AFGHANISTAN, VIA SUBITO I NOSTRI SOLDATI. ANCHE PRETI E RELIGIOSI CHIEDONO IL RITIRO DELL'ITALIA
Tratto da: Adista Notizie n° 5 del 20/01/2007
33712. ROMA-ADISTA. Mentre i parlamentari pacifisti sperano di riuscire a modificare la natura della missione militare in Afghanistan senza necessariamente far tornare a casa le truppe (v. notizia precedente), un "Appello per il ritiro dei soldati italiani dall'Afghanistan" lanciato dal periodico online "Il Dialogo" (www.ildialogo.org) ha raccolto mille firme di adesione, all'interno del mondo nonviolento (fra gli altri Silvano Tartarini dei Berretti Bianchi, Luciano Benini del Mir, Alberto L'Abate e Tonino Drago, docenti nel corso di Scienze per la pace dell'Università di Firenze) e soprattutto cattolico, clero compreso: il vescovo di Caserta, mons. Raffaele Nogaro (che già a luglio criticò duramente la missione in Aghanistan, alla vigilia del voto parlamentare che la prorogò di sei mesi, v. Adista n. 55/06), i comboniani p. Alex Zanotelli e p. Michele Stragapede, don Paolo Farinella (Genova), don Andrea Gallo (della Comunità san Benedetto al Porto di Genova), don Aldo Antonelli (parroco di Antrosano, Aq), don Marco Tenderini (della Caritas ambrosiana), don Vitaliano Della Sala, Enzo Mazzi, Fausto Marinetti, Vittorio Bellavite (di "Noi Siamo Chiesa"), Sergio Tanzarella.
"In Afghanistan è in corso dal settembre 2001 una guerra di aggressione, avviata con la legittimazione della vaghissima risoluzione Onu 1368 e poi dall'agosto del 2003 condotta dalla Nato – si legge nel documento –. Una guerra di fatto volta al controllo strategico e allo sfruttamento delle risorse economiche dell'area e contraria dall'inizio alla legalità internazionale, alla quale il Governo italiano ha aderito violando l'articolo 11 della Costituzione". "L'idea di instaurare con le armi democrazia e diritti ha esibito nei fatti il suo fallimento", prosegue l'appello. "Né la guerra al terrorismo, né la condizione dei diritti delle donne afghane, né la lotta al narco-traffico hanno prodotto dei risultati apprezzabili, anzi assistiamo oggi sotto il governo dell'Alleanza del Nord, sostenuto dagli Usa, ad un forte peggioramento sia della sicurezza del Paese, in mano ormai ai terribili signori della guerra, sia delle condizioni delle donne afghane, prive di libertà come al tempo del regime talebano, sia all'aumento dei traffici illeciti di droga".
"L'Italia potrebbe realisticamente essere un soggetto attivo di politica internazionale connotato da una volontà incondizionata di pace, da un assoluto ripudio della guerra" ma, "confermando la partecipazione alla guerra in Afghanistan, il governo Prodi rinuncia a costruire questa identità per sottomettersi e conformarsi a scelte già risultate devastanti". Il movimento per la pace "non ha ‘governi amici' a priori" e deve "sottrarsi a ‘comprensioni' o ‘crediti di fiducia'. Il nostro più netto rifiuto degli orientamenti governativi sull'Afghanistan non esprime soltanto coerenza nelle convinzioni. Include una richiesta e una proposta: il ritiro delle nostre truppe dal fronte di guerra e l'assunzione da parte del nostro Paese di un ruolo internazionale di forte discontinuità con la precedente gestione di centrodestra, nel tentativo di porre rimedio agli immani disastri compiuti dalla missione militare". (l. k.)
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