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Gesù, la Chiesa, la resurrezione. Il terzo “quaderno di teologia popolare” di José Castillo

Gesù, la Chiesa, la resurrezione. Il terzo “quaderno di teologia popolare” di José Castillo

Tratto da: Adista Notizie n° 34 del 04/10/2025

42380 TRAPANI-ADISTA. È arrivata alla sua ultima tappa la pubblicazione, da parte dell’editore trapanese il Pozzo di Giacobbe, dei “quaderni di teologia popolare” redatti da José María Castillo, uno dei più importanti teologi del secondo Novecento e del primo ventennio del XXI. I quaderni, nati negli anni ‘70 nel contesto delle Comunità Cristiane Popolari e del movimento delle Comunità di Base, circolarono dapprima come dattiloscritti e solo successivamente vennero pubblicati dall’autore in Spagna, tra il 2012 e 2013. Dallo scorso anno, con il primo quaderno (La Buona Notizia di Gesù) è iniziata la pubblicazione in lingua italiana; dopo il secondo quaderno, che si intitola Il Regno di Dio, è ora stato pubblicato il terzo e ultimo volumetto, La fine di Gesù e il nostro futuro (il Pozzo di Giacobbe, 2025, pp. 136, €15; il libro può essere acquistato anche presso Adista, 06/6868692, abbonamenti@adista.it, www.adista.it/libri). Forse il più interessante, perché chiarisce ciò che i Vangeli – spiega Castillo in premessa – «dicono sulla fine della vita di Gesù come pure sul futuro che ci aspetta».

Castillo racconta che «gli osservanti religiosi (farisei e scribi) e i capi religiosi (sommi sacerdoti e anziani) si sono scontrati così duramente con Gesù» perché lui «non si è sottomesso, in obbedienza, agli obblighi e ai rituali che esigevano i sacerdoti del Tempio e i dottori della legge. Gesù è stato un uomo libero. Ed è stata la sua libertà, al servizio della bontà e della Misericordia, che ha portato alla morte». Perché nella predicazione “eversiva” di Gesù il fattore decisivo «non è la sottomissione dell'umano al Divino»; ma che «l'umano si liberi a tal punto dall’“in-umano” da farci conoscere il divino che si rivela nella nostra umanità».

Gesù viene fatto arrestare perché «la religione del tempio che ha il suo centro nei riti, da una parte, e la religione di Gesù che ha il suo centro nella condotta etica, dall'altra, sono incompatibili»; e i capi religiosi se ne erano accorti, almeno dal giorno in cui «Gesù è entrato nel tempio e ha detto che quel luogo sacro si era trasformato in un luogo di ladroni», criticando con durezza «non solo l'immoralità e la corruzione del personale del tempio, ma anche l'inutilità dei riti che ivi si celebravano».

Rispetto al tema della resurrezione, Castillo chiarisce che la concezione della separazione dell'anima e del corpo come di due parti che unite costituiscono le componenti dell'essere umano «non è altro che una teoria che in tempi molto antichi hanno avuto (e insegnato) i greci. Nella Bibbia non si parla affatto di questo. Il nostro corpo è una componente di noi stessi. Ecco perché la resurrezione non è la “separazione dell'anima del corpo”, bensì la “trasformazione” dell'essere umano nella sua totalità. Il che significa che la cosa più ragionevole è pensare che la resurrezione si verifica nel momento stesso in cui arriva la morte per noi». A causa della resurrezione – dice Castillo – Gesù «non ha smesso di essere “umano” e ha cominciato a essere “divino”». Piuttosto, «mediante la resurrezione Gesù ha raggiunto e reso reale la pienezza “dell'umano”. Dio lo ha costituito così “pienamente umano” che non poteva essere se non anche “pienamente divino”. Perché in Gesù Risorto, “il divino” e “l’umano” si fondono in uno».

Rispetto alla Chiesa, Castillo analizza il modello di comunità ecclesiale proposto da Paolo, che non conosceva i vangeli né aveva vissuto con Gesù. Il modello di Paolo è quindi fondato sulla cultura che conosceva, legata alla tradizione della sinagoga e ai rapporti di potere instaurati dai Romani. Il modello di Paolo è assai diverso dal modello di Chiesa proposto dai vangeli, che però sono arrivati successivamente alla predicazione dell’apostolo e hanno integrato il modello paolino senza riuscire a sostituirlo. Castillo citando Gerhard Lohfink sostiene che in ogni caso «il problema non è se Gesù abbia fondato la Chiesa, ma se la Chiesa sia fondata in Gesù». In questo senso nelle sue conclusioni il teologo riconosce a papa Francesco di aver incarnato «un modello di papa molto diverso da quelli precedenti», ma che questo non basta «a riorientare questa Chiesa e questo mondo».

Il problema più profondo che dobbiamo affrontare come credenti in Dio e in Gesù, secondo Castillo, è quello che ha saputo prospettare Dietrich Bonhoeffer quando teorizzò che il futuro del cristianesimo è il futuro di una fede senza religione. «È un fatto – spiega Castillo – che, nella misura in cui i popoli crescono economicamente si sviluppano il campo della tecnologia e della scienza, in quella stessa misura la religione si diluisce, le pratiche religiose restano indietro o al margine della vita». Dissolte strutture e liturgie, resta un'etica che realizzi attraverso la giustizia tra gli uomini l'incontro con il Dio che ci ha fatto conoscere Gesù. «Il compito delle prossime generazioni sarà quello di cercare strade e forme per realizzare concretamente questo progetto, come (stando ai vangeli) Gesù lo ha realizzato nella sua vita».

 

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