Ponte sullo Stretto di Messina: nuovo reclamo all’Unione Europea di Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF
Fra due giorni, mercoledì mattina, alle 12.30 ha precisato il ministro per le Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini, ci sarà l’approvazione del progetto definitivo per l’avvio dei lavori del ponte sullo Stretto di Messina: Il Comitato Interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) renderà infatti nota la propria decisione sulla fattibilità dell’opera.
Rimane inflessibile il No di WWF, Greenpeace, Legambiente, Lipu che stamattina, 4 agosto, hanno presentato, un nuovo reclamo all’Unione Europea ad integrazione di quello già inviato il 27 marzo di quest’anno. «L’impatto ambientale del Ponte sullo Stretto di Messina – scrivono nel ricorso – è certo, documentato e, dopo anni di negazioni, ammesso dagli stessi proponenti l’opera. Per superare questa impasse è stata avviata una procedura speciale che consentirebbe comunque la realizzazione del Ponte secondo condizioni precise fissate dalle norme comunitarie, condizioni che però non sono state rispettate».
È vero che la Commissione VIA-VAS ha espresso una Valutazione d’Incidenza Ambientale positiva di compatibilità ambientale, ma ha condizionato la procedura di autorizzazione in deroga a 62 prescrizioni (ancora da ottemperare) tra cui, appunto, questa procedura speciale aggiuntiva. Ovvero la procedura di autorizzazione in deroga poneva tre condizioni ineludibili, precisano le associazioni: «l’assenza di alternative rispetto al progetto che produce impatti, la presenza di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico che lo giustifichino, e interventi ambientali compensativi che bilancino gli impatti che provoca».
Di seguito il testo diffuso dalle tre associazioni.
L’impatto ambientale del Ponte sullo Stretto di Messina è certo, documentato e, dopo anni di negazioni, ammesso dagli stessi proponenti l’opera. Per superare questa impasse è stata avviata una procedura speciale che consentirebbe comunque la realizzazione del Ponte secondo condizioni precise fissate dalle norme comunitarie, condizioni che però non sono state rispettate. Per questo le Associazioni Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF hanno presentato oggi, 4 agosto, un nuovo reclamo all’Unione Europea ad integrazione di quello già inviato il 27 marzo di quest’anno.
Oggetto del reclamo è il secondo parere della Commissione VIA VAS (n. 72/2025) con cui si è chiusa la cosiddetta procedura di “livello III della VINCA” (Valutazione d’Incidenza), cioè la procedura che si è dovuta obbligatoriamente attivare perché indicata dal primo parere della Commissione VIA VAS (n. 19/2024), che pur rilasciando parere positivo di compatibilità ambientale dell’opera lo ha condizionato a ben 62 prescrizioni (ancora da ottemperare) tra cui, appunto, questa procedura speciale aggiuntiva.
Se non ci fossero impatti ambientali questa procedura non sarebbe mai stata avviata. Questa, infatti, si attiva solo in presenza di impatti ambientali acclarati e non mitigabili che riguardano aree tutelate dalle direttive comunitarie Habitat e Uccelli, cioè i siti della Rete Natura 2000, che interessano anche lo stretto di Messina, sia il lato siciliano che quello calabrese oltre che il tratto di mare che li separa. La Commissione VIA VAS ha evidenziato gli impatti ambientali che il Ponte produrrebbe e, quindi, per poter procedere all’autorizzazione del progetto nonostante questo incida sui siti Natura 2000, ha prescritto la procedura di autorizzazione in deroga che però prevede tre condizioni ineludibili: l’assenza di alternative rispetto al progetto che produce impatti, la presenza di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico che lo giustifichino, e interventi ambientali compensativi che bilancino gli impatti che provoca.
Secondo Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF tali condizioni non sussistono. Inoltre il modo in cui si è tentato di dimostrare la sussistenza di questi requisiti è stato strumentale per eludere il parere che altrimenti si darebbe dovuto chiedere all’Unione Europea. Infatti il Governo nei motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, oltre a valutazioni economiche sul rapporto costi benefici dell’opera, ampliamente opinabili, ed oltre ad effetto economico atteso dal carattere miracolistico, ha sostenuto che il Ponte avrebbe un interesse strategico anche per motivi di sicurezza militare, sanitaria e di protezione civile e in presenza di tali motivazioni la procedura viene esentata dal parere comunitario.
