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"PASSAGGIO A SUD-OVEST": IL MOVIMENTO PER UN ALTRO MONDO POSSIBILE ENTRA IN UNA NUOVA FASE

Tratto da: Adista Notizie n° 15 del 25/02/2006

33244. ROMA-ADISTA. Dopo gli ultimi appuntamenti internazionali, l'"altermondialismo" italiano torna a confrontarsi sulle prospettive future del movimento. Tre i nodi principali affrontati dai partecipanti al dibattito "I movimenti globali dopo Hong Kong, Bamako e Caracas", svoltosi lo scorso 15 febbraio a Roma e organizzato da Lunaria in collaborazione con il Manifesto e Carta.

In primo luogo, lo spostamento dell'asse geopolitico interno alla realtà "altermondialista", con il crescente protagonismo conquistato dai soggetti del Sud del mondo (in particolare quelli latinoamericani), e a fronte della progressiva perdita di egemonia delle organizzazioni del Nord.

In secondo luogo, il futuro della formula "Forum sociale", di cui molti auspicano un'evoluzione da spazio aperto di confronto a momento di più specifica elaborazione programmatica.

Infine, il rapporto con i soggetti istituzionali ed i governi, ovvero il problema della conciliazione fra autonomia del movimento e necessità di dare efficacia alle proprie rivendicazioni tramite la sponda politica di interlocutori privilegiati (su tali nodi, v. anche Adista n. 14/06).

Marco Berlinguer di Transform! Italia ha tracciato una mappa della dialettica interna al movimento basandosi su una coppia di alternative principali, con riferimento al profilo politico dei diversi soggetti che ne hanno costituito l'ossatura: radicali-moderati e tradizionalisti-innovatori. L'intersecarsi di queste opposte tendenze ha portato all'affermazione di una linea allo stesso tempo radicale ed innovatrice, come risultato dello spostamento dell'asse principale del movimento nel sud del mondo, dove da una parte le contraddizioni sociali derivanti dall'affermazione del modello neoliberista risultano più stridenti, dall'altra appaiono evidenti anche i limiti di alcune esperienze di governo che avevano acceso enormi speranze. Per "linea innovatrice" Berlinguer intende la rimessa in discussione dell'approccio novecentesco classico secondo il quale la conquista del potere è la prima e necessaria condizione per il cambiamento politico e sociale.

Sui fattori di discontinuità rispetto ai paradigmi novecenteschi si concentra anche l'intervento di Pierluigi Sullo, direttore di Carta. Il movimento di oggi in Italia non ha niente a che vedere con quello che poteva essere il mondo a sinistra del Pci negli anni ‘60 e ‘70. Perfino il termine ‘movimento' per Sullo è improprio, e sarebbe più esatto parlare di ‘società civile organizzata'. Questo perché il soggetto in questione ha confini estremamente fluidi, ma la sua stessa ambiguità evoca in qualche modo la vivacità del continuo rilancio delle sue pratiche costituenti. "I sindaci della protesta anti-Tav", dice il direttore di Carta, "sono iscritti ai Ds o allo Sdi", non appartengono a chissà quale realtà antagonista, ma questo è il segno della capacità di penetrazione culturale che il movimento è in grado di esercitare nella società.

Di "regionalizzazione" del movimento internazionale parlano invece Antonio Tricarico, della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, e Francesco Martone, senatore ‘indipendente' di Rifondazione. Per Tricarico la battuta d'arresto di Hong Kong può rappresentare l'avvio verso un multipolarismo imperfetto in cui i grandi accordi sulle questioni che contano saranno fatti per blocchi regionali. Questo può portare ad una grande frammentazione dei centri di potere e la strategia futura del movimento deve tenere conto del mutamento di quadro. Martone cita Noam Chomsky e la sua previsione sulla persistenza del ruolo degli Stati nazione anche in un contesto di globalizzazione neoliberista. Le pratiche di resistenza nei confronti della privatizzazione e della mercificazione dei beni comuni, oppure nei confronti di un'idea dello "sviluppo" del tutto indifferente alla sostenibilità ambientale e alla qualità della vita, sono esempi di ‘localizzazione' del conflitto pur nella conservazione di un punto di vista ‘universalistico'. Qui sta, secondo Martone, la sfida prossima futura del movimento italiano come di quello internazionale.

Infine Gianfranco Benzi della Cgil sottolinea l'impossibilità di adottare un approccio strategico-prescrittivo univoco di fronte alla grande eterogeneità dei contesti e del grado di ‘evoluzione' del modello Forum nei vari punti del pianeta. Benzi cita l'esempio del forum di Bamako per dire che se qui in Europa, oppure in America latina, si avverte la necessità di superare la fase del ‘confronto libero', per la realtà africana – dove sono spesso evanescenti o autoreferenziali le strutture preposte all'articolazione politica dei bisogni sociali - "la funzione di comunicazione del Forum rimane ancora insostituibile". (emilio carnevali)

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