Famiglia di Maria: una parrocchia romana e nuove elezioni. Ma tutto è come prima
Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 13/09/2025
42351 ROMA-ADISTA. La Famiglia di Maria e il suo braccio clericale, l’Opera di Gesù Sommo Sacerdote, commissariati da ormai più di tre anni dal Vaticano per il sistema abusante instaurato negli ultimi 30 anni dal co-fondatore e ex superiore p. Gebhard Sigl, condannato un anno fa da un tribunale canonico (v. Adista Notizie n. 39/24), atterrano in una parrocchia romana, San Giuliano, nella zona nord della capitale, sulla via Cassia. All’oscuro della criticità di questa comunità i fedeli e lo stesso parroco uscente, don Massimo de Propris, che ha appreso la realtà solo dopo la notifica del suo trasferimento e la nuova nomina.
Del provvedimento ha dato notizia lo stesso don Massimo, in un post sul sito e sulla pagina Facebook della parrocchia il 24 giugno scorso. «Dal 1 settembre – si legge – la parrocchia di San Giuliano sarà affidata all’Opera di Gesù Sommo Sacerdote, un’associazione pubblica clericale di diritto pontificio. Sarà parroco don Matteo Tosi, proveniente dalla diocesi di Teramo-Atri dove ha svolto il ministero di parroco e di vice responsabile della pastorale universitaria della diocesi».
Ma i problemi non sono risolti
Abbiamo chiesto conto al card. vicario Baldassarre Reina della decisione di affidare a una comunità problematica una parrocchia, oltretutto senza informarne i fedeli; e se la comunità abbia preso le distanze formalmente dal co-fondatore, al quale la sentenza del tribunale speciale vaticano aveva interdetto per dieci anni qualsiasi contatto con i membri e ruolo nell’associazione e nell’istituto clericale, la direzione spirituale e aveva sancito l’obbligo di risiedere in un luogo definito (tutte misure che, sia detto qui per inciso, diverse fonti ci dicono essere state aggirate).
Per ora non abbiamo ottenuto risposta. Tuttavia, basta leggere il primo messaggio di presentazione del nuovo parroco don Matteo Tosi, diffuso sul sito della parrocchia e su Facebook il 23 agosto, per rendersi conto che i problemi sono ancora tutti lì e che i tre anni di commissariamento non hanno per ora inciso sulla percezione di sé della comunità e dei membri.
Il neo-parroco di San Giuliano non fa alcun riferimento alla situazione della realtà ecclesiale cui appartiene e cui la parrocchia è stata affidata. Ma soprattutto descrive le due sorelle laiche che lo coadiuveranno come “suore” («suor Mary Nicole (…) e suor Lidia»). Così facendo, non fa che alimentare l’ambiguità che caratterizza da sempre lo status canonico delle laiche, che pur essendosi consacrate con un atto devozionale privato senza alcuna conseguenza sul piano giuridico, si presentano – e vengono presentate – con tutto un lessico e un’immagine esclusivi della vita consacrata: dall’abito al nome religioso. Del resto, non va dimenticato che le prime ordinazioni sacerdotali all’interno della comunità vennero compiute di nascosto a Fatima l’8 dicembre 1992 dal vescovo cecoslovacco molto vicino a papa Wojtyla, mons. Pavol Hnilica, autorità morale della Famiglia di Maria, contro il volere del Vaticano e senza che i candidati avessero compiuto il solito iter seminaristico previsto dalle norme della Chiesa. Tra i primi cinque “ordinati” in questo modo, illecitamente, c’è lo stesso p. Gebhard Sigl e mons. Luciano Alimandi, oggi officiale della Segreteria di Stato.
