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Dio affida la salvezza a una donna, e si riscatta

Dio affida la salvezza a una donna, e si riscatta

Tratto da: Adista Documenti n° 37 del 26/10/2024

Mentre uomini e donne condividono le sofferenze patite a causa delle diverse povertà, la discriminazione di genere comporta che le donne, nel mondo, dispongono di molte meno risorse: è come se la loro fosse una povertà raddoppiata! Passi che, come si dice, sono le ultime a mangiare se resta qualcosa, sono anche quelle che hanno meno probabilità di accedere all'assistenza sanitaria e che sono regolarmente intrappolate in attività domestiche non retribuite. Anche per questa mancanza di indipendenza economica, resistono e rimandano le separazioni dal coniuge “che porta a casa lo stipendio”, purtroppo anche quando questi sono violenti, e perciò in troppi casi restano vittime di femminicidio. Le donne hanno opzioni più limitate per lavorare o avviare aziende. Un'adeguata istruzione per molte è fuori portata. Alcune, anche minorenni, finiscono per essere sfruttate sessualmente come parte di una lotta di base per sopravvivere.

È un fatto: le donne pagano il prezzo più alto anche a causa dei cambiamenti climatici. Ma sono anche le principali artefici di un’inversione di tendenza. In fondo, la Terra, Gaia, ha in sé un tocco femminile. Anche “la Chiesa è donna”, come ama ripetere papa Francesco. Una bella e importante affermazione che però non cancella il grave ritardo della Chiesa cattolica, rispetto ad altre confessioni cristiane e alla maggioranza della società soprattutto occidentale, nell’affrontare l’argomento del ruolo della donna al proprio interno. L’assurdo è che troppo spesso sono i maschi a discuterne e a concedere graziosamente piccoli passi avanti, che sanno molto di “così per un po’ ce le togliamo dai piedi!”. Lo stesso papa Bergoglio nella sua enciclica Laudato si’, mentre l’uomo viene citato quasi duecento volte, la donna appena tre. Metafora di quanto è avvenuto in tutto il suo pontificato con slanci in avanti, e repentini dietrofront!

Nella Chiesa cattolica, soprattutto nei suoi vertici, sembra che lo scontro tra il vescovo Cirillo e Ipazia non si sia mai spento del tutto. Questa, nella Alessandria d’Egitto del V secolo, fu sapiente filosofa, influente politica, matematica e astronoma, sfrontata e carismatica maestra di pensiero e di comportamento, e proprio per la sua femminile eminenza accese l’invidia del vescovo alessandrino, che né provocò il martirio, messo in atto dal suo gruppo di fanatici talebani del cristianesimo che da poco, uscito dal buio delle persecuzioni, era diventato la religione di Stato dell’Impero romano-bizantino.

Le aperture…

Certo, occorre riconoscerlo, da allora sono stati fatti tanti passi avanti e l’interesse della Chiesa per la questione delle donne è aumentato fino a entrare in numerosi documenti, a partire da quelli del Concilio Ecumenico Vaticano II: «Ma viene l’ora, l’ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l’ora nella quale la donna acquista nella società una influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto. È per questo, in un momento in cui l’umanità conosce una così grande trasformazione, che le donne illuminate dallo spirito evangelico possono tanto operare per aiutare l’umanità a non decadere» (Messaggio delConcilio alle donne). Questo cambiamento della presenza della donna nella Chiesa e nella società era già stato visto come uno dei segni dei tempi da Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris e, come ogni segno, è una chiamata di Dio che richiede riconoscimento e conversione. L’assemblea del Sinodo dei Vescovi del 1971, nel capitolo III del documento sulla Giustizia nel mondo afferma: «Vogliamo che le donne abbiano la propria parte di responsabilità e di partecipazione nella vita comunitaria della società e anche della Chiesa. Noi proponiamo che questo argomento venga sottoposto a profondo esame, con mezzi adeguati, per esempio ad opera di una commissione mista composta di uomini e donne, di religiosi e laici di diverse condizioni e competenze». Paolo VI, accogliendo questa richiesta, costituisce nel 1973 una Commissione di studio sulle donne nella società e nella Chiesa.

…la frenata

Dopo un inizio così ci si sarebbe aspettati discussioni e decisioni coraggiose che sarebbero infine sfociate nell’ordinazione presbiterale delle donne; invece la Chiesa è stata ipocrita, bipolare, schizofrenica, oscillando continuamente tra profezia e chiusure: dai tentennamenti di Paolo VI alla doppiezza di Giovanni Paolo II con l’enciclica Mulieris dignitatem e l’antievangelico e assoluto divieto di continuare a discutere dell’ordinazione presbiterale delle donne, dalle timide aperture di Benedetto XVI a quelle più decise di papa Francesco.

Una menzione particolare merita Giovanni Paolo I, che nel suo breve pontificato sembrò voler far uscire i vertici della Chiesa dalla palude dell’ipocrisia nella quale si erano impantanati sotto papa Wojtyla. È il 10 settembre del 1978 quando papa Luciani squarcia uno spiraglio di novità sul torpore teologico della vecchia curia, e dice: «Noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile: Dio è papà, più ancora è madre». La reazione fu di gelo e di imbarazzo. Dio è sempre stato presentato esclusivamente come Padre, maschio. Giovanni Paolo I invece, durante il suo breve pontificato, più volte mette l’accento sul principio femminile e materno di Dio, sul ruolo di Dio come madre, un Divino femminile. Ed era la prima volta che ciò avveniva nella storia del papato. Non furono parole di poco conto o di materia prettamente teologica. Il tema della maternità di Dio è stato sempre occultato o al massimo interpretato, dai capi maschi delle religioni, in una chiave riduttiva, perché potrebbe avere delle ricadute serie sulle logiche del potere. In quasi tutte le Chiese vige un sistema di spietato maschilismo, di feroce patriarcato, che si è costruito l’immagine di un dio maschio, entrata nell’inconscio collettivo persino dei non credenti.

