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UNA CHIESA IN CURA. A VERONA, TRA BUONA NOTIZIA E CATTIVA RICEZIONE

Tratto da: Adista Documenti n° 66 del 23/09/2006

"Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo", questo il titolo del Convegno ecclesiale nazionale di Verona del 16-20 ottobre. Quali grandi speranze è chiamata a testimoniare una Chiesa che in nome del Dio di Gesù si raduna? Non si farà qui la facile critica alle contraddizioni personali dei cattolici circa tale testimonianza: siamo tutti peccatori, si sa. Il problema sta nella filosofia di fondo di una Chiesa che si affanna intorno a Dio, e dove sembra non risuonare il linguaggio del salmo: Signore, che cos'è un uomo perché te ne curi? Parole che gettano uno sguardo sul profondo dell'esistere divenendo metafora di senso umano, a prescindere dal 'credere' o meno: non l'uomo si deve affaccendare intorno a 'Dio', scrutare le viscere del sacro e trarne codici di condotta, ma è 'Dio' che non si dà pace per la sua creatura e le si affida. Fino a morirne, a morirci insieme, nella sua fede del 'terzo giorno' consegnata al sepolcro vuoto di ogni idolo.

Ascoltare il linguaggio dell'assoluto che si rivela cura dell'alterità (altro che fondamentalismi confessionali!) si fa dunque ascolto della gratuità della vita umana, non usata e non finalizzata a niente, voluta 'per niente' da un 'Dio' decisamente poco incline all'individulismo e all'utilitarismo di tanto Occidente 'cristiano'. Ma certa Chiesa, si diceva, sembra più attenta ad organizzare Dio, ne pubblicizza ogni volta le 'ultime volontà' con un tono ultimativo da esequie, chiede riscontro a tutti, soprattutto a cariche pubbliche, dell'affannarsi a loro volta intorno Dio, e pazienza anzi meglio se non si tratta di credenti: saranno più efficienti dei soliti menagramo dalla formazione pauperistica di parrocchie e simili. I segni dei tempi annaspano inascoltati dietro a cattolici che hanno l'ossessione della 'morale privata di Dio', ma, va detto, anche dietro a 'laici' che in realtà sono solo benpensanti borghesi.

Ci siamo andati dunque interrogando a partire da un inquieto groviglio di fondo: tra 'morale cattolica' ed etica del 'politicamente corretto', cosa resta della follia della fede? Perché la fede non è possesso di nessuno ed è grazia del Padreterno ma, se la percezione pubblica è quella della fede come condotta e, viceversa, della condotta come 'fede' (nel senso di meccanica applicazione di procedure e comportamenti, liberal e progressisti magari, incurante dei principi di fondo che hanno condotto ai diritti umani e alla democrazia), forse un'inversione di rotta si impone. Abbiamo esposto la nostra inquietudine ad autori che su tali temi riflettono. Ed è stato davvero toccante avvertire la voglia di cose grandi che credenti e no affidano alla Chiesa cattolica che oggi è in Italia. Cose grandi, perché anche i temi presenti nelle litanie delle buone intenzioni (cattoliche, laiche e di sinistra), come per esempio il rispetto delle regole e degli altri, divengono vuota retorica se non si torna a respirare della stessa passione di chi piega il cielo e scende (continua la grande metafora del salmo) a fianco di chi combatte contro i nemici dell'uomo. C'è inevasa in Italia, come nel mondo, la grande questione della giustizia, quella che mette al primo posto le ansie "della vedova, dell'orfano e dello straniero", ovvero di chi non ha tutela né cittadinanza. Di quale pace andiamo blaterando se non formiamo più alla libertà dei figli di 'Dio' che non riconoscono ai vari mammona nessun potere? I mammona della corruttela in salsa fascio-populista, i mammona delle mafie, i mammona delle guerre fonte di arricchimento per alcuni e impoverimento per altri.

Ma perché mai questo Dio è risorto se la 'sua' Chiesa non è mai capace di scegliere da che parte stare tra resurrezione e conservazione, cedendo piuttosto spesso al bon ton del potere già 'razionalizzato', incorporato e battezzato?

Che se ne fa la Chiesa di tanti richiami alla difesa degli interessi cattolici, quando non sa difendere l'unica vera passione di Dio, che non è 'Dio'? Bastano i suoi proclami a difesa della vita, o dovrebbe tornare a formare un laicato capace di parola, di laicità della storia, di libertà, di giustizia? Capace dunque anche di virtù politica? Che ne è degli appelli ispirati alla teologia sistemica, razionale e naturalistica, quando una Chiesa e in primis il suo laicato non sono in grado non solo di piegare il cielo ma nemmeno di rivoluzionare un po' la terra, dando per scontato il mondo e le sue gerarchie? Una Chiesa capace di testimoniare la bellezza del creato da ritrovare è una Chiesa capace di evangelizzazione, capace dell'annuncio che rovescia troni e altari. È la Chiesa ricercata sulla traccia della fede negli interventi scritti per Adista e pubblicati qui di seguito. (maria rita rendeù)

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