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Nasce la rete dei “Preti contro il genocidio”: 400 adesioni e un appuntamento
Tratto da: Adista Notizie n° 32 del 20/09/2025
42357 ROMA-ADISTA. «Come sacerdoti cattolici, pastori e guide di comunità, siamo indignati e non possiamo tacere di fronte alla tragedia umanitaria della popolazione civile palestinese nella Striscia di Gaza e negli altri Territori palestinesi occupati». Inizia così la lettera aperta dei “Preti contro il genocidio”, finora sottoscritta da quasi quattrocento presbiteri, religiosi e anche qualche vescovo (fra cui Raffale Nogaro, emerito di Caserta, Giovanni Ricchiuti, emerito di Altamura e presidente di Pax Christi, Domenico Mogavero, emerito di Mazara del Vallo) che, da tutta Italia, si sono dati anche un primo appuntamento a Roma il prossimo 22 settembre per un momento di preghiera pubblica per chiedere a Dio «la fine del genocidio in atto a Gaza», «il disarmo dello Stato di Israele per evitare ulteriori morti di innocenti», «la condanna per crimini di guerra a tutti gli autori dello sterminio di massa in atto a Gaza», «la forza di difendere ogni vita umana» e «la sapienza di costruire una pace fondata sulla giustizia e sulla verità». Conclude l’appello: «Che il Signore dia ai responsabili delle nazioni il coraggio di negoziare e dialogare. Il coraggio per i nostri rappresentanti politici in Italia di applicare i principi della nostra Costituzione senza cedere a pressioni o compromessi. Che il Signore ci doni una pace “disarmata e disarmante” capace di costruire ponti e abbattere muri» (per aderire al documento: urly.it/31c1sj).
La rete dei “Preti contro il genocidio” non nasce «per fomentare odio o divisione, ma per dare voce unitaria alle tante iniziative personali che già esprimono denuncia e richiamo alla giustizia, nella fedeltà al Vangelo e alla Costituzione italiana», spiegano i firmatari, che chiariscono di ispirarsi a tre forze: la Parola di Dio che annuncia la pace, la Costituzione italiana che all’articolo 11 afferma che «l’Italia ripudia la guerra», gli accordi internazionali che «vietano la vendita di armi a chi compie crimini contro i civili» (vedi anche la Posizione Comune 2008/944/Pesc del Consiglio dell’Unione Europea).
La netta presa di posizione contro quello che viene chiamato senza reticenze «genocidio del popolo palestinese» nasce allora «dalla consapevolezza di “esseri umani” e dall’esigenza di vivere coerentemente la nostra fede, anche quando comporta il coraggio di pronunciare verità scomode». Respingendo qualsiasi strumentale accusa di «antisemitismo»: sia nella definizione, perché – spiegano i firmatari della lettera – l’antisemitismo «consiste nell’odio, discriminazione e violenza contro gli ebrei in quanto ebrei, mentre non ricade sotto questa definizione la critica che portiamo avanti rispetto le scelte politiche dello Stato di Israele» (come riconosce anche l’International Holocaust Remembrance Alliance: «le critiche verso Israele simili a quelle rivolte a qualsiasi altro paese non possono essere considerate antisemite»); sia nella sostanza, perché «non nutriamo alcun pregiudizio verso il popolo ebraico, anzi, riconosciamo in esso le nostre radici comuni. Al contrario denunciamo l’uso distorto del potere politico-militare e la strumentalizzazione del nome di Dio, proprio come fecero i profeti della tradizione ebraica contro i re iniqui del loro tempo».
Gli scopi della rete sono chiari. Innanzitutto «pregare per “una pace disarmata e disarmante” nei Territori Palestinesi Occupati e negli oltre cinquanta luoghi dove “stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi” sensibilizzando sacerdoti e guide di comunità e promuovendo il dialogo anche con i nemici». E poi: «denunciare il genocidio in atto a Gaza, le violenze ingiustificate contro la popolazione civile palestinese e lo stato di apartheid in vigore da oltre 70 anni in tutti i Territori palestinesi occupati; chiedere il rispetto del diritto internazionale, delle risoluzioni delle Nazioni Unite e i pronunciamenti della Corte Penale Internazionale a cui l’Italia aderisce; promuovere una cultura di riconciliazione, che passi dal riconoscimento delle responsabilità personali, politiche e militari, attraverso inchieste indipendenti ed eque sul 7 ottobre 2023, e su quanto accaduto prima e dopo quella data».
Oltre a questa prima lettera aperta, la rete dei “Preti contro il genocidio” intende mettere in campo altre azioni: la sensibilizzazione delle parrocchie e la collaborazione con altre realtà cristiane e interreligiose impegnate per la pace e la giustizia; e poi esercitare pressioni nei confronti dei parlamentari italiani per chiedere il rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, «la sospensione della vendita di armi a chi compie crimini contro i civili» e «un impegno concreto per un cessate il fuoco e un processo di pace». Primo appuntamento nazionale pubblico a Roma, il prossimo 22 settembre, alla vigilia dell’avvio della fase finale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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