IL CARDINAL MARTINI SOGNA E PROPONE UN CONCILIO NEL PROSSIMO DECENNIO
Tratto da: Adista Notizie n° 73 del 16/10/1999
30053. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. «Siamo indotti a interrogarci se, quaranta anni dopo l'indizione del Vaticano II, non stia a poco a poco maturando, per il prossimo decennio, la coscienza dell'utilità e quasi della necessità di un confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni dei temi nodali emersi in questo quarantennio. V'è in più la sensazione di quanto sarebbe bello e utile per i Vescovi di oggi e di domani, in una Chiesa ormai sempre più diversificata nei suoi linguaggi, ripetere quella esperienza di comunione, di collegialità e di Spirito Santo che i loro predecessori hanno compiuto nel Vaticano II e che ormai non è più memoria viva se non per pochi testimoni». È il «sogno» che il cardinale di Milano Carlo Maria Martini ha raccontato intervenendo al Sinodo nel pomeriggio del 7 ottobre. Un sogno coraggioso in una Chiesa centralistica, massimamente verticalizzata, più unanimista che unita, come quella plasmata da Giovanni Paolo II e dalla sua Curia, dove - come rileva Martini - si sente la necessità di collegialità e di autorevolezza e di rinnovare l'esperienza di Spirito Santo fatta dai vescovi che parteciparono al Concilio Vaticano II. E che ne è stato di questo Concilio? - sembra chiedersi il cardinale di Milano - che ne è stato se solo i pochi testimoni ancora viventi ne hanno memoria? Martini sembra indicare anche i temi - tutti nodali della Chiesa contemporanea, e conflittuali - su cui "sogna" l'incontro dei confratelli vescovi: la carenza di ministri ordinati, la donna nella società e nella Chiesa, la sessualità, la disciplina del matrimonio, la prassi penitenziale. Un intervento pensato quello del cardinale di Milano, e pensato proprio durante i lavori del Sinodo, perché questo che riportiamo di seguito è un «nuovo testo» (con riferimenti anche ad interventi in aula) evidentemente diverso da quello che Martini aveva programmato. Nulla di strano, sicuramente, ma l'entità della proposta è tale da far legittimamente supporre che l'autore si sia voluto fare portavoce, se non di precise "collegiali" richieste, quanto meno di un'esigenza constatata nell'ascolto delle situazioni ecclesiali descritte dai confratelli europei. Una cosa è certa: suo malgrado, il cardinale di Milano, già fortemente "gettonato" come futuro papa (tante autorevoli riviste nel mondo desiderano e pronosticano la sua vittoria, al di là dei reali giochi che poi avverranno a porte chiuse per la "fumata bianca"), ha alzato il suo punteggio per il prossimo conclave. Di seguito il testo integrale del card. Martini, così come da lui letto in aula. Ho ascoltato con vivo interesse tutti gli interventi fatti fin qui, cercando di capire in che modo rispondessero alla domanda: come Gesù Cristo vivente nella Chiesa è oggi sorgente di speranza per l'Europa? Ma prima di esprimere qualche mio parere, vorrei fare memoria di una persona che parecchi di noi ricordano presente in quest'aula e che il Signore ha chiamato a sé il 17 giugno scorso: è il cardinale Basil Hume, arcivescovo di Westminster. Più di un intervento fatto da lui in Sinodo cominciò con le parole: «I had a dream», «Ho fatto un sogno». Anch'io in questi giorni, ascoltando gli interventi, ho avuto un sogno, anzi parecchi sogni. Ne richiamo tre. 1. Anzitutto il sogno che, attraverso una familiarità sempre più grande degli uomini e delle donne europee con la Sacra Scrittura, letta e pregata da soli, nei gruppi e nelle comunità, si riviva quella esperienza del fuoco nel cuore che fecero i due discepoli sulla strada di Emmaus (Instrumentum Laboris 27). Rimando per questo a quanto già detto da mons. Egger, vescovo di Bolzano-Bressanone. Anche per la mia esperienza, la Bibbia letta e pregata, in particolare dai giovani, è il libro del futuro del continente europeo. 