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I giochi aperti della Francia “insoumise”

I giochi aperti della Francia “insoumise”

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 27 del 20/07/2024

Quale governo inaugurerà i giochi olimpici che inizieranno a Parigi il 26 luglio prossimo con una sfilata di battelli sulla Senna con a bordo le squadre nazionali? Probabilmente un governo dimissionario, quello di Gabriel Attal, mentre proseguiranno gli incontri ed i negoziati alla luce dei risultati del secondo turno delle elezioni legislative del 7 luglio. Una cosa è certa, Giove, come Emmanuel Macron si è autodefinito nel suo ruolo di presidente, dovrà scendere dall’Olimpo e fare i conti con una Francia che gli ha voltato le spalle. «Ora e sempre… desistenza!», questa è stata la parola d’ordine di un composito front républicain che ha dato i suoi frutti ma che certo non ha delineato un vero progetto politico.

A sorpresa il Nouveau Front Populaire (Nfp) è risultato primo con 195 deputati, conteggiando anche gli indipendenti di sinistra, di fronte al campo macroniano che passa dai 250 parlamentari del 2022 ai 168 attuali (erano 351 nel 2017). La coalizione centrista deve comunque un centinaio di eletti alle desistenze dei candidati della sinistra. Il Rassemblement national (Rn) pur crescendo da 89 a 143 deputati, non raggiunge né la maggioranza assoluta (289 seggi) né quella relativa. I Républicains (Lr), malgrado la scissione da destra di Éric Ciotti, salvano il mobilio con 56 eletti mentre ne avevano 61 prima della dissoluzione dell’Assemblea. Tutto merito delle desistenze, della disciplina repubblicana delle forze di sinistra, molto meno della coerenza dei macroniani e dei gollisti. Nessuno schieramento ha la maggioranza assoluta. Ritorna centrale il ruolo dell’Assemblea Nazionale ancor più legittimata da una partecipazione record alle elezioni del 66,7%, mezzo punto in più rispetto al primo turno e una ventina rispetto al 2022. Adesso comincia il difficile avendo presente due tappe: una possibile, per nuove elezioni legislative che si potranno tenere solo fra un anno, l’altra sicura, la madre di tutte le battaglie, l’elezione presidenziale del 2027. Queste scadenze spiegano in larga misura tutte le mosse sullo scacchiere politico. Il Rn si lecca le ferite ma rimane molto forte, punta tutto sull’instabilità politica e sul bersaglio grosso: Marine Le Pen all’Eliseo. Il suo risultato ha patito decine di candidature improponibili, apertamente razziste, islamofobiche, antisemite, le dichiarazioni contro i bi-nazionali (3,5 milioni in Francia) e l’impreparazione palese dei suoi quadri dirigenti dietro la bella presenza del suo candidato a premier, il ventottenne Jordan Bardella. Denunciando il «patto indegno» e «il partito unico dai gollisti ai trotskisti» (si, anche quest’ultimi hanno aderito al Nfp) che ha scippato loro la vittoria, continueranno a dare voce, se la sinistra non riuscirà a tornare tra questi ceti popolari, alla Francia degli invisibili, degli impoveriti, dei dimenticati dalla globalizzazione che si sentono da decenni disprezzati, marginalizzati e che odiano i “parigini”: deindustrializzazione, crisi del piccolo commercio e dell’artigianato, agricoltori in rivolta contro le politiche green declinate con modalità antisociali, aumento delle tasse sui carburanti fossili mentre si toglie l’imposta sui patrimoni finanziari. Sono gli eredi dei gilets jaunes ai quali non sono state date vere risposte, mentre i servizi pubblici a partire dalla sanità hanno abbandonato i territori rurali e la Francia minore delle piccole città dove vivono milioni di persone.

Il popolo dei borghi e quello delle torri

Il tentativo palese dei macronisti è quello di agglomerare una maggioranza sia pure relativa intorno ad Ensemble!, la coalizione che elesse Macron all’Eliseo e vuole negoziare con la sinistra non insoumise un accordo di governo. La gauche soddisfatta di questo risultato inatteso per ora tiene: da Jean-Luc Mélenchon à François Hollande passando per Olivier Faure, segretario del Partito socialista e Marine Tondelier, presidente dei verdi, tutti ribadiscono il grande valore dell’unità raggiunta e mettono in primo piano il programma del Nfp. Mélenchon ha chiesto a Macron di affidare l’incarico di costituire il governo a un esponente del Fronte per formare un esecutivo che attui i punti principali delle loro proposte: da subito pensione di nuovo a 62 anni, aumento del salario minimo a 1.600 euro netti al mese, blocco di alcuni prezzi di beni di consumo e delle tariffe di gas e luce, ampia riforma per ovviare ai deserti sanitari della Francia rurale e periurbana, ripristino della tassazione sulle ricchezze finanziarie, rispetto dei diritti delle donne e degli immigranti e così via. Come che sia il Front populaire si è impegnato ad indicare in settimana un nome per l’incarico da primo ministro.

Il Nfp ha incrementato i suoi voti passando dai 138 seggi della Nupes (Nouvelle union populaire écologique et sociale) ai 182 eletti del Nfp ai quali vanno aggiunti altri 13 deputati orientati a sinistra. Ma i rapporti di forza si sono riequilibrati perché Lfi rimane sostanzialmente stabile, i socialisti eleggono 59 parlamentari (il doppio anche a causa della desistenza selettiva dei candidati di centro e di destra che ha penalizzato Lfi), i verdi 28 e i comunisti solo 9. Risalta anche dai risultati riportati dalla sinistra la sua non insufficiente attenzione alla Francia che vive fuori dalle grandi città e dalle periferie urbane. Sarebbe un grave errore per la gauche contrapporre i ceti popolari delle banlieue ai perdenti della globalizzazione. Come dice il deputato François Ruffin: «Dobbiamo unire gli abitanti dei borghi e quelli delle torri» (le case di edilizia popolare delle banlieue). Va decostruito il blocco sociale del Rn per costruire una nuova maggioranza di sinistra stabile che superi alcune fragilità di un’alleanza in parte solo elettorale. C’è comunque da considerare che dopo il fallimento dei socialisti e in particolare della presidenza di François Hollande, la sinistra sarebbe sparita nelle elezioni del 2022 se Mélenchon non l’avesse salvata proponendo la Nupes che consentì a tutti i partiti della gauche di ottenere una rappresentanza parlamentare. Ora ha ripetuto l’operazione salvataggio con la proposta del Front populaire. La visione di Mélenchon è quella di una “Nuova Francia” creola e multietnica, «il cui cuore siano i quartieri popolari dove vive la maggioranza dei suoi giovani che sono la parte più importante della società. Gli altri vogliono dividere i francesi, noi vogliamo unirli».

Mentre Parigi viene addobbata per celebrare in pompa magna la festa dello sport, difficilmente la sola fiamma olimpica darà conforto a un Paese così lacerato.

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