Ma le motivazioni militari sono paradossali non fosse perché il Ponte se militarmente strategico sarebbe il primo obiettivo da abbattere, per non dire che pensare oggi a spostamenti rapidi di mezzi e truppe via terra ha dell’anacronistico. Le motivazioni di protezione civile, richiamate sia in caso di calamità sia per gli incendi, non tengono correttamente conto dei mezzi e delle persone dislocate sul territorio, non considerano il collasso del sistema di mobilità che ci sarebbe in caso di terremoto, fingono di ignorare il sistema di dislocamento dei canadair e la gestione nazionale di questi.
Le motivazioni sanitarie addirittura sostengono l’inverosimile tesi per cui il Ponte migliorerebbe l’accesso ai servizi sanitari, si favorirebbe il coordinamento dei centri di cura, si ridurrebbe il sovraccarico ospedaliero, si migliorerebbero i servizi sanitari nel loro complesso, quando i sistemi di sanitari di Messina, Villa San Giovanni e Reggio hanno problemi di mezzi e risorse che nulla c’entrano con l’attraversamento dello Stretto.
La Commissione VIA VAS, ritenendo competenza del Governo la dichiarazione dei motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, non è entrata nel merito delle questioni e sostanzialmente ha fatto una mera presa d’atto. Non altrettanto potrà fare l’Unione Europea perché ciò significherebbe eludere i principi del trattato dell’Unione Europea e delle direttive ambientali.
La Commissione VIA VAS sembra poi non aver ritenuto di propria competenza l’analisi delle alternative, limitandosi a ratificare le analisi svolte dai proponenti e dal Governo. La soluzione a campata unica è stata infatti scelta nel 2023 da una legge ad hoc approvata dal Parlamento con voto di fiducia. Si già eccepito in sede di ricorso al TAR questo approccio di carattere notarile della Commissione VIA VAS, ma anche laddove si ritenesse questo legittimo varrebbe solo in assenza di impatti ambientali. Per non violare le direttive comunitarie ambientali, sovraordinate rispetto la normativa nazionale, è evidente che l’analisi delle alternative non è stata svolta nei termini indicati dalle direttive europee. Sul punto il Governo ha sostenuto le tesi dei proponenti l’opera, non ha dunque avuto un approccio di terzietà, per una valutazione oggettiva. Non a caso il Gruppo di Lavoro nominato sul tema dal Governo Draghi, formato in gran parte da valenti tecnici di Enti pubblici, solo qualche anno fa, nel 2021, era ufficialmente arrivato a conclusioni diverse che non sono state oggetto neppure di controdeduzioni.
Le compensazioni proposte sono gravemente insufficienti. La carenza di analisi naturalistiche su cui si basa è acclarata, perché oggetto di prescrizioni della Commissione VIA VAS non ancora ottemperate e le misure proposte sono limitate oltre che di dubbia efficacia. Siamo di fronte a monitoraggi inadeguati. Ad esempio, per la stima delle incidenze sull’avifauna migratrice sono stati strumentalmente usati dati non aggiornati, raccolti nel 2011 nell’ambito della precedente procedura VIA VINCA. È inoltre sottostimata la perdita di habitat di specie avifaunistiche, nonché le incidenze derivanti dalle modifiche ambientali a cui è sottoposta tutta l’area, in fase di cantiere e di esercizio. Non è poi stato considerato l’effetto sinergico e cumulativo generato dalle diverse opere che compongono il progetto, né sono stati valutati gli effetti cumulativi con altri piani e progetti già programmati.
A mero titolo d’esempio, ma altri se ne potrebbero fare, la reale efficacia delle misure di mitigazione per l’avifauna migratrice non è comprovata. A sostegno di questo si ricorda quanto dichiarato dall’Istituto Superiore per Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e acquisito dalla Commissione VIA VAS nel lavoro istruttorio senza però essere stato debitamente considerato: «L’impatto diretto e indiretto causato dal collegamento tra le due sponde e da tutte le infrastrutture ad esso collegato compresa l’enorme attività cantieristica per alcuni taxa (cioè alcune categorie di specie) in stato di conservazione sfavorevole o a rischio di estinzione non è mitigabile né compensabile».
Le Associazioni Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF ritengono che nessuno dei criteri obbligatori previsti dalla procedura comunitaria sia stato correttamente rispettato; pertanto, ritengono che l’Italia stia violando le disposizioni di cui alle Direttive 92/43/CEE “Habitat” e 2009/147/CE “Uccelli”. Da qui il nuovo reclamo oggi presentato ad integrazione di quello già inviato il 27 marzo di quest’anno, chiedendo l’apertura di una procedura di infrazione.
Roma, 4 agosto 2025
*Immagine generata con IA
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