2. In secondo luogo, il sogno che la parrocchia continui ad attualizzare, col suo servizio profetico, sacerdotale e diaconale, quella presenza del Risorto nei nostri territori che i discepoli di Emmaus poterono sperimentare nella frazione del pane (IL 34,47). In questo Sinodo sono già state spese parecchie parole per evidenziare il ruolo dei movimenti ecclesiali in ordine alla vivificazione spirituale dell'Europa. Ma è necessario che i membri dei movimenti e delle nuove comunità si inseriscano vitalmente nella comunione della pastorale parrocchiale e diocesana, per mettere a disposizione di tutti i doni particolari ricevuti dal Signore e per sottoporli al vaglio dell'intero popolo di Dio (IL 47). Dove questo non avviene, ne soffre la vita intera della Chiesa, tanto quella delle comunità parrocchiali quanto quella degli stessi movimenti. Dove invece si realizza una efficace esperienza di comunione e di corresponsabilità la Chiesa si offre più facilmente come segno di speranza e proposta credibile alternativa alla disgregazione sociale ed etica da tanti qui lamentata. 3. Un terzo sogno è che il ritorno festoso dei discepoli di Emmaus a Gerusalemme per incontrare gli apostoli divenga stimolo per ripetere ogni tanto, nel corso del secolo che si apre, una esperienza di confronto universale tra i Vescovi che valga a sciogliere qualcuno di quei nodi disciplinari e dottrinali che forse sono stati evocati poco in questi giorni, ma che riappaiono periodicamente come punti caldi sul cammino delle Chiese europee e non solo europee. Penso in generale agli approfondimenti e agli sviluppi dell'ecclesiologia di comunione del Vaticano II. Penso alla carenza in qualche luogo già drammatica di ministri ordinati e alla crescente difficoltà per un vescovo di provvedere alla cura d'anime nel suo territorio con sufficiente numero di ministri del vangelo e dell'eucarestia (IL 14). Penso ad alcuni temi riguardanti la posizione della donna nella società e nella Chiesa (IL 48), la partecipazione dei laici ad alcune responsabilità ministeriali (IL 49), la sessualità, la disciplina del matrimonio, la prassi penitenziale, i rapporti con le Chiese sorelle dell'Ortodossia e più in generale il bisogno di ravvivare la speranza ecumenica (IL 60-61), penso al rapporto tra democrazia e valori e tra leggi civili e legge morale. Non pochi di questi temi sono già emersi in Sinodi precedenti, sia generali che speciali, ed è importante trovare luoghi e strumenti adatti per un loro attento esame. Non sono certamente strumenti validi per questo né le indagini sociologiche né le raccolte di firme. Né i gruppi di pressione. Ma forse neppure un Sinodo potrebbe essere sufficiente. Alcuni di questi nodi necessitano probabilmente di uno strumento collegiale più universale e autorevole, dove essi possano essere affrontati con libertà, nel pieno esercizio della collegialità episcopale, in ascolto dello Spirito e guardando al bene comune della Chiesa e dell'umanità intera. Siamo cioè indotti ad interrogarci se, quaranta anni dopo l'indizione del Vaticano II, non stia a poco a poco maturando, per il prossimo decennio, la coscienza dell'utilità e quasi della necessità di un confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni dei temi nodali emersi in questo quarantennio. V'è in più la sensazione di quanto sarebbe bello e utile per i Vescovi di oggi e di domani, in una Chiesa ormai sempre più diversificata nei suoi linguaggi, ripetere quella esperienza di comunione, di collegialità e di Spirito Santo che i loro predecessori hanno compiuto nel Vaticano II e che ormai non è più memoria viva se non per pochi testimoni. Preghiamo il Signore, per intercessione di Maria che era con gli apostoli nel Cenacolo, perché ci illumini per discernere se, come e quando i nostri sogni possono diventare realtà.
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