RICONCILIAZIONE, GIUSTIZIA E PACE AL CENTRO DEI LINEAMENTA DEL PROSSIMO SINODO PER L'AFRICA
Tratto da: Adista Notizie n° 59 del 02/09/2006
33515. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Non più temi di rilevanza intraecclesiale, ma l'"urgenza di un impegno totale per la riconciliazione, la giustizia e la pace in tutto il Continente" è al centro dei Lineamenta per la Seconda Assemblea speciale per l'Africa del prossimo Sinodo dei vescovi – che si svolgerà con ogni probabilità nel 2009 – presentati il 27 giugno scorso. "La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. 'Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo (Mt 5, 13-14)" è infatti il tema sul quale ruoterà il Sinodo, annunciato il 13 novembre 2004 da Giovanni Paolo II e confermato il 22 giugno 2005 da Benedetto XVI, che si svolgerà a 15 anni dalla prima Assemblea per l'Africa (aprile-maggio 1994), incentrata sull'azione evangelizzatrice della Chiesa nel Continente.
A distanza di quasi undici anni dalla pubblicazione dell'Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, avvenuta nel settembre 1995, e in continuità con essa, come ha sottolineato il segretario generale del Sinodo dei vescovi mons. Nikola Eteroviæ, i vescovi sono chiamati a fare "un inventario e un esame di coscienza" sui suoi frutti ma anche sui compiti rimasti irrealizzati, chiedendosi che cosa sia stato fatto e che cosa ci sia ancora da fare in Africa, continente piagato da una disumanizzazione e da un'oppressione che negli anni si sono aggravate.
L'ampia discussione che i Lineamenta, pubblicati in francese, inglese, portoghese e italiano, dovrebbero favorire con l'aiuto di un questionario allegato e con l'ausilio di traduzioni nelle lingue locali a cura delle varie Conferenze episcopali e Chiese locali africane, sarà poi elaborata entro ottobre 2008 in un Instrumentum laboris, documento di lavoro della Seconda Assemblea.
L'Africa, oppressa e disumanizzata dal Primo Mondo
I Lineamenta non mancano di segnalare aspetti positivi della realtà africana, come il notevole aumento della presenza cattolica, ma a fronte di questo registrano un peggioramento globale: dall'aumento della mortalità infantile alla costante diminuzione del reddito nei Paesi più poveri, ad una sempre più diffusa mancanza di generi e servizi di prima necessità. Questa situazione "non può non interpellare le coscienze", scrivono i vescovi, non risparmiando accuse al "Primo Mondo": "L'Africa, oggi più che mai, dipende dai Paesi ricchi ed è più di ogni altro Continente vulnerabile alle manovre con cui essi danno con una mano e riprendono il doppio con l'altra, e mirano a mantenere un controllo forte sullo svolgimento della vita politica, economica, sociale e culturale dei Paesi africani. L'Africa è coscientemente dimenticata nel mondo che si costruisce. Ce ne ricordiamo soltanto quando occorre esibirne le miserie o sfruttarla".
I vescovi cercano le ragioni di "tanto odio, tante ingiustizie e tante guerre" in un Continente che, dal tempo della prima Assemblea, ha vissuto, tra l'altro, il genocidio in Rwanda, la crisi nel Darfur e le violenze nella Repubblica Democratica del Congo.
Tre gli ambiti presi in esame nelle loro interrelazioni: politica, economia, cultura. Dopo avere rilevato in molte parti dell'Africa l'assenza di Stati di diritto e sottolineato la sfida della formazione di una classe politica capace di recuperare il meglio delle tradizioni ancestrali ed integrarlo ai principi di «efficienza di governo» delle società moderne, i vescovi puntano il dito contro lo sfruttamento dell'Africa, che oggi permane sotto nuove forme, come "lo schiacciante fardello del debito internazionale" e le "condizioni eccessivamente severe imposte dai programmi di aggiustamento strutturale". In particolare, però, i vescovi si soffermano sul commercio delle armi, la cui responsabilità "non è solo dei belligeranti, ma anche dei commercianti di armi, che si tratti delle potenze internazionali che hanno interessi nei conflitti, e fanno di questo commercio un motivo di arricchimento o un mezzo per alimentare una situazione di instabilità in vista di finalità geopolitiche che non hanno nulla a che vedere con gli interessi delle popolazioni; o degli ideologi locali che strumentalizzano il popolo, e soprattutto i bambini, per soddisfare la loro sete di potere". È il commercio delle armi a mantenere l'Africa in perpetuo stato di guerra: "Non c'è dubbio che, in gran parte, a seminare la morte in Africa siano interessi forti che dominano il mondo, e i cui attori principali sono altrove".
