Se non è il Vangelo a guidare i vescovi
Tratto da: Adista Documenti n° 35 del 12/10/2024
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Le devastanti conseguenze dell'abuso per le vittime
L'abuso causa sofferenze incommensurabili alle vittime e infligge gravi danni alla loro vita.
Non si tratta solo del dolore che la vittima sperimenta a causa del trauma, ma anche delle innumerevoli conseguenze che, a seconda del tipo di abuso, possono influenzare diversi aspetti della vita. In ogni caso, viene inflitto un grave danno alla vita della vittima, che da quel momento deve affrontare la quotidianità con notevoli limitazioni, compromissioni e fardelli. Gli anni successivi all'abuso si sviluppano in modo diverso da come sarebbero stati senza l'abuso, ovvero con una qualità di vita ridotta.
Come conseguenza dell'abuso, i sensi di allarme si attenuano e le difese si indeboliscono, rendendo difficile affrontare adeguatamente le sfide della vita. Questo può far sì che la vittima cada nuovamente in trappole simili, di nuovo sfruttata in qualche modo e trasformandosi ancora una volta in vittima.
Le limitazioni si ripercuotono anche sulla vita lavorativa, portando la vittima a svolgere un lavoro sottoqualificato. Molte vittime di abusi non riescono affatto a trovare una stabilità professionale e devono dipendere per tutta la vita dal sostegno statale, subendo così un grande danno finanziario. Inoltre, si presentano costi aggiuntivi che non sarebbero stati sostenuti senza l'abuso, come ad esempio terapie, ecc.
L'abuso, quindi, comporta una serie di conseguenze negative, e la vittima affronta un percorso di sofferenza che dura per tutta la vita. Dall'esterno non si può immaginare il dolore psicologico che una vittima di abuso deve sopportare.
Tutto ciò va tenuto in considerazione quando si affronta la questione dell'elaborazione degli abusi. Se sono perpetrati da un religioso, le conseguenze devastanti si ripercuotono anche sulla fede e sulla vita spirituale. Il sacerdote è un mediatore tra Dio e l'uomo, impartisce i sacramenti e distribuisce così la grazia di Dio. Con l'abuso si rompe il rapporto di fiducia con i servitori di Dio. Come può un'anima aprirsi fiduciosa in confessione davanti a un sacerdote se prima è stata profondamente traumatizzata da uno di loro?
L'abuso erige un ostacolo nell'anima della vittima, rendendo difficile ricevere la grazia necessaria per la salvezza, se questa non diventa addirittura inaccessibile. La vita spirituale e la fede subiscono gravi danni, e anche la fede può persino esserne completamente distrutta.
La fede in Gesù Cristo è il bene più prezioso che esista su questa terra, poiché è il biglietto d'ingresso alla beatitudine eterna presso Dio. Gesù è l'unica porta che conduce al Padre. Gv 10,9: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo». Chi non ha questa fede e non passa attraverso questa porta dovrà trascorrere l'eternità lontano da Dio. Se quindi una persona perde completamente la fede a causa dell'abuso, il sacerdote non le ha solo rovinato la vita terrena, ma le ha anche tolto la vita eterna, privandola della beatitudine presso Dio. L'abusatore diventa un assassino di anime!
Gesù stesso ha mostrato questa tragica verità. Mt 23,13: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci».
Questo vale anche per i cattivi sacerdoti della Chiesa: nemmeno loro entrano nel Regno dei cieli, perché violano la legge di Dio; e impediscono agli altri di entrarvi, distruggendo nelle anime la fede con il loro comportamento.
Si può affermare che ogni ingiustizia commessa da un chierico è sempre un attacco alla fede. Più grave è l'ingiustizia, più grande è l'attacco alla fede della vittima e di tutti coloro che ne vengono a conoscenza. Non sorprende che le persone abbandonino in massa la Chiesa: i casi di abuso e il trattamento inadeguato delle vittime da parte dei responsabili distruggono la fede della gente, spingendola a lasciare la Chiesa.
