
Speriamo che sia femmina: in Germania, 9 teoleghe chiedono l’iscrizione al seminario
Tratto da: Adista Notizie n° 23 del 14/06/2025
42285 FRIBURGO-ADISTA. La questione femminile nella Chiesa è uno dei banchi di prova per il nuovo pontificato e per molti cattolici, che chiedono pari diritti per le donne, non solo per quanto riguarda le posizioni apicali nella Curia romana e non solo, ma anche a livello ministeriale, con l’accesso al sacerdozio. Questo scenario è già più che presente e ha preso forma recentemente in Germania in maniera particolarmente incisiva con la richiesta di nove giovani teologhe, presentata il 22 maggio scorso, di entrare nel seminario di Friburgo, il Collegium Borromaeum. Le loro lettere di candidatura sono diventate una sorta di campagna, diffusa anche su Instagram con lo slogan “Mein Gott diskriminiert nicht-meine Kirche schon” (“Il mio Dio non discrimina, la mia Chiesa sì”). Ne hanno parlato lungamente il 2 giugno con il rettore del seminario e vescovo ausiliare mons. Christian Würtz, in quello che è stato definito come il possibile inizio di uno scambio aperto (e un ulteriore momento di confronto è previsto a breve).
«Sappiamo che il vescovo non viola le regole della Chiesa universale se ci ordina sacerdoti. Ma ci preme cambiare gradualmente la struttura generale della Chiesa cattolica. Le donne non vogliono più essere subordinate», ha affermato Stephanie Gans, una delle promotrici, dopo il colloquio con Würtz (Katholisch.de, 3/6); il colloquio di due ore potrebbe essere l'inizio di uno scambio onesto e aperto. «Vogliamo avviare un cambiamento e non ci accontenteremo di piccole concessioni», ha sottolineato Lisa Baumeister.
È il segnale, dunque, di un primo, embrionale riconoscimento da parte della Chiesa (tedesca) della vocazione femminile al sacerdozio? Di certo questa accoglienza è stata una sorpresa positiva, anche se «il fatto che non mi sia permesso diventare sacerdote significa, in definitiva, che devo sempre subordinarmi a un uomo, un prete, ad esempio, come assistente pastorale», è il commento di una terza candidata, che insieme ad altre quattro vuole restare anonima, nel timore che la campagna possa compromettere le loro possibilità di raggiungere l’obiettivo. Tuttavia, questo avvio promettente dà «la sensazione che qualcosa di positivo possa emergere dal nostro agire, e che non si esaurirà».
Da parte sua, il rettore del Seminario Würtz ha affermato di comprendere le richieste delle teologhe, riconoscendo che la Chiesa cattolica «purtroppo non sfrutta appieno il potenziale femminile». Ma non crede, ha ammesso, che la Chiesa sia pronta a una svolta sulla questione del ministero ordinato. «Sarebbe disonesto prometterlo, anche se è chiaro che un maggiore coinvolgimento delle donne sarebbe un beneficio per l'intera comunità ecclesiale», ha affermato.
Un tema che divide
Se il Diritto canonico afferma chiaramente che solo gli uomini, in quanto successori dei discepoli maschi di Gesù, possono diventare sacerdoti, si ricorderà come questa tesi fosse stata confermata con forza da Giovanni Paolo II con la lettera apostolica del 1994 Ordinatio sacerdotalis nonché dalla successiva “Risposta” (1995) dell’allora card. Joseph Ratzinger, nella sua veste di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ai dubbi riguardanti la definitività di questa esclusione. Ratzinger dichiarò che sì, «questa dottrina esige un assenso definitivo poiché, fondata nella Parola di Dio scritta e costantemente conservata e applicata nella Tradizione della Chiesa fin dall'inizio, è stata proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale». L’esclusione delle donne dal sacerdozio, insomma, fu dichiarata parte del depositum fidei, suscitando l’indignazione dei cattolici riformisti nella Chiesa e di numerosi biblisti, che riguardo al fondamento biblico della scelta di discepoli maschili sostenevano la tesi opposta. E se ci sono, invece, anche i cattolici che non vogliono nessun cambiamento, le teologhe di Friburgo non si lasciano intimidire. «Sono convinta che sarei una grande risorsa per l'arcidiocesi di Friburgo come sacerdote», scrive una delle donne nella propria lettera di candidatura. Un’altra sottolinea come Dio desideri che tutti possano servire la Chiesa in libertà e realizzare la propria vocazione.
