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"Cari fratelli e sorelle lgbt+, vi chiediamo perdono a nome della Chiesa cattolica»

ROMA-ADISTA, «Care sorelle, cari fratelli LGBT+, dopo le parole che sarebbero state pronunciate dal papa alla presenza dei vescovi italiani, nel discorso in cui confermava il suo no alla possibilità di accesso ai seminari da parte di persone omosessuali, perché "C’è già troppa frociaggine nei seminari", siamo qui a scrivervi per chiedervi perdono a nome della Chiesa». Cominci così la lettera aperta di una Rete che raccoglie più realtà della Chiesa cattolica italiana che hanno iniziato un cammino comune in occasione del Sinodo (Cammini di speranza, Cipax - Centro interconfessionale per la Pace, Comunità cristiane di base, Coordinamento 9 marzo – Milano, Donne per la Chiesa, Il Faro, Il Gibbo, Noi siamo Chiesa, Noi siamo il cambiamento, Ordine della sororità, Per una Chiesa diversa, Ponti da costruire, Pretioperai, Progetto adulti cristiani LGBT+, Progetto giovani cristiani LGBT+, 3VolteGenitori).

«Parole violente, che arrivano come pietre a provocare ferite profonde e a sdoganare nella Chiesa espressioni volgari nei confronti delle persone LGBT+», si legge nella lettera. «Se il Papa si è scusato per quelle parole, rimangono le porte chiuse dei seminari per le persone omosessuali, almeno per quelle che dichiarano di esserlo, che sono poi quelle ad avere maggiore consapevolezza di sé e quindi anche della propria scelta. L'orientamento sessuale di per sé, etero o omosessuale che sia, non da nessuna indicazione per stabilire se un ragazzo potrà essere o no un bravo prete, è il modo di vivere il proprio orientamento sessuale, o come si è costretti a viverlo che cambia le cose.

Ci sono ragazzi che entrano in seminario e non dichiarano la propria omosessualità, perché si vergognano di dirla anche a sé stessi, sono i più fragili, schiacciati da pesi insostenibili posti dalla Chiesa sulle loro spalle, umiliati, sporcati nella loro sessualità, che spesso vivono il seminario come un rifugio, una prospettiva per la loro vita, segnata dall’impossibilità di un amore e di formarsi una famiglia.

Prima di invitarli a togliere il disturbo, dovremmo trovare il coraggio di riconoscere il peccato di cui ci siamo macchiati nei confronti di tutte le persone LGBT+, un peccato che da secoli si perpetua nella Chiesa, e di questo dovremmo chiedere perdono a loro e a Dio.

La profonda amarezza che hanno suscitato in noi quelle parole non ci impedisce di capire che la sollecitudine con cui alcuni vescovi hanno voluto riportare le parole pronunciate dal Papa in una riunione a porte chiuse non era certo mossa dall’amore verso chi era stato offeso né dalla volontà di sostenere la questione LGBT+. Serviva invece a colpire il Papa alle spalle e screditarlo anche agli occhi di coloro che hanno visto nel suo pontificato una novità che ha acceso speranze nel cuore di tanti e tante. Con lui ci siamo sentiti colpiti tutte e tutti noi, profondamente feriti anche nel cammino sinodale di ascolto profondo vicendevole in cui abbiamo raccontato le nostre vite. “Tra voi non sarà così”… E le parole di Gesù rimangono inascoltate e ancora una volta calpestate. Tutto purché nulla nella Chiesa possa cambiare. Giochi vergognosi che ci procurano indignazione e sgomento: una spinta ulteriore per chi dalla Chiesa vuole prendere le distanze, una conferma per chi l’ha già fatto. Piena comprensione e profondo rispetto per tutti loro, la nostra scelta è però di rimanerci in questa Chiesa.

Rimaniamo perché è qui che abbiamo incontrato compagne e compagni di viaggio con cui abbiamo scoperto quel Dio che "rovescia i potenti dai loro troni e gli umili innalza", che si schiera dalla parte degli emarginati e delle emarginate senza se e senza ma, che capovolge le gerarchie. È da lui che ci viene l'autorità per chiedere perdono a nome della Chiesa.

Rimaniamo perché la fede la sappiamo vivere solo all'interno di un popolo in cammino, da soli ci perderemmo.

Rimaniamo per non lasciare soli i fratelli e le sorelle LGBT+ che, nonostante tutto, vogliono

seguitare il loro cammino di fede nella Chiesa.

Rimaniamo per tutte le persone LGBT+ che si sono sentite messe alla porta o che hanno deciso di andarsene cercando altrove un'aria più respirabile. Anche per loro restiamo con l'impegno di spingere per cambiare le cose dal di dentro, perché ciò che succede nella Chiesa non rimane confinato tra le sue mura, influenza quello che succede nella società, e in modo significativo, soprattutto in un paese come l'Italia.

A tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle omosessuali, bisessuali, transgender, non binari, a tutte e tutti coloro che sono ingiustamente marginalizzati, qualunque sia la scelta che hanno fatto, vogliamo che arrivi la nostra vicinanza.

Siamo con voi perché nessuno si senta solo, con voi a condividere i momenti di felicità e di speranza e quelli di angoscia e di paura, i momenti di buio e quelli di luce, a condividere insulti e umiliazioni, siamo con voi nei vostri cammini e nelle vostre lotte».

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