Come liberare il Mistero divino dalle immagini umane. Verso una teologia mistica, trans-teista e transreligiosa
Tratto da: Adista Documenti n° 40 del 23/11/2024
DOC-3348. SAN PIETRO IN CARIANO (VR)-ADISTA. Per chi ha intrapreso il cammino di ricerca noto come post-teismo o anche solo per chi guarda con interesse al nuovo paradigma, risulta decisamente imprescindibile la lettura dell’ultimo libro di José Arregi, L’infinito prima di Dio. In transizione: liberare il Mistero divino dalle immagini umane, edito da Gabrielli Editori (pp. 208, 19 euro). A questo giovane – e allo stesso tempo così antico – percorso di riflessione, il libro del teologo basco offre un contributo chiaro e potente, non sottraendosi a nessuno degli interrogativi sollevati da più parti nel corso del tempo riguardo al post-teismo. A cominciare dal rischio che, una volta compiuto il salto oltre l’immagine teista di Dio, le grandi domande di senso, su chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti perdano di significato.
In una prosa bellissima che unisce il rigore teologico al linguaggio poetico e mistico, Arregi delinea un quadro in cui convergono la teologia apofatica medievale, la non-dualità della filosofia buddista e tante delle numerose sfaccettature del post-teismo, che l’autore preferisce però chiamare trans-teismo. Perché, scrive, «il postteismo suggerisce un confine tra un prima e un dopo, tra la credenza e la non credenza, tra la pratica e la non pratica di riti teisti o tra l'uso e il non uso di preghiere teiste o del termine Dio. E credo che questo confine debba essere relativizzato. L'importante non è mantenere o abbandonare una certa credenza o pratica rituale teista, ma andare oltre sia la credenza che la non credenza, sia la pratica rituale che il suo abbandono, sia l'uso di preghiere teiste o del termine Theos/Dio che il suo non uso. L'importante è vivere in cammino, in transito, in transizione, senza aggrapparsi a nessuna forma e senza trasformare il suo abbandono in una sorta di nuova ortodossia».
Tra i diversi rivoli che confluiscono nel mare del post o trans-teismo, c’è anche quello relativo al dialogo con la scienza a cui Arregi non manca di riferirsi, scrivendo per esempio che «non possiamo “credere” o pensare nulla che sia in contraddizione con la scienza, cioè con quello che è matematicamente misurato ed empiricamente comprovato», pur non intendendo «affermare in alcun modo che la scienza empirico-matematica sia l’unica o suprema conoscenza, né che sia reale o vero solo ciò che la scienza può misurare e verificare».
È in questo quadro che Arregi si richiama alla teoria della complessità, secondo cui l’insieme è, spesso, più della somma delle sue parti, perché presenta proprietà – dette “emergenti” – che non sono la semplice somma di quelle delle sue parti né sono predicibili a partire dalle sue singole componenti. Come avviene, per esempio, con l’acqua, le cui proprietà non possono essere spiegate sulla base delle proprietà chimiche e fisiche dei suoi elementi costituenti, l’idrogeno e l’ossigeno.
«La creatività – scrive Arregi – consiste proprio nel fatto che da elementi più semplici emergono nuove forme più complesse, qualitativamente diverse, irriducibili agli elementi da cui sono emerse»: «La vita emerge dalla fisica e dalla chimica, ma non è riducibile a esse; la mente emerge dalle cellule neuronali, ma non è riducibile ad esse; la coscienza emerge dal cervello, ma non è riducibile a esso».
Una posizione, quella del teologo basco, in linea con la visione del biologo Stuart Kauffmann, il quale, scrive Arregi, «evidenzia la misteriosa creatività “sacra” che si manifesta e opera nel cosmo, una creatività che lo riempie di meraviglia, ammirazione, rispetto e senso di responsabilità e che chiama Dio».
Cosicché la metafora divina della Creatività, forse la «più evocativa del Mistero dei misteri», può rimandare, secondo il teologo, a «una Presenza eterna che trascende ogni contrapposizione tra materia-energia inanimata e spirito immateriale: la Realtà originaria è allo stesso tempo, eternamente, “materia-energia spirituale” che crea se stessa e “spirito materiale” creatore». Una metafora, questa, che guarda oltre sia il teismo che l'ateismo, in tempi di profonda transizione culturale in cui, scrive l’autore, «abbiamo certamente bisogno di superare il vecchio teismo e i vecchi credo religiosi che, nella loro letteralità, sono diventati insostenibili, ma abbiamo altrettanto bisogno di superare il deserto spirituale in cui ci troviamo».
Di seguito, per gentile concessione della casa editrice, riportiamo il primo capitolo del libro (il quale può essere acquistato anche presso Adista, scrivendo ad abbonamenti@adista.it; telefonando allo 06/6868692; o attraverso il nostro sito internet, www.adista.it).
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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