(nella foto sopra, Peter Gehring nel giorno in cui ha ricevuto il Lettorato, 5 febbraio 1995. Questo genere di foto, scattate dal superiore, veniva mostrato durante occasioni pubbliche ai potenziali donatori della comunità) |
Qual è il modo giusto di trattare con le vittime di abusi?
Una semplice richiesta di scuse non basta. Una richiesta sincera include anche la disponibilità a risarcire il danno causato. Se manca questa volontà, chiedere scusa è solo una dichiarazione vuota. Alle vittime deve essere resa giustizia. Tutto il dolore e tutti i danni devono essere riparati. Ma come quantificare questo risarcimento? Quanto vale una vita rovinata? Chi lo decide?
Esistono diverse opinioni su questo tema e due fazioni: da una parte ci sono le alte aspettative delle vittime, dall'altra persone avide che non vogliono che le vittime ricevano troppo e temono che possano ottenere più del dovuto.
È necessario dire una cosa: nessuna somma di denaro può cancellare il dolore subito o restituire gli anni perduti. Pertanto, non potrà mai verificarsi il caso in cui le vittime ricevano troppo. Le vittime hanno subìto così tanta sofferenza che dovrebbero avere una vita serena e senza preoccupazioni per il futuro!
Guardiamo alla Sacra Scrittura e all'insegnamento di Gesù per arrivare a una soluzione imparziale e obiettiva in questa disputa.Gesù è ospite del pubblicano Zaccheo (Lc 19,1- 10), il quale aveva preteso troppo in termini di tasse, danneggiando finanziariamente i suoi concittadini. Lc 19,8: «Se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Questo è il parametro della Sacra Scrittura per la riparazione del danno finanziario e materiale, nonché per il torto subito e gli svantaggi che ne derivano. Si può dunque dire che, se le vittime ricevono il quadruplo del danno finanziario subìto, il loro diritto secondo la Sacra Scrittura è soddisfatto.
Mt 5,24: «Va' prima a riconciliarti con il tuo fratello»
La Sacra Scrittura esige la riconciliazione. La Chiesa deve riconciliarsi con le vittime degli abusi. Deve offrire loro riparazione e compensare tutto il dolore e i danni subiti. La riconciliazione può avvenire solo a livello individuale. Non può essere imposta, ma la Chiesa deve chiedere alle vittime di abusi di riconciliarsi. La riconciliazione è possibile solo quando il senso di giustizia della vittima è soddisfatto. È quindi necessario un risarcimento abbastanza grande da essere accettato dalla vittima come compensazione per il dolore e i danni subiti. Questo risarcimento varia da persona a persona: alcuni desiderano la punizione del colpevole, altri vogliono un compenso monetario per potersi concedere qualche gioia dopo tutto quel dolore. Un esperto di pastorale dovrebbe quindi avvicinarsi alla vittima con la giusta sensibilità, chiedere scusa a nome della Chiesa e domandare di cosa la vittima abbia bisogno per ottenere la riconciliazione, fornendo poi ciò che viene richiesto.
Bisogna dare alla vittima il tempo necessario per riflettere e consultarsi con una persona di fiducia, al fine di valutare quale sarebbe un compenso adeguato. Un problema è che la vittima potrebbe non essere in grado di valutare la portata complessiva del proprio dolore, poiché il processo di elaborazione può durare anni e portare alla luce nuovi aspetti dolorosi che non erano stati riconosciuti prima. Pertanto, la somma iniziale richiesta potrebbe aumentare.
Gesù vuole che siamo generosi nella riconciliazione, per eliminare anche il più piccolo residuo di rancore: Mt 5,40: «E a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello».
