo e le iniziative di giustizia globale».

Invece di innalzare del 2% del PIL la spesa militare, bisognerebbe tagliarla del 20%, ha detto anche il portavoce di Sbilanciamoci Giulio Marcon. «Sosteniamo tutte le iniziative che vadano nella direzione della riconversione dell’industria militare verso produzioni civili e il totale rispetto della Legge 185 sul commercio di armamenti verso altri Paesi. Vanno rafforzati gli investimenti e gli stanziamenti per il servizio civile e i corpi civili di pace ed è necessaria l’approvazione, con adeguati finanziamenti, della legge per la difesa civile e nonviolenta, tutti strumenti volti a dare sostanza all’idea dell’adempimento degli articoli 52 e 11 della Costituzione nella direzione del rifiuto della guerra e dell’adempimento del dovere di difesa della patria attraverso metodi nonviolenti».

In Senato, anche la proposta di tassare gli extraprofitti dell’industria militare, accresciuti notevolmente grazie anche alla guerra in Ucraina, così come proposto in passato per il settore energetico: «Di fronte alle entrate record delle aziende energetiche il governo italiano ha deciso di tassare gli extra profitti delle aziende fossili, la richiesta ora è quella che siano tassati al 100% anche gli utili extra delle aziende della Difesa, perché nessuno possa beneficiare delle stragi di civili e di militari», ha affermato Sofia Basso (research campaigner di Greenpeace Italia). Parte della spesa militare italiana, si è detto all’incontro, è destinata alle missioni all’estero, il 64% delle quali con precise regole di ingaggio a tutela delle infrastrutture per l’estrazione e il trasporto di gas e petrolio (v. Adista online). «Un impegno militare ed economico importante, deliberato anno dopo anno, senza un vero dibattito pubblico sugli interessi nazionali che il nostro Paese è chiamato a difendere. Greenpeace Italia ha chiesto dunque a Governo e Parlamento di smettere di proteggere militarmente asset e interessi dei principali responsabili della crisi climatica, una proposta appoggiata anche da Rete Italiana Pace Disarmo e Sbilanciamoci».

In chiusura, le tre organizzazioni hanno rilanciato le richieste formulate dalla Campagna GCOMS ai governi di tutto il mondo: «1) Cambiare rotta e concentrarsi su tagli rapidi e profondi alle spese militari, che alimentano la corsa agli armamenti e la guerra; 2) Smilitarizzare le politiche pubbliche, comprese quelle destinate ad affrontare la crisi climatica; 3) Attuare politiche incentrate sull’umanità e sulla sicurezza comune, che proteggano le persone e il pianeta e non l’agenda del profitto delle industrie delle armi e dei combustibili fossili; 4) Creare strutture di governance e alleanze basate sulla fiducia e la comprensione reciproca, sulla cooperazione e sulla vera diplomazia, in cui i conflitti vengono risolti attraverso il dialogo e non con la guerra».

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