
Prima missione di “Mediterranea”: soccorsi dieci persone gettati in mare dai miliziani libici
TRAPANI-ADISTA. Appena cominciata la propria missione di salvataggio in mare la seconda nave della ong Mediterranea Saving Humans, “Mediterranea” ha già effettuato il suo primo intervento portando in salvo dieci migranti. È ora in attesa di un porto sicuro dove poterli sbarcare
«Quello che è accaduto nella notte tra il 20 e 21 agosto a 30 miglia a nord di Tripoli, nelle acque internazionali del Mediterraneo centrale, è quanto di più grave ed orribile si possa vedere – spiegano gli operatori di Mediterranea –. Dieci persone gettate in mare a calci e pugni, di notte, con onde oltre il metro e mezzo, da un assetto di tipologia militare che ha affiancato a dritta la nostra nave e poi ha buttato a mare degli esseri umani, come fossero rifiuti.
Solo la prontezza e la professionalità dei nostri rescue team ha evitato che qualcuno morisse. Tuttavia ai miliziani libici glielo hanno insegnato le autorità italiane ed europee che quelle vite non valgono niente. Che si monetizzano, per fermare o per fare partire, ma sul piano umano sono vite sacrificabili. Questa ennesima dimostrazione di cosa sia diventato il Mediterraneo dei lager, delle deportazioni, dei respingimenti e degli oltre mille morti in mare da gennaio però offre anche degli spunti di analisi interessanti.
Il sistema delle “Run Away Boat” (Rab), cioè delle imbarcazioni veloci che ti affiancano per poi scaricare - anche direttamente in mare come questa volta- persone che tentano di fuggire dalla Libia e che, pur avendo lo status di profughi e rifugiati, non hanno alcun modo legale per arrivare in Europa, è una articolazione del complesso reticolo di interessi e soggetti che si muovono in Libia e dalla Libia attorno al business del traffico di esseri umani.
Noi non sappiamo con certezza se quel gommone di tipo militare fosse uno di quelli che lunedì mattina 18 agosto, in formazione con altri sette con a bordo miliziani armati e incappucciati, ha tentato di intimidirci ripetendo di “andarcene dalla Libia”. Di certo quel gommone militare era molto simile a quelli visti lunedì, che abbiamo fotografato e monitorato quando dopo le minacce sono rientrati in formazione compatta nel porto di Al Zawiya.
Il giorno prima, dopo la scorribanda di questi gommoni di miliziani armati, è arrivata una motovedetta classe Bigliani, una di quelle ex Guardia di Finanza regalate dal Governo italiano per le operazioni di cattura e deportazione in mare della cosiddetta guardia costiera libica. Motovedetta ben riconoscibile, la “Zawiyah”, numero identificativo 656, e che ci ha minacciato come i miliziani il giorno precedente: intimazione di andare via, fare rotta nord, via radio canale 16vhf.
Se le milizie armate hanno violato il diritto internazionale marittimo (Unclos), intimidendo e minacciando un’altra nave, anche la cosiddetta guardia costiera libica ha agito fuori dalla legalità perché su quelle acque internazionali non può esercitare alcuna sovranità nazionale, prevista solo entro le 12 miglia dalla costa. Quindi quell’ordine era totalmente illegittimo oltre che ingiustificato.
Dopo i miliziani non identificati e la motovedetta 656, “Mediterranea” è stata affiancata in scia da un potente assetto cabinato, che ha seguito la nave per ben 25 ore, da lunedì sera a ieri. A bordo sicuramente un ufficiale della cosiddetta guardia costiera libica, formato magari a Gaeta da addestratori italiani: inglese ottimo, modi professionali. Nessuna intimazione, solo scorta. Da quell’assetto a un certo punto, è arrivata la risposta su un possibile Sos dentro le acque di competenza libica: “Abbiamo provveduto, non abbiamo bisogno della vostra cooperazione”.
E poi, stanotte (tra mercoledì e giovedì), quella runaway boat, al largo di Tripoli e la tragedia per fortuna scongiurata. Dopo due giorni di attenzionamento di tutta l’area tra miliziani e assetti “istituzionali”, di notte ci sono solo i trafficanti senza scrupoli né pietà. Che relazione esiste tra questi diversi livelli di “gestione” del mare e degli esseri umani? Quello è il tratto di mare dei naufragi fantasma, delle catture e deportazioni nei famigerati lager come quello di Almasri a Mitiga o quello fondato dal famigerato Bija proprio a Zawiya. È il tratto di mare anche delle runaway boat, dove il disprezzo per la vita è tale da gettare in mare persone.
Il “sistema Libia” ha prodotto tutto questo. Questa promiscuità tra legale ed illegale, tra criminalità organizzata in milizie e istituzioni riconosciute. Si somigliano tutti in mare. Se le prove per dire che si tratta degli stessi soggetti non ci sono ancora, per raccontare che di giorno si presentano come guardia costiera e di notte agiscono come trafficanti ed assassini, basta però vedere come milizie e governativi trattano allo stesso modo le vite di donne, uomini e bambini: spazzatura quando li rinchiudono in un lager dopo averli catturati in mare, spazzatura quando li buttano in acqua senza pietà. Alle autorità libiche glielo abbiamo insegnato noi, Paesi civili e democratici, che quelle vite sono sacrificabili.
Anche per questo alle dieci persone soccorse questa notte non possono essere imposte ulteriori inutili sofferenze: devono essere sbarcate al più presto nel più vicino porto sicuro».
foto di Mediterranea Saving Humans
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