Se dunque la vittima ritiene di aver bisogno di una somma X per soddisfare il proprio senso di giustizia e poter concedere la riconciliazione, non bisogna lamentarsi che la cifra è alta e cercare di negoziare. Bisogna dare alla vittima la somma X (la tunica) e poi un'altra somma X (il mantello), così da eliminare ogni possibile malcontento se dovessero emergere nuovi episodi di sofferenza.
Si può quindi affermare che, se la Chiesa agisce verso le vittime degli abusi secondo quanto descritto, adempirà ai requisiti della Sacra Scrittura e la vera riconciliazione potrà avvenire.
La riconciliazione è un debito della Chiesa
Papa Benedetto XVI, mentre era in volo verso l'America, il 15 aprile 2008, in risposta a una domanda dei giornalisti sui casi di abuso ha detto: «Bisogna aiutare in ogni modo possibile le vittime. Poi, c’è il piano pastorale. Le vittime avranno bisogno di guarire e di aiuto e di assistenza e di riconciliazione. Questo è un grande impegno pastorale e io so che i Vescovi e i sacerdoti e tutti i cattolici negli Stati Uniti faranno il possibile per aiutare, assistere, guarire».
In queste parole, Benedetto XVI ha riassunto le richieste dell'insegnamento di Gesù Cristo. Nessun altro papa potrà dire nulla di diverso. La legge di Dio richiede la riconciliazione. Ogni vittima ha quindi diritto alla riconciliazione. Non è un favore che la Chiesa concede! È un debito che la Chiesa deve saldare verso le vittime! È la condizione necessaria affinché possa avvenire la guarigione. Senza riconciliazione, non ci può essere una vera guarigione. Finché una spina rimane in una ferita, la guarigione non può davvero avvenire. La vera guarigione può iniziare solo quando la spina viene rimossa, ovvero attraverso la riconciliazione. Negare la riconciliazione alle vittime significa prolungare e aumentare la loro sofferenza.
I fedeli non hanno donato i loro soldi alla Chiesa affinché i chierici conducano una vita di lusso, ma affinché il denaro venga usato per il bene, per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime. Il vescovo, che amministra il patrimonio della Chiesa, deve quindi utilizzarlo per dare alle vittime ciò di cui hanno bisogno affinché possa avvenire la riconciliazione.
Terribili crimini sono stati commessi da membri del clero e hanno causato sofferenze incommensurabili. Tutti questi gravi crimini sono stati possibili solo perché i vescovi hanno preso decisioni sbagliate, lasciando lupi rapaci travestiti da pecora agire contro il gregge. La Chiesa deve quindi assumersi la responsabilità delle conseguenze di queste decisioni e utilizzare il proprio patrimonio per riparare il danno. Se necessario, si dovranno vendere beni immobili e accettare la perdita di entrate da affitto, utilizzando il ricavato per riconciliarsi con le vittime. Dove sono stati causati grandi dolori, c'è molto da riparare, e quanto maggiore è stata l'ingiustizia, tanto più profondamente si dovrà mettere mano al portafoglio.
La Chiesa ha accumulato un grande patrimonio e possiede una ricchezza enorme. Non dovrebbe avere problemi a riconciliarsi con le vittime. Inoltre, si potrebbero chiamare a contribuire anche i colpevoli, affinché rispondano con il loro patrimonio personale delle conseguenze delle loro azioni. Chi è responsabile?
Nella foto sopra, p. Josef Seidnitzer (1920-1993), mentore di p. Sigl, pluricondannato dal tribunale austriaco per abusi sessuali su minori, i cui trascorsi furono tenuti nascosti alla comunità che, ignara, ne venerava la memoria. Questa foto fu donata a Peter Gehring come ricordo del giorno in cui ricevette il Lettorato. |
Un vescovo è responsabile in caso di abuso
Nel Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi (2004, pubblicato dalla Congregazione per i vescovi; Pubblicazioni della Santa Sede n. 173) è chiaramente formulato che un vescovo è responsabile in caso di abuso. Nel capitolo 44, che tratta del celibato e della perfetta continenza, si afferma: «Nei casi in cui si verifichino situazioni di scandalo, specie da parte dei ministri della Chiesa, il Vescovo deve essere forte e deciso, giusto e sereno nei suoi interventi. In tali deplorevoli casi, il Vescovo è tenuto a intervenire prontamente, secondo le norme canoniche stabilite, sia per il bene spirituale delle persone coinvolte, sia per la riparazione dello scandalo, sia per la protezione e l’aiuto alle vittime».