La percezione di sé, le radici nascoste ma non ignorate
C’è un modo per rendersi conto della errata percezione di sé, frutto di una antica mistificazione, che continua a permeare la maggior parte dei membri della comunità, ed è leggere gli articoli pubblicati sulla loro rivista Il trionfo del cuore. In uno di essi, molto recente, fanno appello a donazioni per una formazione che in realtà dovrebbe essere garantita dall’istituzione. In un altro spiegano perché l’abito religioso è tanto importante, per essere riconosciute come “spose di Gesù” (ancora un modo per confondere le acque, utilizzando una terminologia tipica della vita consacrata). In un altro ancora illustrano il perché della decisione di non affidare il lavoro amministrativo, un lavoro d’ufficio idealmente poco gratificante e poco allineato con la “vita religiosa”, «ai laici»: si tratta, affermano, di un lavoro che si svolge per Dio e che si vuole svolgere in proprio. Sfugge che anche loro, le sorelle, sono laiche. Nel medesimo articolo, peraltro, ammettono che la loro storia ha 50 anni: un riconoscimento inedito, dal momento che sul sito la data di nascita della comunità è collocata nel 1995 e non si fa cenno allo scomodo passato remoto. Parlare di 50 anni di storia significa essere consapevoli di discendere da una radice pesantemente settaria, quella dell’Opera dello Spirito Santo fondata nel 1972 dal prete pedofilo austriaco p. Josef Seidnitzer (di cui Sigl fu il primo collaboratore e il successore, ciò di cui erano coscienti i vescovi austriaci, come emerge da una corrispondenza) e bollata dal vescovo di Innsbruck mons. Rein hold Stecher nel 1990 come «non cattolica», sulla quale persino papa Wojtyla intervenne attraverso il sostituto della Segreteria di Stato mons. Edward Cassidy, come dimostrano documenti in nostro possesso. A Seidnitzer, insieme a Sigl, era stato ordinato di sciogliere la comunità, una sorta di seminario parallelo centrato su una pseudomistica trasmessa in seguito in larga parte alla Famiglia di Maria. Ma il “seminario” non era mai stato chiuso. «Le misure canoniche in caso di persistente grave disobbedienza di un sacerdote dovrebbero essere proseguite oltre la sospensione (a divinis, ndr) già avvenuta», scriveva Cassidy; «L’opinione pubblica dovrebbe essere informata, attraverso la stampa ecclesiastica e possibilmente anche quella laica, sul fatto che si tratta, nel "Seminario" di P. Seidnitzer, di un’iniziativa privata che non è stata riconosciuta né dalla Chiesa locale né dalla Santa Sede, e la cui cessazione è stata addirittura solennemente richiesta», allo scopo di «poter ancora limitare i danni già arrecati alla vita della Chiesa e il dolore di giovani persone di nobili sentimenti». Non risulta che la comunità abbia mai preso le distanze nemmeno da questo personaggio, Seidnitzer, che oltretutto era stato condannato tre volte (con reclusione in carcere) dal tribunale penale austriaco per abusi su minori.
Elezioni
Per tornare all’attualità, nonostante emergano chiari segni del fatto che la comunità è ancora coesa con p. Sigl (i dispositivi della sentenza sarebbero rimasti in larga parte inapplicati) e nonostante il fatto che la comunità non abbia finora riconosciuto, affrontato e superato il passato, che tante sofferenze, soprattutto psichiche e spirituali, ha generato in tante persone, sono state indette per l’inizio di ottobre le elezioni destinate a dare forma alla nuova leadership. Un passo che appare del tutto sfasato con lo stato attuale della comunità, dalla quale continuano a fuoriuscire i membri più consapevoli, tra cui diversi seminaristi. Tanto più che nessun avvicendamento, nessun ricambio generazionale sembra essere stato promosso. E viene da chiedersi se anche Franziska Kerschbaumer, Madre Agnes, che con Sigl formava la diarchia al comando della comunità, anche lei sospesa dalle funzioni durante il commissariamento, e gli exmembri del consiglio direttivo del fondatore possano essere votati. La Famiglia di Maria 2.0 rischia di essere il clone di se stessa, ripetendo per l’ennesima volta la stessa storia, una storia di derive mai controllate, mai sanzionate e di un fallimento istituzionale che dura da decenni.
*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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