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Caro Gesù bambin@

Caro Gesù bambin@

La notte di Natale del 1223 San Francesco, a Greccio, “inventò” il Presepe, per avvicinarsi il più possibile all’esperienza unica del primo Natale. Il Presepe doveva parlare alla gente del suo tempo e da allora, racconta la povertà incarnata in ogni tempo (e come potrebbe raccontare altro!). Poi sono nati quelli artistici, in una specie di cristallizzazione della Natività, ma sempre con qualche aggiunta di riferimenti contemporanei, a volte discutibili: i vestiti delle statuine, le botteghe, le statuine con il volto dei vip!

Da allora il Presepe parla di noi e dell’impoverimento che colpisce tutti, soprattutto i più poveri; parla della guerra e dei migranti. Anche quest’anno, nella mia parrocchia, ci stiamo preparando alla Tua venuta: l’albero è pronto, così le luci per le strade, i regali da scambiarsi; il presepe sta prendendo forma. Ho tirato fuori l’antica e polverosa statuina di cartapesta che Ti rappresenta e che la notte di Natale riceve il tradizionale bacio dei fedeli. Ti raffigura roseo, biondo, con gli occhi azzurri, ben nutrito e con la camicina di trine. Non Ti dispiacere se non mi dice niente: questa statuina poco Ti rassomiglia e Tu lo sai. Anche quest’anno mi sono chiesto: oggi come nascerebbe Gesù, dove e in quale situazione si incarnerebbe? E ho pensato a come sarebbero andate le cose se fossi nato “Bambina”!

Ti ringrazio per avermi tolto dall’imbarazzo di immaginarti presente in una statua di cartapesta e ti ringrazio perché sei bambina e bambino di carne, perché sei i bambini e le bambine della Palestina e della Striscia di Gaza, dell’Ucraina e del Sud Sudan e sei tutti gli ultimi e diseredati della terra: sei senza casa, senza terra, senza lavoro, senza alimenti, senza salute, senza educazione, senza libertà, senza giustizia, senza indipendenza, senza democrazia, senza pace, senza patria, senza domani; sei il barbone, il drogato, l’extracomunitario, il diversamente abile, il malato di mente.

Non sei mai l’Erode di turno, il potente, il superbo, il ricco!

E ripenso al racconto del Vangelo sulla Tua nascita: così sobrio e scarno rispetto alle oleografie edulcorate della tradizione, ai presepi di sughero e cartapesta diventati opere d’arte che ci parlano della sensibilità e del gusto di epoche passate, ma non sanno dirci più nulla di Te; penso al Natale della pubblicità che vuole addirittura farci dimenticare di Te. E’ cosi scarno il racconto dei Vangeli perché vuole essere riempito da noi, perché Tu o ti incarni ogni volta nella storia reale e concreta, tra le pieghe e negli scarti della Storia, quella decisa dai potenti e dai violenti, oppure non vieni!

Quest’anno nasci anche donna, come quelle maltrattate, vendute, violentate. Ti incarni donna per indicare - a quei teologi che ancora dicono che siccome sei nato maschio, solo i maschi possono sentirsi chiamati al presbiterato - la strada che non discrimini più le donne che chiedono di poter essere preti; diventi uno di noi, un essere umano che, come Te, Maria e Giuseppe, non trovano posto nell’alloggio che è il nostro Paese, l’Italia, e si arrangiano in una roulotte, mangiatoia del terzo millennio; nasci profugo come Te con Maria e Giuseppe, che foste migranti in Egitto.

Da quello “inventato” da San Francesco d’Assisi a quelli di oggi, il Presepe deve entrare nella vita e la vita nel Presepe. Presepe significa mangiatoia: mangiatoia di cartoni e giornali dove dormono i poveri, in una odierna strage degli Innocenti. Perciò il Presepe ogni anno infonde in noi tanta speranza. Una speranza che è anche una promessa, la grande promessa di Dio racchiusa nel Natale: Egli condivide sempre la sofferenza dell’umanità provocata dall’Erode di turno. Perché Dio ha deciso di intrufolarsi nella Storia e diventare uno di noi, un essere umano pure lui; e non è una lezione da poco! Bisogna pensare con terrore, e non per un momento soltanto, alla voglia attualmente diffusa di non mescolarsi agli altri, bisogna pensare con sgomento ai miti risorgenti della razza, ai rigurgiti di autoritarismo e di teocrazia, al modo in cui trattiamo le donne, gli stranieri, i diversi, chi non la pensa come noi! E invece, apriamole bene le nostre orecchie all’annuncio di Dio: è iniziato il grande melting pot tra noi e Lui, il Dio meticcio. Prepariamoci ad adorarlo, a cadere in ginocchio, sconvolti, davanti al nostro Dio che quest’anno si incarna anche nelle donne. Come 2000 anni fa, Dio irrompe nel nostro oggi attraverso la semplicità del Presepe: di quella semplicità che cambia la Storia e la Chiesa, e fa progredire tutta l’umanità.

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