Questo vale in egual modo per tutte le forme di abuso. Qui si afferma chiaramente e distintamente che il vescovo deve riparare lo scandalo.
A livello di giurisdizione, quindi, il vescovo diocesano è responsabile per gli eventi nella diocesi; se si tratta di una comunità, è il vescovo responsabile della comunità a essere competente.
Gesù ha strutturato la Chiesa sulle fondamenta degli apostoli, e i vescovi, come loro successori, portano oggi il peso della Chiesa. Per questo motivo, ogni vescovo, in virtù della sua consacrazione episcopale, è chiamato a rimediare a ogni mancanza nella Chiesa di cui viene a conoscenza. Se una delle "colonne" cade, le altre devono farsi carico della sua assenza e assumerne il peso.
È compito pastorale del vescovo cercare la pecorella ferita e curarne le piaghe affinché queste possano guarire. Una volta che il pastore scopre una pecora ferita, egli è responsabile di far sì che le ferite vengano curate e di accertarsi che la guarigione avvenga. Se non lo fa, viola il suo dovere di pastore.
San Paolo esprime questo concetto attraverso l'immagine del corpo unico con molte membra in 1 Cor 12,12 e seguenti. In 1 Cor 12,26 afferma: «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui». In 1 Cor 12,21 dice: «Non può l'occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né la testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”».
Perciò, ogni vescovo è chiamato a intervenire quando un membro della Chiesa soffre, e non può dire: "Non è compito mio".
Gesù racconta la parabola del buon samaritano (Lc 10,25- 37). Dal punto di vista umano, il sacerdote e il levita (Lc 10,31-32) sarebbero stati molto più tenuti ad aiutare rispetto allo straniero samaritano. Invece ad aiutare è stato proprio colui che, da un punto di vista umano, era il meno responsabile. E Gesù lo ha presentato come esempio, dando l'incarico: Lc 10,37: «Va' e anche tu fa' lo stesso». Ogni vescovo ha il compito di agire come il buon samaritano.
Questo incarico di Gesù è diritto positivo divino! A livello del diritto divino, ogni vescovo è responsabile di aiutare le vittime, alleviare la sofferenza e prendersi cura delle ferite.
Pertanto, l'argomento "Non sono responsabile" non è valido per un vescovo!
L'ignoranza dei pastori
Poiché attualmente il responsabile per la Famiglia di Maria è il vescovo Daniele Libanori, spetta a lui affrontare e risolvere le conseguenze delle decisioni sbagliate del suo defunto confratello nell'episcopato, il vescovo Pavol Hnilica. Il suo dovere è offrire guarigione, assistenza, sostegno e riconciliazione alle vittime.
Per questo motivo ho scritto al vescovo Libanori, all'epoca (20 febbraio 2023) ausiliare di Roma, ma purtroppo non ho ricevuto risposta. Gli ho inviato una lettera di sollecito (6 aprile 2023), ma ancora una volta non ho ricevuto risposta.
Successivamente, mi sono rivolto alla guida della diocesi di Roma, nella persona del cardinale Angelo De Donatis, e gli ho scritto una lettera (13 giugno 2023) chiedendogli di assicurarsi che il dovere episcopale venisse adempiuto e che le mie ferite fossero curate, sia dando istruzioni al vescovo Libanori affinché facesse il suo lavoro, sia intervenendo personalmente qualora il vescovo ausiliare non fosse in grado. Anche in questo caso, non ho ricevuto risposta. Ho inviato al cardinale una lettera di sollecito (19 agosto 2023), ma purtroppo non ho ricevuto risposta.
