L’umano è lo spazio da abitare. L'82mo corso di studi cristiani della Cittadella di Assisi
ASSISI (PG)-ADISTA. Con uno sguardo che parte dal proprio vissuto, Gianni Geraci (già portavoce del Coordinamento gruppi omosessuali cristiani in Italia), ha aperto la terza giornata dell’82esimo Corso di studi della Pro Civitate Christiana di Assisi dal titolo “Cum tucte le tue creature. Natura e contra natura”. Geraci, con il tema “Né natura, né contro natura”, ha evidenziato alcuni elementi della creazione presente nel libro della Genesi, dove l’uomo viene invitato a «soggiogare» la terra e a generare vita per sé e al di fuori di sé, perché nessuno rimanga solo, per questo nessuno deve sentirsi tagliato fuori dalla vita e nessuno è autorizzato a sentirsi sbagliato. Sant’Ambrogio commentando il racconto della creazione dice «Dio creò il cielo e non leggo che si sia riposato, creò la terra e non leggo che si sia riposato, creò il sole la luna e le stelle e non leggo nemmeno allora che si sia riposato, ma vedo che ha creato l’uomo e a questo punto si è riposato, perché aveva finalmente creato un essere a cui rimettere i peccati e a cui usare misericordia».
Il maschile alla prova con Simona Segoloni (vice-presidente del Coordinamento teologhe italiane) è stato il secondo contributo della giornata. Tra i significati che si attribuiscono al maschile troviamo quello che si usa spesso in posizione di dominio (o di potere), mentre il femminile in posizione di dominato. Il “maschile” è da ripensare e da liberare da schemi sociali di dominio non solo quelli sulle donne ma anche fra etnie, fra le classi, tra nazioni, tra esseri umani e ambienti. Il Vangelo ha spezzato tutte le logiche di dominio, possibile solo se impariamo la compassione e assumiamo il concetto della vulnerabilità che ci apre all’intreccio dei legami, disposti a prendersi cura dell’altro e per questo di sé. Nel Vangelo troviamo un antidoto efficace contro qualsiasi orgoglio tossico, di potere e di dominio. Lo stesso Gesù si sottrae a qualsiasi posizione di dominio facendosi fragile e vulnerabile per essere cura e fratello di viaggio.
Nel pomeriggio mons. Francesco Savino (vescovo di Cassano allo Jonio e vice-presidente della Cei) è intervenuto sul “fare spazio”: il senso e la pratica della speranza. Emilia Palladino (sociologa, teologa, docente alla Pontificia Università Gregoriana) ha aperto uno spazio di ascolto e dialogo in cui la ricerca delle ragioni della nostra speranza hanno animato questo momento. «Dinanzi al male del/nel mondo, spesso si resta muti. Il male intorpidisce e spesso inchioda al silenzio sia chi vi assiste, sia chi lo subisce. L’annuncio di speranza non va confinato nei nostri recinti sacri, ma va portato a tutti. Perché tutti hanno bisogno di essere rincuorati […]. Per questo essere annunciatori di vita in tempo di morte!»
Palladino indica nella pratica percorsi possibili per continuare a sperare, soprattutto nelle narrazioni drammatiche della nostra quotidianità. È il vegliare nella notte, dove l’attesa si gonfia e si fa vita che ci anticipa. La “Veglia” si fa accompagnamento, lo stare vicino, è condividere spazi, tempi e situazioni, con
relazioni più o meno solide, accompagnamento che si fa solidarietà nel cammino facendosi cura. È fondamentale allora “riconoscere” la certezza della vita che rifiorisce. Accompagnare, riconoscere e curare, sono allora tre compagni di viaggio per vivere la speranza come storia che continua a narrarsi con la vita di donne e uomini coraggiosi.
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