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Appello di protestanti alle loro chiese: su Gaza serve più coraggio
Tratto da: Adista Notizie n° 22 del 07/06/2025
42273 ROMA-ADISTA. Durissima condanna per quella che sembra essere una nuova «soluzione finale» progettata e messa in atto dal governo israeliano di Benjamin Netanyahu a Gaza. Ma anche profonda delusione per i «silenzi», le «omissioni» e gli «equilibrismi» da parte delle Chiese protestanti europee e italiane su quanto sta avvenendo nella Striscia. La netta presa di posizione arriva da un gruppo di credenti evangelici italiani appartenenti a diverse denominazioni protestanti (valdesi, metodisti, battisti) che ha deciso di alzare la voce contro lo sterminio della popolazione palestinese perpetrato da Israele e i silenzi delle loro stesse Chiese.
«Quanto sta accadendo a Gaza, in questi mesi e in queste ore, è di una gravità inaudita. La popolazione civile disarmata, in gran parte composta da bambini, donne e anziani, è fatta oggetto di strage da parte dell’esercito israeliano armato fino ai denti, con armi di ultima generazione di provenienza occidentale», si legge nel documento (“Dalla parte di Abele”) sottoscritto da Massimo Aprile, Eliana Bouchard, Simone Caccamo, Rosario Confessore, Marco Davite, Piera Egidi, Hilda Girardet Luciano Griso, Anna Maffei, Dario Monaco, Eric Nofke, Nicola Pantaleo, Enrico Parizzi, Bruna Peyrot, Gregorio Plescan, Davide Rosso, Erica Sfredda, Pasquale Spinella, Letizia Tomassone, Gianna Urizio e Aldo Visco Gilardi. «La popolazione è allo stremo, privata, a causa del blocco imposto da Israele, persino dei soccorsi umanitari inviati da svariati Paesi per sventare carestia ed epidemie. Così facendo l’odio sistematico cresce e si moltiplica fra chi sopravvive. A meno che, nell’intenzione del governo israeliano, non ci sia l’intento di una soluzione finale senza superstiti», si legge ancora. «Proviamo orrore per la strage di Hamas del 7 ottobre, per la violenza cieca messa in atto contro la popolazione inerme», tuttavia «l’azione militare in corso a Gaza, ma anche in Cisgiordania, è sproporzionata, crudele, disperata. Sproporzionata per il numero di vittime e per le distruzioni che sta producendo. Crudele perché colpisce persone disarmate e vulnerabili. Disperata perché mette in pericolo anche coloro che sono ostaggio di Hamas e con questa politica proietta un’ombra di morte sul futuro di entrambi i popoli».
Di fronte a questa situazione sono deboli «le prese di posizione provenienti dal mondo protestante europeo che continua a considerare Israele una vittima circondata da vicini che non avrebbero altro scopo se non quello di cancellarlo dalla regione. Come credenti evangelici – scrivono i firmatari del documento – siamo estremamente delusi e scandalizzati dai silenzi, dalle omissioni, dagli equilibrismi che impediscono alle nostre strutture ecclesiastiche e ai nostri leader di nominare esplicitamente quel che oggi accade a Gaza. Le prese di posizione sono timide, arretrate, ambigue. Nel documento della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (approvato il 10 maggio dalla VI Sessione della XX Assemblea Fcei, ndr) il conflitto sembra iniziato il 7 ottobre e non quasi un secolo fa. Nessun riferimento alla politica di colonizzazione di Israele in Cisgiordania che ha reso impraticabile la soluzione dei due Stati, nessun riferimento alle violenze dei coloni, alla costruzione di muri, alla distruzione di abitazioni e coltivazioni dei contadini palestinesi obbligati a lasciare il Paese per accamparsi negli stati vicini».
«Cosa ci impedisce di dire sì sì, no no come ci viene comandato?», chiedono i firmatari del documento. «Cosa ci impedisce di chiamare strage una strage e massacro un massacro? Cosa ci fa venire meno al nostro dovere di verità e profezia davanti a uno dei più orrendi avvenimenti degli ultimi decenni? Non possiamo avallare questo clima di “guerra inevitabile” che si sta diffondendo e penetra i nostri discorsi inducendoci a rinnegare la nostra cultura di pace che implica, sì, anche gesti di disobbedienza». Il ricordo va a Tullio Vinay (pastore valdese, senatore della Sinistra indipendente dal 1976 al 1983) che nel 1982, insignito della Stella dei Giusti, disse all’ambasciatore israeliano: «La mia politica, anche ora al Senato, vuol essere mossa dall’amore per gli altri ed essere perciò soprattutto difesa dei deboli e degli oppressi. In questa occasione, perciò, signor ambasciatore, mi trova in un campo diverso. Per la stessa ragione per la quale sono stato, anche con gravi rischi, vicino alle sofferenze degli ebrei, non posso ignorare, ora, quelle dei palestinesi. Non si stupisca. Sempre dalla parte di Abele».
Allora «cosa impedisce ai cristiani evangelici di oggi, di affermare con la stessa chiarezza che anche noi non ci lasceremo trovare da un’altra parte che non sia quella di Abele?», conclude il documento degli evangelici italiani: «L’imparzialità in questi giorni di strage non è più possibile. L’equidistanza avalla le scelte del più forte».
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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