Invece, già nella Bibbia, accanto alla rappresentazione di un dio maschio, costruito dai maschi, soprattutto i profeti raccontano di Dio come di una madre, una donna. Il brano più famoso è quello del profeta Isaia «Sion diceva: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato”. Forse che la donna si dimentica del suo lattante, cessa dall'aver compassione del figlio delle sue viscere? Anche se esse si dimenticassero, io non ti dimenticherò» (49,14-15).

Dio creato a immagine del maschio

Ai maschi-potenti conviene credere in un dio onnipotente che li ha creati a sua “immagine e somiglianza”. Dio invece, soprattutto attraverso i profeti, si presenta paradossalmente come l’“onnidebole” che si schiera sempre dalla parte dei calpestati, e la donna da sempre è tra questi.

Proprio attraverso il paradosso, Dio sconvolge la storia e le ataviche convinzioni. Nella storia di quasi tutte le religioni e le culture le donne contano poco; sono proprietà del maschio, alla loro ombra sono costrette a vivere una nonvita: discriminate e maltrattate, sfruttate e calpestate, senza nessuna libertà. Una discriminazione che le donne subiscono da sempre. Nella cultura ebraica la parola di una donna valeva meno di niente: occorreva la testimonianza di ben sette donne per contrastare quella di un uomo; e se la madre portava avanti la gravidanza per nove mesi, era il padre a legare il figlio a una casata. Il maschio, insomma, aveva potere di vita e di morte sulla donna, come troppo spesso è avvenuto e avviene nella storia dell’umanità. In quel contesto e, in seguito nel mondo cristiano, purtroppo Dio è ovviamente considerato un maschio.

Ma Dio sconvolge queste convinzioni camuffate da precetti religiosi, di una religione dove dio è quello che ci fa più comodo, è maschio perché “inventato” dai maschi! Quando nel giardino di Eden l’uomo aveva cavallerescamente scaricato la colpa del peccato sulla donna, Dio aveva detto a Eva: «Moltiplicherò i tuoi dolori, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà». Ma Dio smentisce se stesso – o quello che gli uomini gli avevano messo sulla bocca – e restituisce la faccia e la dignità a Eva, quando per incarnarsi nella storia si fida esclusivamente di una donna, Maria, una invisibile donna di Nazareth, povera perché donna: in lei la femminilità è recuperata ed esaltata da un Dio che solo i maschi hanno deciso essere maschio. Dio mette la salvezza dell’umanità nelle mani di questa donna (e attraverso lei di tutte le donne): nelle mani di chi non conta niente mette le cose che contano; si fida solo di coloro delle quali la maggioranza non si fida!

E se non si possono dimenticare le sofferenze inflitte a milioni di donne da tanti uomini di Chiesa, direttamente o per mano di altri, comunque, negli ultimi decenni, le donne si sono conquistate posti di rilievo e apicali, nelle parrocchie, nelle diocesi, in Vaticano; purtroppo, nella maggior parte dei casi, solo nel ruolo di consigliere, di studiose, di insegnanti, raramente in posti apicali dove si prendono decisioni, il che dimostra che tanti altri passi bisogna ancora fare per tradurre le parole dei documenti ufficiali in fatti e decisioni concrete.

Come uscire dal trappolone?

Per “convertirsi”, si potrebbe iniziare dalla liturgia. Infatti in quella più importante, quella della Veglia pasquale, si riflette la mentalità maschilista e patriarcale predominante nella Chiesa. L’Exultet, il cuore della Veglia, a proposito del “peccato originale”, canta: «Felice colpa che meritò di avere un così grande Redentore! Era veramente necessario il peccato di Adamo…». Insomma, quando il peccato è senza sbocchi di redenzione viene affibbiato a Eva, quando è una “felice colpa” in vista della redenzione operate da Gesù, allora ne è Adamo il “felice” responsabile!

Per uscire da questo trappolone nel quale si sono ficcati e ci sguazzano, in buona parte, i vertici della Chiesa cattolica, questi potrebbero mettersi in ascolto, per fare sinodo con la maggioranza dei fedeli, laiche e laici, per i quali sarebbe naturale ordinare donne-prete, avere una “parroca” a guidare le comunità e donne in posti apicali – anche il papato, perché no! – dove si pensa, si ascoltano gli altri, ci si confronta e si decide. Le cose per la Chiesa andrebbero sicuramente meglio!

E, ovviamente, basterebbe lasciarsi guidare dal Vangelo nel quale viene narrato che chi non aveva diritto di testimoniare nei tribunali diventa testimone per eccellenza dell’amore di Dio, anzi, Dio racchiude il Vangelo di Gesù, la buona notizia per l’umanità, dentro la testimonianza proprio di due donne: Maria di Nazareth, che dona l’umanità al Figlio di Dio e il Figlio di Dio all’umanità, e Maria di Magdala, dalla quale Gesù aveva scacciato sette spiriti impuri, forse una prostituta – di paradosso in paradosso! – che per prima vede il Risorto e ne dà testimonianza agli altri apostoli fifoni, ai discepoli di allora e a noi. 

Vitaliano Della Sala è parroco a Mercogliano (AV) e responsabile della mensa-dormitorio della Caritas diocesana di Avellino.

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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