Intanto c’è da registrare che l’iniziativa delle nove teologhe sta ricevendo grande solidarietà e sostegno online; da tutta la Germania arrivano richieste su dove e come candidarsi per diventare sacerdoti. Del resto, in questo Paese in particolare il tema è molto avvertito. Nel 2021 ebbe un grande successo il libro della teologa suor Philippa Rath, Weil Gott es so will (“Perché Dio lo vuole”), che raccoglieva 150 testimonianze di donne che si sentono chiamate a diventare sacerdoti o diacone. Il libro arrivò anche al papa. Ora, un sostegno all’iniziativa delle nove teologhe è arrivato anche dalla Facoltà Teologica Cattolica dell'Università di Friburgo, che rileva come non ci siano convincenti ragioni scientifiche contrarie all'ordinazione sacerdotale delle donne. Una candidatura analoga è stata presentata anche al seminario di Speier.
Stephanie: “Non voglio aver bisogno di un uomo per i sacramenti”
Stephanie Gans, 27 anni, per lungo tempo ha evitato di porsi la questione, per paura della risposta. Cresciuta a Speier, ha fatto tutta la trafila consentita a una donna, da chierichetta a catechista, poi, dopo il diploma di scuola secondaria, nel 2019 si è iscritta all'Università di Friburgo per diventare assistente pastorale. «Solo durante gli studi – afferma, secondo quanto si legge su katholisch.de (6/6) – mi sono resa conto di quanto la Chiesa discrimini ed escluda le persone»: l’immagine che ha di Dio non combacia con un sacerdozio solo maschile e il rifiuto dell'amore per le persone queer: «Per me, far parte di un'istituzione del genere è inaccettabile», ammette. Impara a interpretare i passi biblici in modo diverso. Nel 2023, durante un ritiro nel silenzio, «i pezzi del puzzle sono andati al loro posto», racconta. Ma non utilizza il termine "vocazione", che considera troppo limitante: «Posso essere d'accordo sul fatto che Dio abbia posto in noi delle capacità», afferma, «ma noi esseri umani dobbiamo agire e decidere da soli cosa vogliamo dalla nostra vita». Per lei, considerare i sacerdoti come scelti esclusivamente da Dio è una porta d'accesso all'abuso di potere. Si sente chiamata a celebrare le benedizioni, a occuparsi delle preoccupazioni delle persone. «I compiti mi sono venuti facili e ho trovato le parole giuste al momento giusto», spiega. Quello che desidera è accompagnare le persone nei momenti felici e in quelli difficili, come il battesimo, la confessione, il matrimonio, ma non vuole, come assistente pastorale, ritrovarsi a dover dire: «Ora abbiamo bisogno di un uomo che amministri i sacramenti».
Si è unita a una rete di donne cattoliche promotrici dell’iniziativa "Il mio Dio non fa distinzioni", fondata nel 2020, con cui ha condiviso la propria storia, fino a trovare il coraggio di parlarne pubblicamente, durante una Giornata per il diaconato femminile.
Oltre 430.000 persone hanno visualizzato il video della presentazione della candidatura su Instagram. «Tantissime persone ci hanno ringraziato per il nostro coraggio nel compiere questo passo», afferma. E nell’attesa del prossimo passo, uno scambio tra teologhe e seminaristi, «chissà cosa deciderà Leone a Roma», dice Stephanie. Ridendo.
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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