Nessun articolo nel carrello

Il cambiamento climatico e la crisi dell'agroalimentare: le proposte del WWF

Il cambiamento climatico e la crisi dell'agroalimentare: le proposte del WWF

Il cambiamento climatico non esiste e gli eventi estremi ci sono sempre stati? Eppure gli effetti della crisi climatica sono sotto gli occhi di tutti e stanno anche trasformando il panorama agroalimentare del nostro Paese, che da solo concorre a quasi un terzo del Pil nazionale.

In una nota odierna, il WWF ribadisce che «l’industria dell’agroalimentare è uno dei sistemi cardine dell’economia del nostro Paese. Settore che però, anche in questo 2024, è stato gravemente impattato dagli effetti del cambiamento climatico». L’alternarsi sempre più frequente e imprevedibile di alluvioni, gelate fuori stagione, siccità prolungate e ondate di calore, provoca danni irreparabili alle colture tradizionali del nostro Paese e – quindi – anche all’economia, costringendo gli operatori del settore ai ripari. Il superamento, in questo 2024, della soglia critica di +1,5°C della temperatura globale ci dice che il cambiamento climatico è ormai irreversibile e che l’imprevedibilità e la pericolosità degli eventi estremi sarà un fatto con il quale dovremo convivere e al quale dovremo adattarci.

L’Italia, dice il WWF, è spaccata in due, con il Sud martoriato da temperature mediamente più alte e una persistente siccità e il Nord vessato da piogge torrentizie, alluvioni e allagamenti.

E così, al Sud cala la produzione agricola (grano, olio, vino, frutta, ecc.) perché le coltivazioni seccano o vengono danneggiate da parassiti e i frutti non crescono. Uno degli esempi più rappresentativi della crisi climatica è lo spostamento della viticoltura sempre più in altitudine, anche sopra i 700 metri. Come è emblematico, allo stesso tempo, il ritorno delle piantagioni di cotone in Sicilia o il boom della frutta tropicale: «Coltivazioni di banane, avocado, mango – dice il WWF – nel giro di cinque anni sono praticamente triplicate arrivando a sfiorare i 1.200 ettari fra Puglia, Sicilia e Calabria».

Al Nord, invece, «l’eccesso di precipitazioni è stato causa di perdita di rese agricole, rendendo i campi inaccessibili ai trattori per le lavorazioni, ritardando le semine, e il clima piovoso impedisce la raccolta del primo taglio di fieno, con ripercussioni sul settore zootecnico». Un duro colpo hanno subito anche le produzioni di miele, mandando in crisi nera il settore dell’apicoltura italiana, che già deve fronteggiare l’innalzamento delle temperature medie, deleterio per la salute delle api.

Il cambiamento climatico, dunque, trasforma e danneggia il settore dell’agroalimentare italiano, arrecando una minaccia costante alle imprese e ai produttori, ma anche ai consumatori, costretti a far fronte all’innalzamento dei prezzi delle materie agricole. «Il danno ambientale dovuto al cambiamento climatico in atto pertanto determina ripercussioni gravi ed evidenti sia sul sistema economico, sia su quello sociale, a riprova del fatto che la sostenibilità è sempre un concetto che abbraccia le tre sfere di influenza, ambientale, economica e sociale», spiega il WWF.

A tutto questo occorre rispondere con politiche serie e repentine di adattamento e resilienza. «Il cambiamento climatico in atto dovrebbe spingere a riconsiderare attentamente le modalità produttive di tutto il sistema agricolo, dando priorità metodi “nature positive” e operando scelte anche innovative che vadano a risparmiare l’uso delle risorse: serve ridurre a monte i consumi idrici in agricoltura e adottare misure per incoraggiare l'utilizzo di tecniche agro-ecologiche, che migliorino la salute dei suoli, inclusa la capacità di trattenere l’umidità; è necessario eliminare pesticidi e fertilizzanti di sintesi, utilizzando tecniche meno intensive e filiere corte; è necessario azzerare l’uso di fonti fossili, abbandonando al più presto lo sfruttamento di petrolio, gas e carbone e puntando su energia rinnovabile ed efficienza energetica; serve incoraggiare l’adozione di diete a base principalmente vegetale in modo da ridurre il consumo di carne e gli allevamenti intensivi, e quindi anche le aree destinare alla produzione di materie prime per i mangimi. La biodiversità di piante, animali e microrganismi è la chiave per favorire la stabilità e l’equilibrio necessari per creare agroecosistemi resilienti di fronte alla crisi climatica».

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.