
Quale pace? Quale Europa?
Volentieri pubblichiamo il testo che segue e che abbiamo ricevuto da Sergio Paronetto, ultimamente coordinatore con Luciano Ardesi del Tavolo Disarmo di Arena 2024 e coordinatore con Tonio Dell'Olio del Tavolo pace, giustizia, cura della casa comune della Rete sinodale che si è trovata ad Assisi il 22 e 23 febbraio.
Si sta organizzando una mobilitazione nazionale per la difesa dell'Europa. Di quale Europa? Il documento del Tavolo Disarmo presentato per l'Arena di pace e giustizia del 18 maggio 2024 si propone di «costruire un'Europa democratica, federale e autonoma capace di neutralità attiva, mai succube di alleanze militari ma partner di una Onu riformata; mai braccio economico di imprese multinazionali e di accordi distruttivi dei beni comuni e della democrazia; mai braccio finanziario di un'oligarchia speculativa predatrice» (Adista-Documenti, n. 13, 6 aprile 2024). Contemporaneamente, il Tavolo pace, giustizia e cura della casa comune della Rete sinodale riunitasi ad Assisi il 22-23 febbraio pone la cultura nonviolenta al centro del cammino ecclesiale per una Chiesa diversa, germe di un mondo diverso. Per politiche di disarmo dello spazio, della terra e del mare (Adista-Notizie, n. 9, 8 marzo 2025). Ma oggi cosa sta succedendo nel panorama geopolitico internazionale? Cosa si può fare?
Dopo lo sconcertante incontro alla Casa Bianca tra Trump e Zelensky, penso sia necessario evitare due soluzioni sbagliate, inconcludenti e controproducenti. La prima è quella di una pace imperiale, imposta da Usa e Russia, affaristica e spartitoria, umiliante per l’Ucraina e per il suo popolo. Una pace falsa, basata sul dominio della forza e sulla prepotenza predatoria di grandi oligarchie miliardarie, distruttiva del diritto internazionale, dei beni comuni e foriera di nuove tensioni e guerre. La seconda è quella del riarmo dell’Europa, del continuo invio di armi all’Ucraina, della continuazione della guerra fino a una impossibile vittoria, in realtà una drammatica sconfitta per tutti, con conseguenze disastrose per l’assetto del mondo e per un’economia socialmente orientata. Pochi capiscono che la guerra è «sempre una sconfitta», «un orrore e un errore», come ripete inascoltato il papa.
La terza soluzione, per me decisiva, è la pace del bene comune, promossa e curata dall’ONU, fondata sulla sovranità del diritto internazionale e sull’«infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale» (Francesco all’ONU, 25 settembre 2015, Fratelli tutti, 173 e 257). La prospettiva è realistica. Giorni fa, il Consiglio di Sicurezza ha votato, con l’approvazione di Usa, Russia e Cina e l’astensione di altri, una risoluzione reticente ma utile, favorevole a «una rapida fine della guerra». In modo analogo si è espressa l’Assemblea generale, che ha chiesto anche il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina. È possibile aprire un percorso negoziale riportando l’ONU, con tutta la sua ricca strumentazione giuridica (attiva fin dall’Agenda di Boutros Ghali del 1992), al centro della scena.
Il cantiere di lavoro è immenso. Dopo l’ "Agenda 2030”, l’Assemblea generale dell’ONU nel settembre 2024 ha adottato il “Patto per il futuro”, attento a un’ampia gamma di temi (56) tra i quali le riforme della governance globale e un impegno per il disarmo (no al nucleare e al riarmo, regole sull’uso dell’intelligenza artificiale, rifiuto delle armi letali autonome). Secondo il segretario generale dell'ONU Antonio Guterres, l’adozione del Patto può «salvare il multilateralismo dal baratro rendendolo efficace, inclusivo e interconnesso a cominciare dal cessate il fuoco nei conflitti che dilaniano il mondo» (Avvenire, 23 settembre 2024). Nessuno vuole ascoltarlo.
Solo in tale contesto, a mio parere, prende luce un nuovo ruolo dell’Europa a favore di una politica di disarmo graduale, di un percorso di denuclearizzazione, di un sistema multilaterale democratico. Per il bene di tutti, memore del grande lavoro avviato dal Trattato di Helsinki del 1975 che ha avviato l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione), è urgente un’iniziativa politica europea che possa coordinare vari Paesi sotto l’egida dell’ONU. L'Italia non può arrivare al 2,5% del Pil per le spese militari, come proposto dal governo che vuole, tra l'altro, lo svuotamento della legge 185/90 che intende controllare le spese per le armi. Sarebbe il suicidio dello stato sociale (Trump vorrebbe portarci al 5%). Entreremmo in un'economia di guerra, patrocinata anche da Charles Michel, presidente del Consiglio UE. Sarebbe il suicidio dell'Europa. E il nichilismo della politica.
"Fermiano il riarmo" e “Salviamo l’ONU” sono i titoli di alcune campagne promosse da varie associazioni, pronte a operare per la difesa degli organismi multilaterali e per la promozione di una civiltà del diritto. Un simile cammino richiede un’ampia mobilitazione civile. Esistono, ad esempio, una Risoluzione ONU del 2000 su “Donne, pace e sicurezza” e una Dichiarazione del 1999 sul protagonismo delle persone per pace e i diritti. Esiste in germe una diplomazia cittadina basata sul metodo La Pira, la cui Fondazione ha proposto una fascia denuclearizzata dal Baltico al Mar Nero (tra l’altro, 104 Comuni si sono già pronunciati a favore del Trattato ONU di proibizione delle armi nucleari). Esiste un laboratorio, legato alla Rete delle Università per la pace e al Centro Papisca di Padova, che ha elaborato proposte di riforma dell’ONU. Si stanno muovendo centri per un'economia disarmata. Si sta riparlando di Corpi civili di pace italiani ed europei. C’è, addirittura, chi ha preparato una Costituente della Terra e un Manifesto per la giustizia planetaria, promosso dall'Agorà degli abitanti della terra.
No, quindi, alla spartizione del mondo tra potenze imperiali, autocratiche e cleptocratiche. Si a una nuova ONU e a un’Europa unita, sognata dai padri fondatori (Spinelli, De Gasperi, Adenauer, Spaak, Shuman, Monnet). Sì all’Europa politica e federale, sicura perché disarmata e disarmante, nutrita dal magistero di Kant e di Erasmo, di Brandt e di Palme, di Havel e di Gorbaciov, di Guardini e Przywara, di Langer e Sassoli. Un’eredità che viene dal futuro. È possibile pensare la pace nonviolenta come germe di un nuovo umanesimo? Come «stile di una politica per la pace»? (messaggio di Francesco 1 gennaio 2017). Come cura di tutte le relazioni e cuore della democrazia?
*Foto ritagliata di Marco Salvagno tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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