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Papa Leone incontra i movimenti popolari di Arena di pace 2024

Papa Leone incontra i movimenti popolari di Arena di pace 2024

CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Oltre trecento delegati di movimenti e associazioni che nel maggio dello scorso anno diedero vita a Verona all’Arena di pace, promossa da p. Alex Zanotelli, in accordo con diocesi e Comune di Verona (v. Adista Notizie e Adista Segni Nuovi n. 20/24), sono stati ricevuti ieri in udienza in Vaticano da papa Leone XIV.

Un incontro programmato da tempo, quando c'era ancora papa Francesco, che il nuovo pontefice ha voluto confermare, a cui ha partecipato una folta rappresentanza di movimenti e gruppi italiani impegnati su pace, giustizia, ambiente e solidarietà internazionale, sia cattolici che laici: Azione cattolica, Acli, Agesci, Comunità di sant’Egidio, Movimento dei Focolari, Beati i costruttori di pace, Pax Christi, Noi Siamo Chiesa e Comunità cristiane di base insieme ad Anpi, Amnesty international, Assopace Palestina, Attac, Mediterranea Saving Humans, Libera, Forum dei movimenti italiani per l’acqua pubblica, Rete pace e disarmo, Movimento Nonviolento, Comitato riconversione Rwm, Cipax, Medici senza Frontiere, Un ponte per, Ultima generazione.

Di pace e nonviolenza ha parlato papa Leone. «La costruzione della pace inizia col porsi dalla parte delle vittime, condividendone il punto di vista», ha detto Prevost, ricordando l’abbraccio – all’Arena pace 2024 – fra Aziz Sarah, palestinese a cui l’esercito di Israele ha ucciso il fratello, e Maoz Inon, israeliano al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas, presenti anche ieri in Vaticano. «Questa prospettiva è essenziale per disarmare i cuori, gli sguardi, le menti e denunciare le ingiustizie di un sistema che uccide e si basa sulla cultura dello scarto», ha aggiunto il pontefice, con un lessico “bergogliano”.

Quindi il riconoscimento del lavoro «dal basso» di associazioni e movimenti. «La storia, l’esperienza, le tante buone pratiche ci hanno fatto comprendere che la pace autentica è quella che prende forma a partire dalla realtà – territori, comunità, istituzioni locali – e in ascolto di essa. Questa pace è possibile quando differenze e conflittualità non vengono rimosse ma riconosciute, assunte e attraversate», ha detto ancora Prevost. È la nonviolenza attiva: «Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale, quando coloro che hanno subito ingiustizia e le vittime della violenza sanno resistere alla tentazione della vendetta, diventano i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. La nonviolenza come metodo e come stile deve contraddistinguere le nostre decisioni, le nostre relazioni, le nostre azioni».

Resta sul generale papa Leone – contenuti e stile comunicativo sono diversi da quelli del suo predecessore – ma si coglie comunque nelle sue parole un richiamo ai leader politici mondiali a correggere la linea fondata su riarmo e difesa. «Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace», ha detto Prevost, non solo le «istituzioni politiche nazionali o internazionali», ma anche quelle «educative, economiche e sociali», perché «è l’insieme delle istituzioni a essere chiamato in causa». Con l’appello finale ai movimenti a non tirarsi indietro, ma a «essere presenti dentro la pasta della storia come lievito di unità, di comunione, di fraternità».

«È stato importante questo incontro con il papa perché ha permesso alle varie realtà associative, movimentiste che hanno animato l’Arena di pace, di ritrovarsi insieme per rinnovare la costanza in difesa della pace e della giustizia nel mondo, con la volontà di proseguire questo cammino per far nascere un grande movimento popolare di cui c’è bisogno in questo momento così critico della storia umana», dichiara p. Zanotelli. Fermezza da parte del papa sul no alle armi è quello che auspica Rete pace e disarmo: «Riduzione delle spese militari e disarmo sono le azioni da mettere in pratica per fermare la guerra bloccando gli interessi di un complesso militare-industriale-finanziario che alimenta i conflitti». Presente anche don Mattia Ferrari: «Soccorrere le persone, accoglierle e strapparle ai naufragi e ai respingimenti significa dare carne a quella fraternità che, come ha detto il papa, deve essere scoperta, amata, sperimentata, annunciata e testimoniata», spiega il cappellano di Mediterranea, che ha partecipato all’incontro insieme anche a Refugees in Libya, che si batte per vedere riconosciuti i diritti umani di profughi e rifugiati sottoposti a violenze di ogni tipo in Libia e Tunisia a causa delle scelte politiche dei governi italiani ed europei. «Grazie anche allo straordinario supporto di papa Francesco, oggi abbiamo una nuova nave di soccorso. Con quella praticheremo nel concreto e non solo a parole, ciò che ieri ci ha detto papa Leone, al quale va tutta la nostra gratitudine per averci, ancora una volta, mostrato una Chiesa attenta agli ultimi e a chi patisce l’ingiustizia e gli orrori di questo mondo».

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