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Gesuita nicaraguense:

Gesuita nicaraguense: "Ortega e Murillo finiranno male"

In Nicaragua, fra le tante vittime del governo di Ortega e Murillo c’è l'Università Centroamericana (UCA), chiusa un anno fa e confiscata dei suoi beni. Una grave perdita per il Paese secondo p. José María Tojeira, portavoce della Compagnia di Gesù per il Nicaragua: «Era una buona università, un’università che faceva ricerca, un’università con criteri propri che educava alla critica, alla democrazia, al rispetto dell’altro, è andata perduta, e certamente sopprimere un’istituzione di quello stile danneggia il Paese».

Tojeira ha rilasciato una lunga intervista alla trasmissione “Esta semana” andata in onda il 18 agosto sul canale You Tube di Confidencial. Nei locali della UCA confiscata, aggiunge, il governo ha creato un'università statale, Casimiro Sotelo, ma ci ha guadagnato il rifiuto di molte persone», perché «è un’università che assomiglia più a un centro di indottrinamento che a un’università. Un'università, dice il suo nome, è qualcosa di aperto all'universale. Casimiro Sotelo è qualcosa di chiuso al particolare, cioè chiuso alla volontà suprema di Ortega e Murillo, soggetti a una dittatura. Le dittature pensano sempre di vincere quando hanno un maggiore controllo sulle istituzioni, ma io credo che sia il contrario. Più controllano le istituzioni, più danneggiano se stessi, perché le dittature prima o poi scoppiano e credo che questo sia ciò che sta per accadere in Nicaragua».

P. Tojeira manifesta tutto il dispiacere per la soppressione della UCA: «A noi gesuiti ha colpito, perché è evidente che ci si entusiasma per un tipo di lavoro, con un servizio, legato all'affetto di tante persone che sono passate per le aule. Anche persone che lavorano con il regime di Ortega e Murillo stesso. Cioè persone strettamente legate al Paese e quindi si tratta di avviare una sorta di legame profondo, affettuoso con un Paese. E questo ci fa male, perché il Nicaragua era un Paese molto amato da tutti. Si parlava sempre del carattere nicaraguense, così felice, così vicino, così solidale e lo sentivamo tutti, anche se non avevamo vissuto in Nicaragua. In un certo senso, questo ci ha frustrato nel nostro rapporto con un paese così buono e con persone così buone. È doloroso, ma credo che la perdita più grande sia per tutto il Paese che vuole democrazia, che vuole pace, e credo che noi siamo stati operatori di pace e di servizio della conoscenza e dell'Università».

Adesso comunque, aggiunge il gesuita, «ho più speranza in un cambio di regime. Lasciamo che questo regime cerchi di uscire da questa terribile situazione in un modo dignitoso, in cui il paziente non lo sopporterà a lungo termine. Ho la sensazione che finiranno male. Vorrei che finisse bene, ma li vedo così duri e così aggressivi che mi è difficile pensare che andrà a finire bene. Ricordo come uscirono (Nicolae) Ceaușescu e sua moglie (Elena Ceaușescu). Alla fine nessuno li ha difesi, nemmeno il proprio Esercito, e nemmeno la propria Polizia».

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