A questo punto, ho allertato l'intero vicariato della diocesi di Roma, e il 13 ottobre 2023 ho inviato una mail a circa 70 membri, tra cui il vicario generale, chiedendo loro di impartire una lezione ai due reverendissimi signori e di spiegare loro i loro doveri. Ho anche chiesto che li prendessero per mano, come si farebbe con un bambino, per aiutarli a svolgere i loro doveri, dato che da soli non ci riuscivano.
Solo grazie all'intervento dei collaboratori del vicariato, il vescovo Libanori si è finalmente degnato di mettersi in contatto con me. Voleva maggiori dettagli, ma non ha risposto alla mia richiesta. Nella corrispondenza successiva, ha negato di aver ricevuto le mie lettere e si è scusato per tutto ciò che ho subìto nella comunità, ma ha ignorato le mie domande specifiche su riparazione e riconciliazione. Ha scaricato la responsabilità sul tribunale che sta giudicando Gebhard Sigl.
Dopo avergli dimostrato che aveva violato il suo dovere episcopale e aver richiesto che lo adempisse, ha smesso di rispondere.
Il tribunale che sta giudicando Gebhard Sigl non è competente per il mio caso. Si tratta di due casi distinti. Il tribunale sta conducendo un processo contro Sigl a livello di diritto canonico. Indipendentemente dall'esito di tale processo, io, a livello di diritto divino, esigo dal vescovo la cura delle mie ferite.
Il Dicastero per il Clero, che sta gestendo il processo contro Gebhard Sigl, è a conoscenza dei fatti relativi alla Famiglia di Maria. Perciò mi sono rivolto per iscritto ai vescovi competenti, il cardinale You Heung-sik e monsignor Ferrada Moreira (13 marzo 2024). La risposta ricevuta non ha minimamente affrontato la mia richiesta di riconciliazione.
In una seconda lettera raccomandata (26 aprile 2024), ho chiesto una dichiarazione su come intendessero adempiere al loro dovere episcopale e fornirmi aiuto, guarigione, sostegno e riconciliazione. Anche questa volta non ho ricevuto risposta.
Pertanto, ho coinvolto altri Dicasteri e, l'8 luglio 2024, ho inviato una mail chiedendo che si impartissero lezioni ai due reverendissimi signori per spiegare quali fossero i loro doveri. Ho anche chiesto che li prendessero per mano, come si farebbe con un bambino, per aiutarli a svolgere i loro doveri, dato che da soli non ci riuscivano. Nonostante ciò, non ho ricevuto alcuna risposta né dal cardinale You Heung-sik, né da monsignor Ferrada Moreira.
Ho quindi scritto nuovamente ai Dicasteri, sollecitando gli alti prelati (8 cardinali e 9 vescovi) a rimediare al fallimento totale e all'incapacità dei loro confratelli nell'episcopato, e a prendersi cura delle mie ferite al posto loro. In particolare, il 16 settembre 2024 ho inviato una mail al cardinale Gugerotti e a monsignor Jalakh del Dicastero per le Chiese Orientali, e il 19 settembre 2024 una mail al cardinale Roche, monsignor Viola e monsignor García Macías del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, al cardinale Semeraro e a monsignor Fabene del Dicastero per le Cause dei Santi, al cardinale Braz de Aviz del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata, al cardinale Farrell del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, al cardinale Koch e a monsignor Pace del Dicastero per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, al cardinale Tolentino de Mendonça, monsignor Desmond e monsignor Cesare del Dicastero per la Cultura e l'Educazione, al cardinale Czerny del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e a monsignor Iannone e monsignor Arrieta Ochoa de Chinchetru del Dicastero per i Testi Legislativi. Da nessuno di loro ho ricevuto risposta.