Dal punto di vista socio-culturale, la sfida è "salvaguardare il meglio delle culture africane integrando il meglio che viene da fuori" e questo richiede tanto un radicamento nell'eredità culturale africana quanto la capacità critica e inventiva di integrare apporti culturali nuovi che permettano alla cultura di progredire".
Le religioni, ponte per la pace in Africa
In questa prospettiva, è fondamentale il dialogo con le altre religioni, che presenta opportunità e difficoltà, ma è evidente, dicono i vescovi, che "non ci sarà pace senza collaborazione tra seguaci delle varie religioni". Un ruolo sostanziale è quello che potrebbe essere svolto dalla religione tradizionale africana, che, in quanto humus socio-culturale a partire dal quale cristiani e musulmani possono comprendersi, può costituire una base per le religioni nella ricerca di intesa e collaborazione. L'islam "è spesso un partner importante e difficile. Importante perché, assieme ai musulmani, i cristiani possono elaborare strategie per una collaborazione fruttuosa e pacifica in tutti gli ambiti che riguardano la riconciliazione, la giustizia e la pace, la promozione di un buon governo nella società e la ricerca di una posizione comune sui valori che incidono sul carattere generale di un popolo". In ogni caso, "il rispetto del principio di reciprocità è condizione necessaria per ogni progresso nella riconciliazione, la giustizia e la pace".
Come far rinascere l'Africa?
I vescovi si interrogano sul futuro dell'Africa e su dove trovare le forze e le energie necessarie per una sua rinascita, come interrompere il circolo vizioso di violenza e guerra, come annunciare il Vangelo in un Continente segnato dall'odio, come contrastare gli eccessi della globalizzazione: la risposta sta nel riferimento a quell'immagine di Chiesa-Famiglia di Dio in Africa già delineata nell'Esortazione apostolica Ecclesia in Africa.
Solo rientrando il suo pensiero e la sua azione in Cristo, "facendolo conoscere ed amare" attraverso "un'esperienza di incontro personale e comunitario con lui", la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa, affermano i vescovi, può trovare la pienezza di vita a cui aspira.
Se la Chiesa è famiglia di Dio nel mondo, il compito della Seconda Assemblea Speciale dovrà essere quello di "accrescere la presa di coscienza dello stretto legame esistente tra la missione e la promozione umana e di tradurre nel quotidiano la Dottrina sociale della Chiesa". Questo legame si concretizza in atti di impegno per la promozione dell'uomo: istruzione, salute, assistenza ai bisognosi, progetti di sviluppo, difesa dei diritti dell'uomo e impegno per la democrazia e la realizzazione degli stati di diritto. È lo Stato, infatti, che deve garantire la coesione, l'unità e l'organizza-zione della società di cui è espressione, cosicché tutti i cittadini possano contribuire al bene comune. Perché ciò avvenga, tutte le componenti della società devono collaborare, applicando il principio di sussidiarietà.
In questo percorso, osservano i vescovi, occorre resistere ad alcune tentazioni: quella di un messianismo "che scarta come per magia la miseria, come se l'economia, il lavoro che essa presuppone e l'inventiva che richiede non fossero altro che incidenti sfortunati della nostra condizione"; quella di un'idolatria della politica che si erga a mediatore assoluto facendo a meno della religione; quella dell'utilizzo della "potenza divina per fini che contraddicono il desiderio di Dio e la sua azione".
