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Verona: il papa incontra i movimenti popolari italiani per ribadire il no alla guerra

Verona: il papa incontra i movimenti popolari italiani per ribadire il no alla guerra

Tratto da: Adista Notizie n° 20 del 01/06/2024

41870 ROMA-ADISTA. C’è un aspetto mediatico nell’incontro di papa Francesco coi movimenti popolari italiani del 19 maggio scorso a Verona (v. articolo sul numero di Adista Segni nuovi allegato) che ricorda certe kermesse che tanto piacevano a papa Wojtyla. Con tutto il seguito di contraddizioni di allora e di oggi, in cui sacro e profano si mischiano: ieri – il congresso eucaristico di Bologna del 1997 – con Giovanni Paolo II che ascoltava Bob Dylan cantare l’iconica “Knocking on Heaven’s door”; oggi – all’Arena di Verona – con l’immagine di Francesco, che ha fatto il giro del web, che guarda perplesso l’orologio durante l’esibizione del rocker italiano Ligabue. Ma al di là di questi aspetti, che rimandano a una Chiesa ormai decisamente omologata a una dimensione “pop” cui è (forse) ormai impossibile sottrarsi, la strategia di Francesco, replicata e amplificata nell’evento allo Stadio Olimpico di Roma il 26 maggio con i bambini (e con Benigni – quello di “wojtylaccio” e il “Pap’occhio” chiamato a fare un monologo di fronte al pontefice), è quella di cercare di veicolare attraverso questi grandi raduni alcuni contenuti sociali e messaggi politici, specie legati al tema della giustizia, della pace e del disarmo.

Insomma, mentre Wojtyla voleva presentare il volto di una Chiesa trionfante, in grado di essere egemone anche sui media e nella cultura laica e secolarizzata, Francesco prova attraverso questi grandi bagni di folla a misurare la forza e il radicamento che la Chiesa può ancora mostrare su temi che in modo inedito la vedono ormai molto distante sia dai governi che da una parte dell’opinione pubblica occidentale. La guerra in Ucraina e a Gaza ne sono stati esempi particolarmente dirompenti, come già in precedenza il tema dei migranti. Insomma, la voce del papa, ignorata o addirittura contestata quando si esprime nei luoghi istituzionali, viene amplificata negli stadi e nelle piazze dove le realtà ecclesiali e i fedeli vengono convocati per dargli quel sostegno che altrove ormai manca.

A Verona il 18 maggio, in occasione dell’“Arena di Pace 2024”, Amadeus presentava l’evento finale di un lungo processo di approfondimento, dialogo e confronto di numerose realtà ecclesiali su “Migrazioni”, “Ecologia integrale e stili di vita”, “Lavoro, economia e finanza”, “Diritti e democrazia”, “Disarmo”. Non proprio una effimera ribalta in cui far sfilare il papa a favore di telecamere, insomma. Piuttosto, la rappresentazione di una Chiesa che cerca di mantenere salde le posizioni su temi ormai divenuti marginali nel dibattito politico e nella prassi contemporanea.

E il 18 non c’è stata del resto solo l’Arena. Decollato dall’eliporto del Vaticano, Bergoglio di buon mattino è atterrato nel piazzale adiacente allo Stadio Bentegodi per il saluto delle autorità. Tra loro il sindaco di Verona, Damiano Tommasi, ex calciatore della Roma di formazione cattolico-sociale, divenuto sindaco della sua città di origine con il sostegno di un ampio cartello progressista. Di lì il papa è partito in auto alla volta della Basilica di San Zeno, dove ha incontrato preti e consacrati e in piazza bambini e ragazzi. Quindi il trasferimento all’Arena per presiedere l’Incontro "Arena di Pace-Giustizia e Pace si baceranno". E lì ci sono stati due momenti iconici: il primo, quando il papa ha ricevuto la bandiera della pace dal missionario comboniano padre Alex Zanotelli, a manfestare la vicinanza del papa con uno dei più significativi riferimenti della Chiesa progressista impegnata sui temi della giustizia sociale e della pace. L’altro quando il papa ha stretto in un unico abbraccio l’israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas il 7 ottobre, e il palestinese Aziz Sarah, al quale l’esercito israeliano ha ucciso il fratello. Due vittime divenute amiche, che il papa ha chiamato “fratelli”.

«La pace non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri», ha detto papa Francesco al termine dell’incontro all’Arena di Verona. «Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato», ha aggiunto citando San Paolo: «Non seminiamo morte, distruzione, paura. Seminiamo speranza! È quello che state facendo anche voi, in questa Arena di Pace. Non smettete. Non scoraggiatevi. Non diventate spettatori della guerra cosiddetta “inevitabile”. Come diceva il vescovo Tonino Bello: “In piedi, costruttori di pace!”».

L’intervento del papa è stato tutto segnato dal no alla guerra e all’individualismo e dal sì alla comunità che costruisce relazioni di pace: «Sono sempre più convinto che il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. È soprattutto nelle mani dei popoli. Voi, però, tessitrici e tessitori di dialogo in Terra Santa, chiedete ai leader mondiali di ascoltare la vostra voce, di coinvolgervi nei processi negoziali, perché gli accordi nascano dalla realtà e non da ideologie. La pace si fa con i piedi, le mani e gli occhi dei popoli coinvolti».

Dopo l’Arena, il papa ha raggiunto la Casa Circondariale di Montorio, per un incontro con i detenuti, gli agenti di Polizia Penitenziaria, gli operatori e volontari del carcere. «Conosciamo la situazione delle carceri, spesso sovraffollate, con conseguenti tensioni e fatiche. Per questo voglio dirvi che vi sono vicino, e rinnovo l'appello, specialmente a quanti possono agire in questo ambito, affinché si continui a lavorare per il miglioramento della vita carceraria», ha detto il papa, che con i detenuti ha anche pranzato (la scelta del papa è stat infatti quella di dedicare al carcere il tempo più lungo fra i vari impegni della visita a Verona, suscitando commozione tra i quasi 600 detenuti presenti nella struttura, provenienti da 40 Paesi), per poi recarsi in auto allo stadio per la messa di Pentecoste coi giovani. 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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