Scuse e menzogne
Ovunque nel mondo i vescovi reagiscono in modo simile quando si tratta di affrontare gli abusi. I pastori avari sono troppo egoisti per riconciliarsi con le vittime. Rispondono con scuse, inganni, menzogne, ignoranza e temporeggiamento. Tentano ogni mossa possibile per evitare la riconciliazione e cavarsela a buon mercato a spese delle vittime. Sono anche molto ingegnosi: ad esempio, in Germania, l'intera Conferenza episcopale ha deciso di violare il comandamento di Dio e di offrire alle vittime di abusi sessuali una ridicola «indennità di riconoscimento della sofferenza» anziché la riconciliazione che spetta loro di diritto.
In tutto il mondo, i vescovi non adempiono al loro dovere e rimangono lontani anni luce dal vero spirito del Vangelo.
Questo è particolarmente amaro per le vittime, che già portano profonde ferite a causa degli abusi. La loro fede è stata profondamente scossa. Hanno bisogno di un pastore misericordioso, secondo il cuore di Gesù, che non spenga la fiamma smorta e non spezzi la canna incrinata (Mt 12,20: «Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia»). Invece, trovano nei loro vescovi l’esatto contrario, venendo nuovamente calpestate e ingannate. I vescovi diventano complici dei crimini commessi contro le vittime.
Più alto è il rango dell’autore degli abusi nella gerarchia ecclesiastica, più profonda è la ferita che l’ingiustizia lascia nell’anima. Un crimine commesso da un prete è grave. Lo stesso crimine, commesso da un vescovo, è ancora più grave – e se commesso da un cardinale, è ancora più pesante.
Così, i vescovi che negano la riconciliazione alle vittime e non curano le loro ferite, ma le aggravano, spezzano la canna incrinata della fede nelle anime o spengono la fiamma smorta della fede nelle loro anime, diventano anch'essi assassini dell'anima.
Manager, non pastori
L'episcopato è diventato in tutto il mondo una cloaca fetida! I vescovi non agiscono come richiede la legge di Dio. I vescovi di oggi pensano e agiscono come manager, non come pastori! Ez 34, 2-4: «Guai ai pastori d'Israele che non hanno fatto altro che pascere se stessi! Non è forse il gregge quello che i pastori debbono pascere? Voi mangiate il latte, vi vestite della lana, ammazzate ciò che è ingrassato, ma non pascete il gregge. Voi non avete rafforzato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta, ma avete dominato su di loro con violenza e con asprezza».
L'inerzia e l'ignoranza dei vescovi rappresentano un ulteriore crimine commesso contro le vittime. Invece di porre fine alle vecchie ingiustizie, ne creano di nuove. Prolungano la sofferenza delle vittime perché non curano le loro ferite. È ovvio che anche per questo ulteriore crimine dei vescovi deve esserci riconciliazione e riparazione.
Mt 7,2: «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi». Quale misura applicano i vescovi alla loro vita? E quale misura applicano alla vita delle vittime? Per se stessi un salario principesco e una vita lussuosa e senza preoccupazioni; alle vittime, un'esistenza di povertà, bisogno e dolore.
La giustizia richiede che alle vittime sia corrisposta una somma pari al salario episcopale per il tempo in cui la loro sofferenza è stata prolungata a causa della violazione del dovere da parte dei vescovi.
In teoria, le disposizioni del diritto canonico dovrebbero portare le vittime a ricevere aiuto, sostegno, guarigione e riconciliazione, garantendo loro giustizia. In realtà, ciò non accade, e la situazione è ben diversa. Il dolore delle vittime di abusi non ha fine. Poiché le vittime non ricevono giustizia dai vescovi, sempre più spesso si rivolgono ai tribunali civili in molti Paesi, per ottenere almeno un risarcimento secondo la giustizia terrena.
Ma i tribunali civili possono giudicare solo le violazioni delle leggi terrene, e spesso è la prescrizione a impedirlo. La violazione della legge di Dio deve essere giudicata in un modo diverso.
