
La guerra di Trump alla scienza climatica. Una minaccia al futuro del pianeta
In sei mesi di governo l’amministrazione di Donald Trump negli USA ha lanciato una guerra senza quartiere alla scienza climatica, con circa 400 azioni ostili che hanno frenato, se non addirittura invertito, il percorso di riduzione delle emissioni climalteranti. Ne dà conto un approfondimento del 12 settembre, firmato da Monica Sozzi, su Futura Network, il portale d’informazione nato nel 2020 da un’iniziativa dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS).
A partire dai dati forniti dalla Princeton University e dalle analisi di Bloomberg, l’autrice riporta le stime sull’aumento di Co2 nei prossimi anni: più 470 milioni di tonnellate di Co2 nel 2035 e più 7 miliardi di tonnellate rispetto alle previsioni precedenti nel 2050. Mandando definitivamente in soffitta gli impegni sulla transizione, minando alla base la credibilità del mondo scientifico, arrecando danni irreparabili a comunità, territori, imprese più fragili, vessati dalle conseguenze degli eventi estremi: «Una guerra alla scienza climatica che costa cara».
Il negazionismo sistematico dell’amministrazione Trump già nel precedente mandato, l’uscita dagli Accordi di Parigi, la cancellazione del “Clean Power Plan” di Barack Obama, i licenziamenti di massa nelle agenzie ambientali, l’oscuramento dei dati ecc. Tutto con l’obiettivo «di ridurre il ruolo dello Stato nella governance ambientale e favorire la filiera dei combustibili fossili, che nel solo 2024 ha donato oltre 75 milioni di dollari alla campagna elettorale repubblicana».
«Il ritiro dell’amministrazione Trump dalla diplomazia climatica, dalle Cop e dagli impegni multilaterali – conclude Sozzi – indebolisce il ruolo globale degli Stati Uniti e gli sforzi collettivi contro la crisi climatica». «Le assicurazioni aumentano, le tasse locali crescono, e le fasce più fragili della popolazione sono quelle che pagano il prezzo più alto»
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