Il compito della Chiesa
La Chiesa è chiamata a collaborare a tutti i livelli. Il vescovo "deve riconciliare, non agire per partito preso"; deve essere arbitro imparziale "di fronte al potere politico e alle diverse ideologie", per essere così in grado di "denunciare gli abusi del potere e le manipolazioni del popolo da parte di certi politici, e per difendere con energia i deboli che, impotenti, vedono calpestati i propri diritti". L'azione del vescovo sarà più efficace nella collegialità con gli altri vescovi: l'unità all'interno della Conferenza episcopale renderà credibile l'azione della Chiesa. Ogni Conferenza episcopale e, laddove possibile, ogni diocesi, dovranno avere una Commissione episcopale "Giustizia e Pace", che dovrà essere "l'occhio vigile della Chiesa locale nell'ambito della società, riguardo tutti i problemi spinosi che l'assillano, in particolare quelli relativi a giustizia sociale, equità, diritti dell'uomo, promozione del bene comune, coesistenza democratica, riconciliazione e sviluppo".
Anche il sacerdote, affermano i vescovi, deve "contribuire all'instaurazione di un ordine secolare più giusto", con la predicazione, la catechesi, le lettere pastorali e una pastorale familiare adeguata.
L'appello più pressante, tuttavia, è rivolto ai laici, il cui impegno è, secondo i vescovi, "di un'attualità e di una necessità del tutto particolari", in quanto principali protagonisti dell'avvento di riconciliazione, pace e giustizia. In tale contesto, essi sono chiamati a "combattere ogni forma di discriminazione; a costruire la società sul principio dell'u-guaglianza e dell'equità; a demistificare l'etnia; a mantenere viva la memoria di tutto ciò che nelle tradizioni africane ha contribuito e contribuisce a promuovere la pace, la giustizia e la riconciliazione; devono impegnarsi in una dinamica di riconciliazione e a intraprendere la strada della nonviolenza". Per questo, è fondamentale la formazione dei laici, che passa attraverso l'eliminazione di quelle che il documento chiama "solidarietà negative", quelle cioè che "traggono origine proprio dalla cristallizzazione dell'etnia". Ciò significa che "bisogna essere solidali, nel bene, con coloro che appartengono alla propria etnia, ma che bisogna rifiutare di solidarizzare con loro, nel male. Le solidarietà positive, non solo tra i membri della stessa etnia, ma anche tra quelli che appartengono a etnie differenti, sono le basi sulle quali fondare l'ottimismo per uscire dall'ingranaggio dell'odio e dell'autodistruzione dei popoli".
Riconciliazione e guarigione
La riconciliazione passa attraverso la guarigione, un concetto familiare alla cultura africana. Il grande successo, che oggi si registra in Africa, di nuovi movimenti religiosi o di Chiese africane indipendenti è dovuto in parte al fatto che in essi la gente vive questa dimensione terapeutica.
In Africa, il grado di salute della Chiesa dipende dalla qualità delle relazioni interpersonali nel suo seno e in ambito familiare. In una comunità in cui non c'è intesa e in cui tutti si combattono, tutti si ammalano e diventano stregoni.
C'è poi l'elemento della violenza: la sua soluzione non risiede soltanto nella giustizia sociale ma anche nella creazione di una vera cultura della pace che conduca ad una risoluzione nonviolenta dei conflitti. Ciò non può che passare attraverso la messa al bando del commercio delle armi e dello sfruttamento selvaggio delle risorse africane: "le risorse dei Paesi poveri - si legge nel documento - sono sistematicamente saccheggiate per alimentare tale commercio. Dobbiamo pretendere che alla forza delle armi si sostituisca la forza morale del diritto".
Esigere la pace significa anche esigere che siano riconosciuti i diritti delle minoranze, l'obbligo di rispettare la diversità e la ricchezza di altri popoli, società, culture e religioni. In questo senso, è essenziale la libertà degli individui e delle comunità di professare e praticare la propria religione.
In ultima analisi, per uscire dalla situazione di oppressione, è necessario operare una trasformazione spirituale: "per essere attori di pace, bisogna che la pace si realizzi dentro di sé". E non da soli, ma in comunità: e "il luogo più fondamentale dell'espressione di questa dimensione comunitaria rimane sempre l'ambito familiare". (ludovica eugenio)
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