Il procedimento secondo la legge divina
Desidero incoraggiare tutte le vittime di abusi nel mondo e mostrare loro un percorso che possono seguire per ottenere giustizia. Esiste questa possibilità, ma purtroppo il clero la nasconde ai fedeli. È la via maestra, indicata dalla Sacra Scrittura: Mt 18,15-17: «Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano».
«Se tuo fratello commette una colpa...»
• L'evangelista si rivolge personalmente al lettore: ogni battezzato può avviare tale procedimento.
• Contro ogni battezzato può essere avviato un procedimento simile, se viola la legge di Dio, inclusi i vescovi. Se il vescovo non adempie ai suoi doveri e infrange la legge di Dio, deve essere prima ammonito in privato e poi da uno o due testimoni. Se continua a non adempiere ai suoi doveri, si deve rendere pubblica la questione. La Scrittura esorta i fedeli a parlare chiaramente alla coscienza del vescovo e a esigere che agisca secondo la legge di Dio, come ha promesso. Il "reverendissimo signore" potrebbe aver bisogno di una forte spinta dai fedeli. Gli viene offerta una seconda possibilità, ma non una terza. La sua decisione comporta conseguenze con cui dovrà convivere.
«Se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano»
• L'evangelista si rivolge nuovamente al lettore: questo comando vale per tutti i battezzati del mondo!
• Se il vescovo non risponde alla richiesta della comunità, proclama di non appartenere più alla comunità dei credenti, poiché non compie le opere di fede (l'obbedienza alla legge di Dio). Si esclude dalla comunità a vita. La sua decisione è irrevocabile.
• Questo è un messaggio forte: i fedeli non devono più riconoscerlo come vescovo né sostenerlo finanziariamente. Non ha più diritto a ricevere denaro dalla comunità, e al contrario, dovrebbe risarcire i danni causati.
• Con questa parola forte, il clero viene esentato dall’obbedienza e deve trattare il vescovo d’ora in poi come un pagano o un esattore delle tasse.
• Anche il collegio episcopale non deve più considerarlo un confratello, ma trattarlo come un pagano o un pubblicano.
• Questa istruzione della Scrittura vincola anche il papa.
• Chi non rispetta queste indicazioni viola la legge di Dio. Questo procedimento appartiene al diritto divino. Il papa non può influire su di esso. Né un papa né un Concilio possono modificarlo o annullarlo. Così come è scritto, è scolpito nella pietra. La legge divina è al di sopra di ogni altra legge, compreso il diritto canonico.
Il vescovo dimostra così di essere diventato "sale insipido", buono solo a essere «gettato via e calpestato». (Mt 5,13: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che a essere gettato via e calpestato dagli uomini»). I fedeli possono scacciarlo con vergogna, e il papa invierà un nuovo vescovo che adempia ai suoi doveri con coscienza.
La Scrittura è chiara: 1 Cor 5,13: «Togliete il malvagio di mezzo a voi!». Spetta alla comunità decidere se essere onorevole o no, se separarsi da un impostore o tollerare l'ingiustizia e approvarla.
Questo è il percorso indicato dalla Scrittura per le vittime di abusi per ottenere giustizia.
Il nostro pensiero e il nostro senso dell'ingiustizia sono plasmati dalle leggi umane, con cui abbiamo a che fare ogni giorno. Dobbiamo abbandonare questo pensiero e imparare a ragionare secondo la legge di Dio, poiché ci troviamo in un ambito giuridico diverso: qui domina la legge di Dio.
Davanti alla legge di Dio non esiste prescrizione e nessuno gode di immunità!
Il vescovo deve riconciliarsi, indipendentemente da quanto tempo sia passato. Questo è il mio messaggio di speranza per tutti i compagni di sofferenza nel mondo.
L'applicazione di questo procedimento nella pratica
Ez 34,10: «Dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: chiederò loro conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge».
