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Centro cattolico? No, grazie!

Centro cattolico? No, grazie!

Tratto da: Adista Notizie n° 2 del 18/01/2025

In tutta franchezza sono dell’opinione che, ai fini dell’allestimento di un’alternativa vincente alle destre di governo, sia più interessante e necessario l’avvio di una discussione centrata sulle linee portanti di un programma di governo sul quale possano convergere le forze sociali e politiche di opposizione. Non occasionalmente, ma stabilmente, con un patto politico di legislatura. E tuttavia osservo che si è aperto un confronto anche su composizione e struttura dell’alleanza: un centrosinistra organico, un centro da affiancare alla sinistra, la figura del federatore del suddetto centro e di quello che potrebbe capeggiare l’intera coalizione quale candidato premier.

Materia un po’ politicista da addetti ai lavori, ma che sarebbe snobistico trascurare. Nell’ordine. I numeri assegnano oggettivamente al PD il ruolo di major party. Tuttavia, saggiamente, esso si mostra consapevole della propria non autosufficienza. Si è messo alle spalle tale velleità a suo tempo coltivata prima da Veltroni e poi da Renzi. Di più: con il suo motto “testardamente unitaria”, Schlein ha inteso che al PD spetta la responsabilità prima di attendere all’organizzazione di quel campo di forze. E anche i numeri le hanno dato ragione. Avendo lei riposizionato il PD quale partito di sinistra, ancorché di una sinistra riformista e di governo, si spiega che, nonostante il flop della coppia Renzi-Calenda (o proprio in ragione di esso), si riproponga l’interrogativo circa un eventuale centro autonomo con il quale stringere alleanza.

Penso che si debba adottare un approccio laico e pragmatico alla questione. Fissando tuttavia qualche paletto. Primo: non s’ha da partire dai nomi (essi poi verranno) ma dai programmi. Secondo: che un centrosinistra di governo abbia bisogno, culturalmente e politicamente, di un’anima liberal-democratica è innegabile. Terzo: così pure è innegabile che, per la genesi e per lo statuto ideale dello stesso PD, in esso già oggi trovino casa esponenti di quella matrice politico-culturale. Quarto (questo è punto cruciale): il PD, quale approdo dell’Ulivo in concreto scaturito da una intesa tra Ds e Margherita, fu pensato altresì come casa comune a laici e cattolici riformatori. Ne consegue che, se anche si dovesse dare vita a un centro autonomo, esso non dovrebbe essere concepito come un centro cattolico. Sarebbe doppiamente contraddittorio. Sia, in radice, per la distinzione tra religione e politica, che è uno stigma e una conquista dello stesso cattolicesimo democratico (già Sturzo escluse esplicitamente di configurare il suo Partito popolare come partito cattolico: la religione è il regno dell’universalità - notava Sturzo - la politica della parzialità. Sia perché si configurerebbe come una doppia regressione: dalla Dc al Partito popolare di Martinazzoli (senza più la sigla “cristiana”) confluito nella Margherita a sua volta approdata al PD.

Lungo una traiettoria che semmai ha fatto segnare una progressiva intensificazione dello scambio culturale e della cooperazione politica tra laici e cattolici. Il “cattolico adulto” Prodi ebbe vita difficile con la gerarchia ecclesiastica proprio per avere suggellato, con l’Ulivo, la definitiva rottura dell’unità politica dei cattolici. Come gli si può attribuire l’intenzione di patrocinare un partito cattolico di centro? A meno che, più modestamente, si tratti di una corrente del PD che, spendendo la qualificazione cattolica, mira a una rendita di posizione simbolica e pratica.

Ho buoni motivi per pensare che la stessa gerarchia ecclesiastica non reagirebbe con entusiasmo all’idea di un centro che indulga alla qualificazione di “cattolico”, sia per non essere “usata”, sia perché, se fossero davvero mossi da mera volontà di potere, i vertici stessi della Chiesa ambirebbe a una consistenza maggiore di quella, francamente modesta, oggi accreditata a un’aggregazione di centro assai lontana dalla consistenza che fu della Dc.

Franco Monaco già presidente dell’Azione Cattolica ambrosiana ai tempi del card. Martini, presidente dell’associazione “Città dell’uomo”, fondata da Giuseppe Lazzati, parlamentare del Partito Democratico, già membro della Commissione Esteri della Camera e della delegazione parlamentare Osce

 

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