
Il nuovo arcivescovo di Washington: “Non possiamo restare in silenzio”
Tratto da: Adista Notizie n° 11 del 22/03/2025
42184 WASHINGTON-ADISTA. Non ha perso tempo, il neoarcivescovo di Washington card. Robert McElroy, 71 anni, già alla guida della diocesi di San Diego, noto per il suo impegno in materia di inclusione, immigrazione e questioni legate alla Chiesa cattolica e alla vita pubblica.
Nominato il 6 gennaio scorso, nella sua messa di insediamento dell’11 marzo, presso la Basilica del Santuario Nazionale dell'Immacolata Concezione, ha immediatamente chiarito che l’asticella dei rapporti con l’amministrazione Trump è alta, e lo ha fatto affrontando le divisioni esistenti nella sua nuova arcidiocesi e le responsabilità della Chiesa nel gestire gli abusi sessuali sui minori.
«Le divisioni di razza, genere, ideologia e nazionalità prosperano nel mondo della politica, della religione, della vita familiare e dell'istruzione. I poveri e i migranti vengono quotidianamente espropriati e la dignità dei nascituri viene negata», ha detto, sottolineando che questo è «in netto contrasto con il mondo che abbiamo creato».
Davanti a politici della destra e della sinistra politica, tra cui l'ex presidente democratica della Camera Nancy Pelosi, la deputata Anna Eshoo, democratica della California, Callista Gingrich, diventata ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Santa Sede durante il primo mandato di Trump, McElroy ha invitato a non considerare nemici coloro con cui non si è d'accordo e a offrire al mondo la visione di Dio: vedere gli altri come «figli, fratelli e sorelle amati».
Secondo quanto riporta il National Catholic Reporter (11/3), per McElroy la Chiesa locale di Washington è come il campo di battaglia che papa Francesco descrive parlando della Chiesa come di un ospedale da campo, dove «tutti noi siamo feriti, tutti noi soffriamo, tutti noi peccatori bisognosi di misericordia e perdono»; «la Chiesa pecca e ha bisogno di guarigione, soprattutto perché non riesce a proteggere i giovani dagli abusi sessuali». Su Washington incombe infatti ancora l’ombra dell’ex arcivescovo Theodore McCarrick, dimesso dallo stato clericale nel 2019 in seguito ad accuse credibili di abusi sessuali su minori e comportamenti sessuali inappropriati con seminaristi. E poi a Washington, arcidiocesi di 667mila abitanti in cui è forte il tema dell’immigrazione, molti sono i cattolici angosciati tra quei 100.000 dipendenti federali che, a febbraio, hanno accettato una buonuscita o sono stati licenziati da quando Trump ha permesso a Elon Musk di tagliare la forza lavoro.
Un duro lavoro, dunque, si prospetta per McElroy, in uno Stato in cui il procuratore ha recentemente minacciato la Georgetown University Law School, prestigioso e storico istituto dei gesuiti, affermando che non avrebbe assunto i suoi studenti a meno che la scuola non avesse abbandonato i suoi programmi di inclusione. Forse l’ultima sua azione da vescovo di San Diego è destinata a dettare la sua agenda anche a Washington: il 9 febbraio davanti a 1.200 persone radunate nella cattedrale di St. Joseph, nell’angoscia per le minacce di deportazione, McElroy ha detto: «Non possiamo restare in silenzio».
*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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