Per quanto riguarda il vescovo Libanori e il cardinale De Donatis, sono stati ammoniti in privato tramite le mie lettere del 6 aprile 2023 e 19 agosto 2023.
Nel vicariato di Roma ci sono molti testimoni che hanno sollecitato questi due signori a compiere il loro dovere dopo la mia lettera del 13 ottobre 2023. Così, la condizione di Mt 18,15 e Mt 18,16 è soddisfatta.
Agisco quindi in obbedienza alle istruzioni della Sacra Scrittura e accuso ufficialmente il vescovo Daniele Libanori e il cardinale Angelo De Donatis secondo Mt 18,17, di aver violato la legge di Dio come qui descritto! Hanno mancato ai loro doveri episcopali e non hanno curato le mie ferite.
Poiché il cardinale De Donatis non è più a capo della diocesi di Roma, la nuova direzione subentra nel procedimento. Ciò significa che i vescovi ausiliari Baldassare Reina, Paolo Ricciardi, Dario Gervasi, Benoni Ambarus, Daniele Salera e Michele Di Tolve sono chiamati a riconciliarsi con me e a curare le mie ferite.
Per quanto riguarda il cardinale You Heung-sik e monsignor Ferrada Moreira, sono stati ammoniti con la mia lettera del 26 aprile 2024. E i testimoni necessari possono essere trovati nei dicasteri, che ho contattato l'8 luglio 2024, il 16 settembre 2024 e il 19 settembre 2024. Inoltre, attraverso la pubblicazione della mia testimonianza nella rivista settimanale Adista nel febbraio 2024, la questione è già diventata pubblica, così da soddisfare anche qui le condizioni preliminari di Mt 18,15 e Mt 18,16.
Accuso ufficialmente il cardinale Lazzaro You Heung-sik e monsignor Andrés Gabriel Ferrada Moreira secondo Mt 18,17, per non aver adempiuto ai loro doveri episcopali e per non aver curato le mie ferite.
Per i cardinali Gugerotti, Roche, Semeraro, Braz de Aviz, Farrell, Koch, Tolentino de Mendonca e Czerny, nonché per i monsignori Jalakh, Viola, Garcia Macias, Fabene, Pace, Desmond, Cesare, Iannone e Arrieta Ochoa de Chinchetru, la condizione di Mt 18,15 è stata soddisfatta grazie alle mie lettere del 16 settembre 2024 e del 19 settembre 2024. Per loro e per i sei vescovi ausiliari romani, con la pubblicazione di questo articolo, la condizione di Mt 18,16 è anch'essa soddisfatta, ponendoli nella posizione di essere accusati in un passaggio successivo se le mie ferite non vengono finalmente curate!
Tutti i lettori sono invitati a divulgare gli eventi qui descritti nel loro ambiente. È importante che il grande pubblico venga informato, affinché i fedeli possano conoscere il modo di operare e il pensiero di questi signori, così come le loro emozioni e convinzioni, e possano dare loro il giusto riscontro.
Cari fedeli della Diocesi di Roma. Io – e molti altri – abbiamo subìto in nome della Chiesa un immenso dolore e un'ingiustizia indescrivibile. Questo dolore non ha fine perché i vostri vescovi non adempiono ai loro doveri e violano la legge di Dio. La Sacra Scrittura si aspetta da voi che vi assicuriate che i vostri vescovi agiscano secondo la legge di Dio e si riconciliino in nome della Chiesa con tutti coloro che hanno subìto ingiustizie da parte dei suoi rappresentanti. Le vittime hanno bisogno della vostra solidarietà. So che siete onorevoli e giusti e che non permetterete più che le vittime di abusi siano ulteriormente tormentate dai vostri vescovi, che diventano complici degli abusi. So che non tollererete assassini delle anime tra di voi.
Vi ringrazio per il vostro impegno a garantire giustizia e ordine nella Chiesa. Se ci sono domande, sono a disposizione per rispondere. Il vostro fratello nella fede.
Peter Gehring
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